Recensione: Daughters of the Night

Di Stefano Usardi - 3 Febbraio 2022 - 17:35
Daughters of the Night
Band: Nocturna
Etichetta: Scarlet Records
Genere: Gothic  Power 
Anno: 2022
Nazione:
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Qualche volta si indovina già dalla copertina come suoneranno certi album. Prendete ad esempio “Daughters of the Night”, debutto fresco fresco di pubblicazione degli italiani Nocturna: rovine gotiche sullo sfondo, le due frontwomen in abiti a tema in primo piano e la luna piena a colorare tutta la scena dall’alto con i suoi toni turchesi. Impossibile non avvertire il profumo di Nightwish, Within Temptation, Epica che si spande per parecchi metri in ogni direzione, e premendo play le previsioni trovano conferma: durante tutto “Daughters of the Night”, infatti, i nostri dispensano un power metal sinfonico sporcato di gothic (più qualche sporadico elemento accostabile a certa dark wave) e l’assonanza con i gruppi anzidetti si percepisce in un modo che in alcuni punti rasenta la sfacciataggine. Eppure i misteriosi italiani (tre su cinque mascherati per lasciare le sole cantanti a far bella mostra di sé, ma si sa che dietro una delle maschere ispirate al teatro Kabuki si nasconde Federico Mondelli dei, tra gli altri, Frozen Crown) se ne fregano come il proverbiale calabrone e continuano per la loro strada, sfornando un lavoro più che dignitoso e prontissimo a dire la sua.
Ebbene sì: nonostante il vago sentore di operazione commerciale che si respira fin dalle prime foto del quintetto devo dire che “Daughters of the Night” è un bel debutto, e sebbene si muova in un ambito musicale abusato ai limiti della nausea intrattiene senza difficoltà grazie a una proposta solida ed accattivante e un ottimo tiro. Le due frontwomen, unica vera novità del gruppo che si discosta dalla contrapposizione vocale maschile ruvida/femminile pulita per presentare due voci pulite (entrambe soavi il giusto, ma una canonicamente lirica e l’altra più stradaiola e fredda, e forse proprio per questo più interessante), vengono sfruttate a mio avviso molto bene: Rehn Stillnight e Grace Darkling si cercano, si allontanano, si rimpallano le luci della ribalta armonizzandosi in modo intelligente, creando duelli e intrecci accattivanti e maestosi. Intorno a loro due il resto del gruppo tesse un mantello sonoro che mescola enfasi e romanticismo grazie ai tastieroni che ogni fan di un certo tipo di power metal pretende per contratto ma non si dimentica del lavoro sporco, macinando riff pieni e muscolari e punteggiandoli con una sezione ritmica precisa e agguerrita. Ciò porta a una densità sonora decisamente inaspettata e un buon bilanciamento tra fondamenta aggressive e partiture sinfoniche: la resa sonora di “Daughters of the Night” è bella spessa, pastosa, e nonostante le sunnominate tastiere si prendano il centro dell’attenzione in più di un passaggio è bello notare che le chitarre non sembrano disposte a sventolare bandiera bianca.

Dopo l’intro di ordinanza si parte a vele spiegate con “New Evil”, classica opener arrembante per mettere i puntini sulle i. Il pezzo saltella tra strofe più sinuose e l’impennata enfatica del ritornello per consentire alle due voci di cavalcare l’onda creata dal resto del gruppo con le sue melodie possenti e i ritmi agili. La title track inizia con piglio ugualmente determinato, snocciolando riff aggressivi e tempi bellicosi mentre le voci si spartiscono la scena guidando i loro compari, e serpeggia tra belligeranza e squarci melodici per esplodere poi, definitivamente, in un ritornello maestoso. Una melodia languida ma sottilmente nervosa apre “The Sorrow Path”, power ballatona che ad un inizio dimesso fa seguire la classica impennata anthemica. Lo sviluppo del brano si mantiene in bilico tra questi aspetti, amalgamandoli insieme in un finale anticlimatico ma gustoso che sfuma poi in “Sea of Fire”. Anche qui si resta nei territori della traccia scandita ma dall’intenso profumo romantico, alternando melodie suadenti e rapide fiammate più dirette ma senza perdere di vista la sua vena sognante. Si passa ora a “Blood of Heaven”, che col suo attacco vagamente in odor di “Wishmaster” suona la carica dopo questa doppia iniezione di saccarosio alzando i giri del motore. Il gruppo punta su un trionfalismo guerrafondaio e cafone impreziosito da un breve ma gustosissimo assolo, e mantiene le promesse confezionando un brano giustamente ignorante. Giunge ora il momento di “In This Tragedy”, durante il quale i nostri giocano con una melodia portante e la rielaborano, aggiungendo sfumature di volta in volta nervose o romantiche a seconda delle necessità ma senza scostarsene troppo per mantenere un effetto avvolgente e vagamente ipnotico al tutto. “Darkest Day” concentra la ricetta del quintetto, proponendo un brano fintamente semplice in cui coesistono stili differenti e che mi è piaciuto molto per le sue linee vocali intriganti e lo sviluppo propositivo, mentre “Nocturnal Whispers” altro non è che una breve strumentale che introduce la conclusiva “The Trickster”. Qui i nostri tornano a tributare un pesante omaggio ai propri numi tutelari (soprattutto nella seconda parte), per chiudere con un pezzo solido e scandito e un bel climax finale, con la voce lirica che la fa da padrona guidando le ultime scorribande e colorando il brano con pennellate di scuola Tarja.

Come dicevo in apertura, “Daughters of the Night” è un buon debutto che, pur essendo a mio avviso un po’ fuori tempo massimo e si rifaccia troppo ai propri gruppi guida, riesce comunque a farsi valere grazie a una resa finale concentrata e avvincente, un tiro molto azzeccato e melodie romantiche e sognanti senza, per questo, sacrificare una certa arroganza enfatica. Le qualità ci sono, vedremo come verranno sviluppate. Un ascolto consigliato, che diventa praticamente obbligo morale se amate il power suadente e fiabesco dei primi Nightwish.

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