Recensione: Design Your Universe

Di Luca Dei Rossi - 16 Ottobre 2009 - 0:00
Design Your Universe
Band: Epica
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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92

Spaccaossa.
Altro termine per definire l’ultima fatica degli Epica non c’è. La band olandese in sette anni di onorata carriera si è migliorata, ha affinato il proprio sound, ormai diventato unico e inconfondibile nel genere, sfornando uno dietro l’altro album sempre più complessi ed articolati.
Mi sembra doveroso quindi, arrivati al quinto album, fare il punto della situazione…
 
La storia degli Epica

Piccola digressione sulla loro storia, per chi ancora non li conoscesse. La band viene formata nel 2002 da Mark Jansen, appena uscito dagli After Forever per divergenze sullo stile da intraprendere. Dopo aver pubblicato un demo sotto nome di Sahara Dust, gli Epica, ribattezzati in onore dell’omonimo album dei Kamelot, rilasciano prima The Phantom Agony, più cupo e volto a sonorità Gothic, Consign To Oblivion, più leggero, orchestrale e assimilabile, The Divine Conspiracy, più pesante e immediato, con parecchie sonorità volte al Death, e infine The Classical Conspiracy, il live album messo in scena a Miskolc con tanto di orchestra e coro al seguito.

Il sound e i testi

Dopo questa breve introduzione arriviamo finalmente al punto focale della questione: Design Your Universe. Cos’è cambiato rispetto a The Divine Conspiracy? La band ha fatto una svolta radicale o il sound è sempre lo stesso? Domande legittime, a cui si risponderà qui di seguito.
Inizio subito col dire che la musica che gli Epica ci propongono è essenzialmente cambiata. Attenzione: non pensate a stravolgimenti vari, non sto assolutamente parlando di questo. Solo che in quest’ultimo full gli Epica hanno deciso di evolversi ulteriormente. Il tema trattato in questo album è lo stesso di Consign To Oblivion, ovvero A New Age Dawns. La band si è sempre districata tra i temi più disparati e complicati: dalla psicologia alla denuncia sociale, dall’oppressione delle donne da parte dell’Islam alla tragedia dell’11 Settembre. Il concetto portante di questo album è quello dei Maya, del 2012. Come ci spiegherà Mark nell’intervista effettuata da TrueMetal, però, non tutti i testi parlano dei Maya, ma buona parte di essi vanno anche questa volta dalla denuncia sociale, alla politica, alla religione. Sicuramente temi non facili da affrontare, soprattutto se si pecca di ingenuità e banalità. Ma su questo campo, almeno gli Epica, hanno pochi rivali.

L’album

Passiamo dunque all’album in sé. Ho deciso, non me ne vogliate, di proporre una recensione track-by-track dell’album, in quanto la complessità di quest’ultimo necessita un approfondito esame di qualsiasi particolare si trova in esso. Il disco in effetti non è decisamente di facile assimilazione, gli Epica esprimono le loro emozioni attraverso canzoni piuttosto lunghette ma mai monotone. I cambi di velocità o addirittura di tipo di Metal suonato sono uno dietro l’altro. In questo full di sorprese ce ne saranno parecchie. Nuovi elementi sono stati aggiunti, altri sono stati modificati, altri ancora sono rimasti identici ma nel complesso sono stati migliorati. Gli Epica sono, senza ombra di dubbio, tutto e il contrario di tutto. Non si appoggiano ai soliti stilemi imposti dal Power, anzi, sfruttano tutto ciò che sanno per riuscire ad unire al meglio diversi tipi di musica, senza dare la sensazione del minestrone senza senso. Gli album sono ragionati perfettamente: nulla è lasciato al caso, ma ogni elemento ha un particolare più o meno evidente che ha fondamentale importanza nella totalità della loro musica. Questo è un album che soddisferà i palati più fini, un album che ha tanto da dire, e quello che ha da dire è certamente interessantissimo e di fattura pregevolissima. Siamo ad una svolta definitiva, gli Epica stanno definendo un genere, e hanno il grosso compito di non deludere i fan cambiando di troppo la rotta e quello di accaparrarsi nuovi ascoltatori stavolta aggiungendo nuovi particolari. Per me ci sono riusciti, vedremo voi cosa ne pensate. Detto questo: buona lettura!

1) Samahdi (Prelude)
Cos’è innanzitutto il Samahdi? Il Samahdi è un termine buddhista che si riferisce alla meditazione. Esso rappresenta lo stato che raggiunge la nostra mente in cui non ci sono più pensieri, nonostante si resti concentrati. Samahdi raggiunge picchi emozionali piuttosto alti, ma questi si alternano a momenti più ragionati che troviamo circa a metà della canzone, dove gli Epica alternano agli archi delle voci maschili di stampo operistico. Questo intro è sostanzialmente diviso in tre parti: la prima e la ultima parte sono molto più possenti, la parte centrale invece è come detto più quieta. Samahdi è direttamente collegata alla seguente track Resign To Surrender.

