Recensione: Death… The Brutal Way

Di Giuseppe Abazia - 30 Luglio 2009 - 0:00
Death… The Brutal Way
Band: Asphyx
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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80

Storia travagliata, quella degli Asphyx: partiti alla fine degli anni ’80, alfieri del più marcio death metal, si imposero con un trittico assolutamente memorabile, ossia The Rack, l’EP Crush The Cenotaph e Last One On Earth, forti di un sound estremamente violento e di una line-up affiatata fronteggiata da uno dei più bravi cantanti del metal estremo, Martin Van Drunen (famoso per i suoi trascorsi nei Pestilence, nei Comecon, e più di recente negli Hail Of Bullets); poco dopo, videro il proprio successo arrestato dall’abbandono di quest’ultimo e da continui cambi di formazione e scioglimenti, che stravolsero il loro stile e intaccarono la qualità degli album. Nella seconda metà degli anni ’90 la band sopravvisse a fasi alterne, portata avanti dalla tenacia del batterista Bob Bagchus (unico membro fondatore rimasto), ma i tempi d’oro erano lontani: dopo molte peripezie, la carriera degli Asphyx sembrava essersi conclusa nel 2000, col pur buono On The Wings Of Inferno.

Inaspettatamente, invece, il gruppo si è riformato nel 2007 composto per 2/4 dalla line-up storica, con Van Drunen di nuovo al microfono, Bob Bagchus alla batteria, Paul Baayens – direttamente dagli Hail Of Bullets – alla chitarra, e Wannes Gobbles al basso (già presente su On The Wings Of Inferno in qualità anche di cantante). Nei progetti c’era soltanto uno show commemorativo al Party San Metal Open Air, e invece eccoci qui a parlare del loro nuovo album, Death… The Brutal Way.

c’è da dire che dopo l’iniziale abbandono di Van Drunen, nel 1992, gli Asphyx non erano stati più gli stessi: sostituire un vocalist dallo stile così unico e riconoscibile non è mai impresa facile, e laddove capolavori come The Rack e Last One On Earth ci avevano consegnato una band sicura di sè e dal sound molto ben definito, i successivi album evidenziavano uno stato d’incertezza non facilitato dalle numerose defezioni in line-up, che portò a risultati a volte buoni, a volte meno, ma complessivamente abbastanza discontinui. Il ritorno dello storico cantante, quindi, se da un lato rappresenta un salto all’indietro ai bei tempi che furono, dall’altro non può che infondere nuova linfa vitale in una band che più che mai aveva bisogno di recuparare le proprie radici.

L’essenza di Death… The Brutal Way è perfettamente riassunta dal suo titolo: death metal grezzo, brutale, diretto. Nel 2009, gli Asphyx riprendono lì dove avevano interrotto nel 1992, e l’operazione nostalgia – diciamolo subito – è decisamente riuscita, dato che Death… The Brutal Way rappresenta (così come The Rack, a suo tempo) un perfetto esempio di come dell’ottima musica estrema andrebbe suonata e composta: riffing chirurgico e tagliente, sezione ritmica granitica, growl graffiante dal timbro molto personale, sfuriate violentissime, mid-tempo dal groove coinvolgente, e… rallentamenti dalla forte impronta death-doom. Ebbene sì, gli Asphyx non si sono dimenticati nemmeno delle loro influenze doom, e fra una bordata e l’altra non mancano di inserire sezioni più cadenzate che rendono lo stile più cupo e vario; gli Asphyx erano e sono rimasti degli eccellenti songwriters, che sanno bene quando picchiare duro e quando allentare la presa con sezioni più melodiche e d’atmosfera. Ascoltando Death… The Brutal Way ciò che che più colpisce è la grande qualità che contraddistingue le sue canzoni, e la loro capacità di rapire l’ascoltatore con riff semplici ma sempre azzeccati, annichilendolo nel contempo con un muro di pesantezza sonora incredibile. L’album, per di più, praticamente non ha punti deboli, ma scorre senza intoppi dall’inizio alla fine, mantenendosi su standard elevati per tutta la sua durata e riuscendo ad equilibrare con accortezza la componente death (decisamente dominante) con quella doom.

C’è un solo “difetto” che impedisce a Death… The Brutal Way di emergere con ancora più decisione: quello di essere uscito a breve distanza da Of Frost And War degli Hail Of Bullets, nei quali militano sia Martin Van Drunen che Paul Baayens. Le due band sono estremamente simili sia in quanto a stile musicale (incluse le influenze doom), sia in quanto a produzione, e la presenza dello stesso cantante e dello stesso chitarrista non fa che sottolineare la somiglianza; se è pur vero che va agli Asphyx la palma di aver dato vita al particolare sound al quale gli Hail Of Bullets si rifanno, l’uscita di due album così affini da parte di due gruppi così strettamente imparentati non aiuta a distinguere fra l’uno e l’altro, e mitiga l'”effetto reunion” di cui solitamente si avvalgono gli album del ritorno di gruppi da lungo tempo inattivi.

Of Frost And War, quindi, potrà suonare un pelo più fresco ed entusiasta rispetto a Death… The Brutal Way, ma ciò nulla toglie ai meriti di quest’ultimo: abbiamo a che fare con un album pesantissimo, compositivamente ispirato, che fa del proprio principale punto di forza la qualità pura e semplice delle canzoni, e che ridona il giusto prestigio ad uno dei nomi più importanti dell’old-school death metal. Insomma, fra gli Hail Of Bullets e gli Asphyx, gli appassionati di questo genere hanno decisamente di che gioire.

Giuseppe Abazia

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Tracklist:

01 – Scorbutics (04:26) (mp3)
02 – The Herald (03:33)
03 – Bloodswamp (03:56)
04 – Death The Brutal Way (03:52) (mp3)
05 – Asphyx II (They Died As They Marched) (06:40)
06 – Eisenbahnmörser (05:42)
07 – Black Hole Storm (05:35)
08 – Riflegun Redeemer (05:40) (mp3)
09 – Cape Horn (06:53)
10 – The Saw, The Torture, The Pain (03:10)

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