Recensione: Dance And Laugh Amongst The Rotten

Di Simone Volponi - 12 Agosto 2017 - 13:37
Dance And Laugh Amongst The Rotten
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Gli olandesi Carach Angren battono il ferro finché è bollente, e sulla scia dei recenti successi si ripropongono con il nuovo “Dance And Laugh Amongst The Rotten”. La ricetta non cambia, siamo alle prese con un black metal sinfonico sulla scia di Cradle Of Filth e Dimmu Borgir, teatrale e magniloquente, e con un concept horror degno di King Diamond articolato lungo nove tracce.
I Carach Angren dipingono immagini musicali, animano i quadri di Rembrandt mescolandoli con i vortici di Van Gogh e la follia di Bosch, tirando fuori un macabro e seducente spettacolo che non è soltanto sonoro, ma richiede l’appagamento di tutti i sensi.

Horror metal dunque, storie di fantasmi incentrati su una ragazza che gioca un po’ troppo a lungo con il suo tavolo Ouija. Dopo l’intro strumentale di dovere, “Charlie” ci immerge nell’atmosfera tetra dell’album con il sottofondo di una nenia ossessiva e la band che mette in campo al meglio le proprie caratteristiche, dalle chitarre che tessono melodie dure e suoni sinistri, splendidamente contrastate dalle tastiere opulenti e dalle orchestrazioni maestose a opera di Clemens “Ardek” Wijers (già collaboratore di Till Lindemann e Peter Tägtgren) che si dimostra il motore trainante del gruppo grazie a un ottimo senso narrativo. Un altro elemento importante è fornito dal timbro feroce di Seregor alle vocals, vicino al Dani Filth più attoriale, dal quale mutua anche i cambi di registro facendosi di volta in volta più cupo, sussurrante, maligno. Aggiungendo l’impatto di Namtar con la sua batteria dura ma intricata, la ricetta sonora si dimostra senz’altro interessante, basti sentire la doppietta “Blood Queen”, primo singolo estratto, e “Charles Francis Coghlan” dove troviamo riassunti tutti gli elementi peculiari di cui sopra, tra passaggi pianistici, esplosioni sinfoniche, parti di violino, suspance horror e sfuriate black.
Song For The Dead” risulta ancora più accattivante, con l’intro soffusa e inquietante che rimanda alle atmosfere da narratore macabro di King Diamond, per poi lasciarsi andare a un ritmo che ricorda davvero una danza, dove sembra di osservare un vampiro che cinge il cadavere di una donzella volteggiando in un valzer sulle travi marce di un teatro. Qui troviamo un refrain insistente che risulta immediato, mentre
in generale le tracce sono complesse, non immediate, si articolano su diversi movimenti e serve attenzione perché le sfumature sono davvero tante. Tuoni e fulmini introducono “Pitch Black Box”, altro pezzo da Danse Macabre, con bell’intermezzo per sola orchestra e pianoforte accompagnato da voci spettrali, e Seregor che si fa cerimoniere di un’altra dimensione. “The Prossession Process” è più sincopata e spedita, potrebbe essere un pezzo avanzato da Death Cult Armageddon dei Dimmu Borgir, e viene caratterizzata dall’uso spettrale del mellotron per giocare con un’atmosfera da horror anni ‘60.

Peccato che la chiusura affidata a “Three Times Thunder Strikes” sia un pochino scialba e non all’altezza delle composizioni precedenti. Ma gli olandesi hanno una chiara visione su come combinare il loro stile barocco al black metal con concetti lirici a base horror, il che rende il loro nuovo parto un ottimo ascolto, senz’altro derivativo in quanto riporta chiaramente in calce l’ispirazione tratta dai vampiri inglesi Cradle Of Filth, ma la qualità c’è e va premiata. Riassumendo, i Carach Angren si confermano tra le nuove leve migliori nell’ambito del metal sinfonico, vivono in pieno il mondo Grand Guignol da loro creato anche attraverso un immaginario da cadaveri vittoriani sempre più curato, e se vi piacciono il black metal, le orchestrazioni pompose e soprattutto l’horror, fate vostro senza scrupolo alcuno questo “Dance and Laugh amongst the Rotten”.

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