Recensione: Coagulative Matter

Di Daniele D'Adamo - 19 Febbraio 2021 - 0:00

Technical death metal?

Sì, il (sotto)genere per eccellenza deputato a mostrare, sia in fase esecutiva, sia in quella compositiva, il massimo possibile in fatto di aggrovigliate complicazioni al placido tran tran dell’heavy metal primigenio. Con la conseguenza, a volte, di diventare un glaciale e narcisista interprete di se stesso, atto a mostrare tutto quanto sia umanamente possibile tirare fuori dai vari strumenti. Dimenticando clamorosamente il concetto di canzone. Non per tutti è così, ovviamente, e, in particolare, non è la fattispecie da aderire ai The Scalar Process, alle prese con il loro debut-album, “Coagulative Matter”.

Benché si siano formati soltanto cinque anni fa, i francesi dimostrano una compattezza e una coesione assoluta. Dimostrano, cioè, di essere una band a tutti gli effetti, pronta a sudare e sudare per estrinsecare il loro sound, frutto anzitutto di un’umanità antitetica del concetto esposto più sopra. Sound adulto, perfettamente formato, lontano anni luce da quello che, tradizionalmente, ci si potrebbe aspettare da quello di un’Opera Prima. La sensazione è che essi stiano assieme da molto più tempo di quanto in realtà sia, e questo è già di per sé un pregio da non sottovalutare.

Il bilanciamento fra la strumentazione elettrica, la batteria e la voce è praticamente senza macchia. Il che significa che si può cogliere ogni sfumatura di uno stile forse non eccezionalmente originale ma che, comunque, mostra una voglia matta di farsi notare, nella marea di progetti similari. E questo, principalmente, alla cospicua introduzione di campionature ambient e di tastiere che, in sottofondo ma nemmeno troppo, donano allo stile stesso una forte, decisa propensione alla visionarietà (‘Celestial Existence’). Qualcosa che sia l’ossimoro del freddo, del ghiaccio, delle basse temperature tipiche quando i tecnicismi prendono il sopravvento sulla qualità artistica della musica.

Per quanto detto sopra, è un vero piacere godere dell’ascolto di un rifferama sterminato, spesso ammantato da un buona dose di melodia (‘Azimuth’), la cui percezione sensoriale è tale da coprire la pelle, da mettere in viaggio la mente verso universi sterminati; a cercare i punti del Cosmo in cui si coagulano gli atomi sì da formare la materia. La chitarra di Eloi Nicod è davvero formidabile a proporre, anche, assoli e arpeggi armonici, che vibrano con naturalezza assieme alle corde dell’anima (‘Mirror Cognition’). Ottima anche l’interpretazione vocale di Mathieu Lefevre, impegnato su un tono stentoreo, potente, un pelo ruvido ma non harsh, a onor del vero non male come carattere e personalità. Per non parlare della sezione ritmica, figlia del metronomo. Sono udibili con immediatezza le cavalcate del basso sia a sostegno del lavoro della sei (sette?) corde, sia intrufolandosi in esso a formare, quasi, una seconda ascia da guerra. Irreprensibile il drumming di Clement Denys, ottimo sia quando decide il tempo dei momenti più eterei dei brani (‘Poisoned Fruit’), sia quando sfonda con la massima aggressività la barriera dei blast-beats (‘Cosmic Flow’).

E, a proposito dei brani, appunto, non si può non rilevare una varietà del songwriting quasi sorprendente, tale da regalare a chi ascolta undici tracce ciascuna dotata di una propria individuabilità, lungo il filo conduttore dell’LP che, come si può immaginare, è unico, chiaro, rispondente alle sollecitazioni della scrittura restando sempre fedele a se stesso, fedele ai dettami del combo transalpino. Con ciò, è chiaro che anche a effettuare numerosi passaggi, “Coagulative Matter” non dà mai il fianco alla noia. Anzi, la voglia è sempre quella di passare alla song successiva per toccare con mano ciò che sono riusciti a costruire i Nostri, sino all’articolazione iperstatica della gigantesca suite che funge da title-track.

Ecco, se lo scrivente dovesse consigliare un punto di partenza per un approccio serio e approfondito al technical death metal, esso coinciderebbe con “Coagulative Matter”.

Una bella e inaspettata sorpresa, questi The Scalar Process.

Daniele “dani66” D’Adamo

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