Recensione: Desecrate the Vile

Di Stefano Risso - 29 Maggio 2007 - 0:00
Desecrate the Vile
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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70

Dimmi come suoni e ti dirò da dove vieni. Un “adagio” che nel death metal, e
nel brutal in particolare, trova una delle principali ragion d’essere, e che si
sposa bene con i Condemned di Desecrate the Vile,
formazione californiana di San Diego, che mette subito in chiaro le coordinate
stilistiche/geografiche del debutto sin dalle primissime note.

Slamming brutal death, né più né meno, un concentrato di putridume e
maialosità (termini molto tecnici… lo so) in piena regola, che cavalca il
“trend” moderno dello slam, senza aggiungervi nulla di nuovo. A questo punto la
domanda nasce spontanea: “Perchè spendere soldi e tempo
per un disco del genere?”. Semplicemente perchè Desecrate the Vile
è forse il disco più riuscito (nel 2007) di questa deriva che sta affollando la
scena, l’uscita che maggiormente si distingue per la bontà dei riff, per le
combinazioni ritmiche da headbanging sfrenato, per la voce così teneramente
gutturale di Angel Ochoa, per una produzione che si adatta alla
perfezione alla musica dei Condemned, e perchè no, grazie a un artwork di
tutto rispetto.

Ovviamente ci troviamo di fronte a un’uscita estremamente settoriale, che
potrà annoiare a morte anche diversi brutalkid in cerca di velocità folli o
particolari tecnicismi. In Desecrate the Vile sono invece i tempi
medio/lenti a fare la voce grossa, coi riff di Steve Crow e Jerry
Williams
così carichi di groove, così soffocanti, così “pieni”, corposi,
accompagnati dal fedele tappeto di doppia cassa di Forrest Stedt. Chi
riuscirà a digerire tutto questo, potrà anche accorgersi delle buone soluzioni
ritmiche che i nostri mettono in atto in brani come Fixation On Suffering,
Subject To Infliction, Impulsive Dismemberment, in cui si
apprezzano sterzate improvvise in blast beat e soluzioni dinamiche e
sufficientemente fantasiose, in grado di far scivolare il disco con una facilità
che ha dell’incredibile (è proprio vero che tutto è relativo). Il rischio maggiore per questo tipo di proposta è
quello di annoiare l’ascoltatore dopo pochi minuti, cosa che i Condemned
scongiurano grazie a una felice ispirazione in fase di composizione,
snocciolando brani tutti ben eseguiti, senza presentare dei cali nelle battute
finali, anzi, piazzando con Chapter of Defilement (dove troviamo, fra gli
altri, guest del calibro di Shawn Whitaker -Insidious Decrepancy, Viral Load-) e Internally
Devoured
due fra i migliori pezzi del disco.

Non un disco indispensabile, sia chiaro, ma una delle migliori espressioni
del brutal underground più marcio e soffocante, condotto in modo intelligente e
con una buona perizia tecnica. Qualità che non sempre vanno a braccetto nello
“slamming brutal”, come ad esempio nella band “parallela” ai Condemned
(stesso cantante e batterista), i Cephalotripsy di Uterovaginal
Insertion of Extirpated Anomalies
, in cui tutte le pecche che sono state
evitate dai nostri, si manifestano miserabilmente.

Stefano Risso

Tracklist:

  1. Fixation On Suffering (video)
  2.  Subject To Infliction
  3. Descending Into Extinction
  4. Impulsive Dismemberment
  5. Servants of Derangement
  6. Habitual Depravity
  7. Chapter of Defilement
  8. Mutilating The Inferior
  9. Internally Devoured
  10. Amputated Repugnance

NB: la visione del video è sconsigliata ai deboli di stomaco.

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