2) Resign To Surrender – A New Age Dawns, Pt. IV –
Resign To Surrender inizia con il coro a fare da padrone, coro che riprende direttamente lo stile dell’intro. Subito dopo parte il riff portante della canzone, seguito a ruota dal ritornello, di notevole impatto e di facile memorizzazione, che lascia spazio ad una strofa cantata da Mark in growl. La canzone rimane sempre più o meno sugli stessi toni, eccetto a tre quarti dove il ritornello viene ripetuto in modo più dolce e rilassante. In questa canzone le colonne portanti sono, oltre all’onnipresente orchestra, la voce eterea di Simone e i cori (prettamente maschili), che nell’ultima parte si intrecciano in un crescendo di emozioni che esplode nel finale.
Come potrete notare fin da subito ascoltando l’album, in Resign To Surrender è presente un assolo di chitarra. Questa è una delle prime modifiche che gli Epica hanno apportato alla loro musica. Gli assoli fino a oggi sono stati quasi completamente trascurati. In tre full ce n’è solamente uno (in Beyond Belief di The Divine Cospiracy). In questo album invece ne possiamo trovare diversi. Questo grazie al nuovo chitarrista Isaac che ha preso il posto di Ad, uscito dalla band per motivi personali.

3) Unleashed
Questa canzone è, detto terra terra, una delle migliori mai prodotte dagli Epica. La track si sviluppa tra riff massicci e granitici, soprattutto quello che si trova circa all’inizio, suonato al fulmicotone insieme alla doppia cassa, che si intreccia prima con i violini, poi con i violoncelli ed infine con gli ottoni. L’inciso è semplicemente fantastico: immediato e orecchiabile, la Simons ci delizia con belting precisi al millisecondo e con la sua perfetta impostazione lirica. L’interpretazione è ai massimi livelli, non ce n’è davvero per nessuno. Apprezzabilissimo il cambio d’umore nella parte centrale, in cui Simone ci delizia con la sua voce celestiale e limpida in un falsetto davvero personale. Come già avrete avuto modo di notare Unleashed è diventato singolo, e sul MySpace della band si può gustare il video della canzone.

4) Martyr Of The Free World
Eccoci arrivati ad uno dei motivi per cui ho definito, all’inizio della recensione, questo album “spaccaossa”. Martyr Of The Free World ci sbatte in faccia con violenza un riff Death Metal davvero spettacolare, che si quieta per dare posto a sonorità vagamente orientaleggianti. Il riff, più brutale che mai, si ripresenta dopo il ritornello, stavolta accompagnata dalla voce aggressiva di Mark. La song si mantiene su livelli piuttosto tirati: è pesante ed immediata, senza troppi fronzoli; della durata di cinque minuti, scorre perfettamente per lasciare posto alla successiva canzone.

5) Our Destiny
Questa song si presenta subito molto più lenta delle precedenti. E’ un mid-tempo di stampo, in alcuni punti, Gothic. I riff sono infatti più lenti rispetto a quelli del resto dell’album. L’obiettivo è quindi quello di creare atmosfere più cupe, e ciò è possibile anche a saltuarie ma precise apparizioni di Mark, che con il suo growl riesce a rendere più oscuro il sound. Ovviamente gli Epica non si smentiscono e anche qui, poco dopo la parte centrale, assistiamo ad una accelerazione la quale si abbandona, dopo un paio di minuti, alle sonorità descritte in precedenza. Verso la fine la canzone si calma del tutto, terminando immersa in un motivo di piano dalle dolci sonorità. Questo è, senza dubbio, il preludio a una delle canzoni più articolate degli Epica, tal Kingdom Of Heaven, che con i suoi tredici minuti e mezzo di follia musicale ci regala uno degli episodi più positivi nella storia della band olandese.

