Recensione: Decadence and Decay

Di Marco Catarzi - 3 Ottobre 2021 - 0:00
Decadence and Decay
Band: Silver Talon
Etichetta: M-Theory Audio
Genere: Heavy  Power 
Anno: 2021
Nazione:
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76

Il power metal americano, genere dalle molteplici anime, sta vivendo un momento di rinascita. La scena di cui si compone non dà sempre immediata traccia di sé, ma non sfugge alla curiosità dei metallers attenti alle sonorità tradizionali. Sebbene abbia vissuto il suo periodo d’oro tra la metà degli anni Ottanta e i primissimi anni Novanta, attualmente stanno emergendo nuove sorprendenti realtà, che riprendono ed evolvono il discorso iniziato dai pilastri di quel movimento (Vicious Rumors, Metal Church, Armored Saints, Helstar, Jag Panzer… oltre a numerose entità misconosciute, diventate col tempo act di culto).

I Silver Talon, tra i più interessanti esempi di questo rinnovamento, sono portavoce di istanze che chiamano in causa influenze suggestive. Nati a Portland nel 2017 dall’incontro di membri di Spellcaster e Sanctifyre, si sono recentemente stabilizzati in una line-up con tre chitarristi: il leader e principale compositore Bryce Adams Vanhoosen, a cui si affiancano Sebastian Silva (già nelle fila di Idle Hand/Unto Others e Cobra Spell) e Devon Miller.

Rispetto al valido Becoming a Demon, EP del 2018, Decadence and Decay segna un ulteriore passo in avanti, con minori melodie di stampo europeo e un’evidente crescita della prestazione al microfono di Wyatt Howell. La coesione della band è uno dei punti di forza di questo full-length, grazie a una costruzione dei brani che va ben al di là del solito schema riff-ritornello-assolo, alternando passaggi drammatici e oscuri ad altri più diretti e fregiandosi di un’ottima produzione, decisamente al passo con i tempi.

I Silver Talon hanno dalla loro un concept e un’immagine già sviluppati, e lo splendido artwork di Gerald Brom, una delle più belle copertine viste recentemente, ne sposa perfettamente le suggestioni.

I riff decisi di Deceiver, I Am e Resistance 2029 aprono la strada a strutture articolate ma non intricate, dove un senso peculiare della melodia consente a Howell di muoversi su tonalità care al compianto Warrel Dane. Ed è proprio nei Sanctuary più elaborati e nei Nevermore più “tradizionali” che risiede il seme primordiale del songwriting già maturo di Vanhoosen e compagni, caratterizzato da un approccio moderno alla materia “classica”, che trova nella dicitura US dark power metal un’appropriata definizione.

Tutti gli strumenti partecipano alla costruzione dei brani e anche il basso di Walter Hartzell e la batteria di Michael Thompson escono allo scoperto. La maestosità di alcuni passaggi vocali lascia spazio a notevoli intermezzi solisti (su Resistance 2029 si segnala l’illustre presenza di Andy LaRocque come ospite). Aperture melodiche e stacchi arpeggiati dal mood oscuro chiamano in causa i Crimson Glory, altra nobile ascendenza che sembra aver affascinato la ricerca sonora dei Silver Talon.

As the World Burns ha un andamento vocale sofferto e raffinate armonizzazioni di chitarra, con sospensioni arabeggianti ed episodi incalzanti, mentre Next to the Sun, ricca di trame acustiche, presenta il lato melodico del gruppo, per poi evolvere in un crescendo elettrico in stile Sanctuary (non a caso omaggiati sull’EP Becoming a Demon con la cover di Battle Angels).

Registri vocali aggressivi e chitarre serrate sostengono la non lineare Divine Fury, in cui l’accostamento di differenti soluzioni mostra una visione classica e progressiva assieme, che scomoda nuovamente i Crimson Glory, stavolta del periodo Astronomica.

Lo speed melodico di Kill All Kings si fregia di pregevoli intrecci solisti e conduce alle due perle poste in chiusura di Decadence and Decay.

What Will Be, semi-ballad dalla spiccata componente atmosferica, è dominata dalla bellezza delle melodie, che rimandano ai Witherfall, formazione a cui i Silver Talon vengono spesso accostati. Il confronto con la band di Jake Dreyer e Joseph Michael non deve però esser usato troppo frettolosamente. Se il punto di partenza è simile a livello di influenze, non sono del tutto sovrapponibili le strade intraprese.

Touch the Void è un concentrato di tutto quello di cui la band di Portland è capace. Voci campionate, intrecci elettrici e acustici, forte emotività, trame spagnoleggianti, rallentamenti e ripartenze, a dimostrazione di una personalità che sa sperimentare rimanendo se stessa e che riesce a portare in territori contemporanei una musica nata quasi quattro decenni fa (l’US power metal appunto), senza ricalcare modelli prestabiliti. Siamo lontani anni luce dalle sterili imitazioni che spesso caratterizzano la NWOTHM.

Decadence and Decay merita molteplici attenti ascolti, per scoprire la ricchezza dei “paesaggi” musicali che lo compongono. In sede live la presenza di tre chitarre sarà molto utile per ricrearne l’“arazzo” sonoro. Un disco che segna l’inizio di un percorso dalle grandi potenzialità proiettato verso ulteriori affascinanti evoluzioni.

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