Recensione: Czech Assault

Di Matteo Bovio - 17 Settembre 2002 - 0:00
Czech Assault
Band: AA. VV.
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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65

Immaginate di prendere un’etichetta del calibro della Relapse; ora, immaginate che questa decida di realizzare una compilation con 5 suoi gruppi; adesso facciamo finta che questi siano tutti provenienti dalla scena estrema Cecoslovacca; e per finire sappiate che tutto questo è realtà! Così nasce Czech Assault, un Cd dal valore più che altro promozionale ma che non mancherà di soddisfare i fan più esigenti grazie ad una collezione impressionante di materiale estremo. Grindcore, brutal e non solo, si uniscono qui in poco più di una sessantina di minuti, dandoci modo di scoprire alcune band destinate altrimenti a rimanere pressochè sconociute. Partirei quindi con una descrizione dei singoli.

Si inizia con una mazzata non da poco, ossia gli Imperial Foeticide; un gruppo destinato esclusivamente a chi della musica cerca il lato più violento e senza compromessi, con una produzione particolare che sembra voler mettere in risalto proprio questo aspetto. Produzione che però in certi frangenti infastidisce, come nella scelta di donare un volume fuori dal comune alla cassa della batteria, e ottenendo così l’effetto di far quasi sparire il rullante. Per quello che riguarda la musica in sè, non è altro che un grindcore tiratissimo con vaghi richiami ai Mortician, ma un tantino più elaborato nel riffing e con un batterista in carne ed ossa, anche se non si direbbe proprio. Mi ci è voluto un attimino a capacitarmi di quest’ultimo fatto, in quanto i primi ascolti mi avevano lasciato impresso il suono di una specie di martello pneumatico di precisione… Se il primo impatto con la band non è dei più esaltanti, in seguito mi sono convinto delle loro potenzialità, nonostante rimanga fermamente sicuro del fatto che questi Imperial Foeticide faranno schifo alla maggior parte del pubblico, soprattutto a chi nella musica cerca innovazione.

Che dire invece dei Negligent Collateral Collapse? Innanzitutto che sono il gruppo più deviato dell’intera compilation… La proposta si basa fondamentalmente su brani piuttosto lunghi (per il genere) di grindcore non troppo tirato, ma che si rivela particolare per una voce assolutamente inumana, che sembra emettere un continuo grugnito, e per degli inserti campionati molto discreti ma che impreziosiscono il suono. L’idea di fondo è decisamente buona e potenzialmente interessante, ma l’immaturità del gruppo è ancora evidente; non riescono nell’intento di realizzare qualcosa che rimanga veramente impresso, e nella loro innovazione si fermano a questi saltuari arrangiamenti, il che mi sembra troppo poco per poter parlare di “innovazione”.

Con i Contrastic abbiamo decisamente il gruppo più strano e alternativo del quintetto. Partendo da basi Death metal, la band ceca alterna parti che vanno a parare una volta su ritmi pseudo-tribali, un’altra su stacchi indie-rock e così via… Arrivano così anche a propinarci canzoni del tutto inutili, ma non mancano episodi ottimamente riusciti come “Liars Are Winners”. Sicuramente con del lavoro in più e qualche accorgimento i nostri arriveranno lontani; anche se non diventerò personalmente un loro fan, devo ammettere che suonano musica che oggi piace e che hanno le potenzialità per farlo bene. L’alternanza delle voci sembra essere un punto decisamente a loro favore: sostanzialmente si passa dal growl ad una voce che sembra uscita da un album di old-school hc! Per il resto, come già detto, tanti stacchi alternativi, un basso quasi funkeggiante, qualche campionamento elettronico e tanta, tantissima, attitudine rockettara.

Avete presente i Dillinger Excape Plan? Potremmo averne trovata la versione est-europea… E questa corrisponderebbe al nome di Intervalle Bizarre. I nostri si lanciano in un complesso grindcore iper-tecnico, dal riffing tanto elaborato quanto incomprensibile. Il loro è uno di quei lavori da scomporre col bisturi per essere capito, ma non dubito che tra chi legge ci siano potenziali interessati. Oltre che dai già citati DEP, la band prende esempio anche dai canadesi Cryptopsy quando si tratta di costruire riffing ad alta velocità, pur non rimarcandone l’attitudine Brutal. Detto fra noi, devo ancora capire qualcosa di queste 5 tracce, ma credo che in sè la prova sia decisamente positiva.

A chiudere spetta ovviamente alla più nota delle band presenti, dal nome Fleshless. Volendo ben vedere anche la band più prevedibile e scontata, ma non per questo dal basso valore. Se vogliamo parlare di tecnica, il primo riff di “Where Mine Resurrection” basterà a zittire qualsiasi critica. Per il resto, niente più e niente meno che discreto grind-death metal. Una buona esperienza fa sì che i 4 brani sfornati siano tutti memorizzabili e incisivi. Per il resto non c’è veramente nient’altro da aggiungere, se non che la classe di questa band sarà evidente a chiunque gli dia un distratto ascolto.

Voto al ribasso perchè la compilation di per sè non avrebbe motivo di esistere, al di fuori del discorso promozionale. Che poi sia mascherata dietro la scusa della nazionalità che accomuna i gruppi, questo è un altro discorso. La scena ceca è tutt’oggi forse la più interessante nel genere, almeno in Europa, e il presente Cd può essere un buon mezzo tramite il quale esplorarne un po’ l’underground. Se quindi state pensando ad un acquisto, direi che la scelta non è malvagia.
Matteo Bovio

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