6) Kingdom Of Heaven – A New Age Dawns, Pt. V –
Come anticipato arriviamo quindi alla canzone più lunga dell’album. La canzone parte molto calma, con una dolce melodia effetto “carillon” che viene unita di seguito a ottoni e archi. Pronti? Via! Parte subito un riff irruente che lascia trasparire sonorità tipiche del Black Metal. E’ infatti Mark ad aprire la canzone. La sua voce death si intreccia con cori prettamente maschili (ecco un’altra novità nella musica degli Epica, in questo album hanno preferito usare prvalentemente le voci maschili). Ecco che a esattamente quattro minuti e trenta secondi la band ci delizia con uno spettacolare quanto inaspettato riff, ripetuto due volte, dalle sonorità puramente Black. Il riff brutale ci sbatte in faccia i miglioramenti di tutta la band: i riff sono più complessi e la batteria è a livelli sostenutissimi. Il tempo sembra fermarsi a tre quarti della canzone, che diventa aggraziata e lenta, per poi riesplodere, sotto le suppliche di un uomo (che possiamo chiaramente sentire implorare il suo aggressore, con cui ha un piccolo dialogo incavato nella canzone), con un assolo davvero bello.

7) The Price Of Freedom
Questo non è nient’altro che l’introduzione alla seguente Burn To A Cinder. Si tratta di un intro dalla melodia ossessionante e dalle voci in sottofondo di una città in tumulto. Anche questa, come Samahdi, è collegata direttamente alla traccia successiva. Curiosi i numerosi effetti “interferenza” (riproposti nei Teaser che gli Epica hanno rilasciato prima dell’uscita dell’album).

8) Burn To A Cinder
Di una possenza impressionante, impenetrabile come un muro di cemento armato, di questa canzone possiamo sicuramente apprezzare il ritornello davvero spettacolare e la graniticità dei riff che gli Epica ci sbattono in faccia. Apprezzabilissima la melodia di pianoforte, veloce e martellante, che fa da base a praticamente tutta la canzone. Anche qui cambi d’umore continui, anche qui un assolo degno dei migliori chitarristi. Assoli che, ci tengo a precisare, non sono note sparate a mille senza alcun filo logico. Esattamente alla fine la canzone si addolcisce, come da preludio della seguente ballata, la prima dell’album fino ad ora: Tides Of Time.

9) Tides Of Time
Tides Of Time ci mostra il lato più intimo e riflessivo degli Epica. La voce perfetta di Simone viene accompagnata dal pianoforte e in seguito anche dagli archi, in una totale atmosfera di serenità. Un ulteriore prova, per la cantante, di dimostrare quanto sia migliorata vocalmente in questi anni, forte di una vocal coach del calibro di Amanda Somerville. E le migliorie si sentono davvero: il registro lirico è professionale, il vibrato è stato perfezionato considerevolmente e anche l’estensione si è ulteriormente sviluppata. Poco dopo la metà la canzone prende corpo: le chitarre entrano seguite dall’orchestra in un’esplosione sonora davvero fantastica. L’atmosfera si fa sempre più inquieta, con la voce di Simone che diventa più potente e aggressiva, fino all’intervento di Isaac, che si mette in mostra con l’ennesimo, fantastico, assolo. La canzone si chiude con Simone che ripete il ritornello alzato di qualche nota e eseguito totalmente in registro lirico. Altro sfoggio di grande professionalità e sviluppo vocale, che la Simons mette in mostra senza indugi e con i migliori risultati.

10) Deconstruct
Deconstruct non è una traccia che ha particolarità significanti. Simile per struttura a Our Destiny, in quattro minuti e quattordici secondi gli Epica riescono ad inserire tutto ciò che caratteristica la loro musica: dai passaggi più rock/metal a quelli più orchestrali, da riff Power a veementi riff Death fino a parti Gothic, dalla voce soave di Simone a quella cattiva di Mark. La parte centrale ci offre anche un assolo di violini, di pochi secondi, purtroppo, ma pur sempre efficace. La fine della canzone è affidata alla Simons e al coro, le quali linee vocali, diverse, si intrecciano in un passaggio musicale ossessivo e asfissiante. Spettacolare.

11) Semblance Of Liberty
Altra mazzata sui denti. E questa fa anche più male. Per il 90% definibile Death Metal con passaggi orchestrali, questa canzone ha l’animo furibondo. E’, senza ombra di dubbio, la canzone più pesante che gli Epica abbiano mai concepito in tutta la loro carriera. Se prima la voce di Simone si scontrava solo con quella di Mark, ora abbiamo, in questa traccia, due piani perfettamente distinti: da un parte c’è la parte musicale, violenta. Dall’altra la voce della Simons, che per quanto possa diventare aggressiva offre un interessante punto di distacco. Un pugno nell’occhio, direbbero molti. Una genialata, dico io. Linee vocali liriche si intrecciano con la violenza fatta musica, l’orchestra tirata al massimo suggerisce all’ascoltatore un senso ancor più evidente di rabbia repressa, che in questa canzone viene sfogata totalmente. Altro tiro, altro centro.

12) White Waters
La notizia è passata di bocca in bocca. Eccoci all’agognato momento del fatidico duetto. Ebbene sì, la voce di Tony Kakko (Sonata Arctica, ma che ve lo dico a fare), si intreccia con quella di Simone. La canzone proposta è una semi-ballad, lenta e accompagnata da un onnipresente chitarra acustica. L’interpretazione, da parte dei due cantanti, è ai massimi livelli. E’ davvero bello sentire come due timbri così particolari possano convivere con armonia nella stessa canzone. L’impressione è quella che Simone e Tony stiano recitando, una recitazione che lascia con il fiato sospeso, per la qualità degli attori e della scenografia. La parola quindi alla title-track, la seconda suite e l’ultima traccia dell’album.

13) Design Your Universe – A New Age Dawns, Pt. VI –
Siamo definitivamente al capolinea. Gli ultimi 9 minuti e mezzo sono dedicati alla title-track, seconda suite dell’album. La canzone parte lenta per poi arrivare al primo riff dopo un crescendo lento e costante, in cui in successione entrano gli elementi dell’orchestra. Ad aspettarci è il consueto e ormai collaudato duetto-scontro Simone-Mark, che si intreccia con il coro. Notevoli cambi d’umore sono presenti nella canzone, bridge in cui la rabbia si sfoga con la voce di Jansen si alternano a bridge in cui è la voce della Simons a fare da padrona. La canzone si mantiene su livelli piuttosto costanti, talvolta più pesanti e talvolta più ragionati, fino al motivo di pianoforte finale che ci introduce al termine dell’album. E’ arrivato il 2012, e nessuno è stato risparmiato…

Conclusione
Alla fine di questa lunga (sappiatemi vi prego perdonare) recensione, cosa dire quindi? Ovviamente che gli Epica hanno fatto l’ennesimo colpaccio, riuscendo in pieno nell’intento di riproporre qualcosa di nuovo senza però stravolgere il loro marchio di fabbrica. La band olandese ha finalmente raggiunto una tale maturità da permettersi di poter sperimentare – senza però strafare  – avendo l’assoluta certezza di creare comunque un capolavoro. Un capolavoro che va ascoltato con la dovuta concentrazione, un capolavoro che non va assaggiato solo una volta, ma che anzi ha bisogno di parecchi ascolti per essere compreso nella sua totalità, per scovare ogni minimo particolare. Tutto è migliorato. Il processo di songwriting, le abilità dei singoli componenti sono aumentati a livelli considerevoli, e l’introduzione di Isaac era il tassello mancante che permette di chiudere una catena fatta di anelli perfettamente incastonati tra loro. Simone, Mark, Yves, Coen, Arien e Isaac rappresentano la coesione perfetta per la quale una band riesce a trasformare le idee in arte. E gli Epica ci hanno deliziato per l’ennesima volta con l’arte di saper fare musica in modo superlativo, con passione, totale dedizione e voglia di fare, di migliorarsi, di creare sempre qualcosa di nuovo grazie alle esperienze accumulate, belle o brutte che siano. Design Your Universe è tra le migliori uscite del 2009 non solo del Power sinfonico (etichetta che ormai, agli olandesi, sta davvero strettissima) ma del Metal in generale. Quest’album è un insieme di emozioni che meritano di essere vissute dalla prima all’ultima nota, un album che saprà soddisfare chi degli Epica ama il lato più orchestrale e chi quello più cattivo, chi ha voglia di sognare tra le magiche atmosfere create dalle loro ballad lente ed evocative, chi preferisce scapocchiare sulla componente Heavy e chi ama l’unione tra le magnifiche colonne sonore a mo’ dei film hollywoodiani, i canti gregoriani e il Power Metal della migliore fattura. Quindi il mio consiglio è: lasciatevi catturare da un album che sarà capace di svegliare in voi mitiche suggestioni, compratelo, godetevelo e fate tanto di cappello a dei ragazzi che davvero meritano il successo che hanno.

Luca Dei Rossi

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Tracklist:
1) Samahdi
2) Resign To Surrender – A New Age Dawns, Pt. IV –
3) Unleashed
4) Martyr Of The Free World
5) Our Destiny
6) Kingdom Of Heaven – A New Age Dawns, Pt. V –
7) The Price Of Freedom
8) Burn To A Cinder
9) Tides Of Time
10) Deconstruct
11) Semblance Of Liberty
12) White Waters
13) Design Your Universe – A New Age Dawns, Pt. VI –

Line-Up:
Simone Simons – Voce
Mark Jansen – Chitarra, Voce
Yves Huts – Basso
Coen Janssen – Tastiere
Ariën Van Weesenbeek – Batteria
Isaac Delahaye – Chitarra

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