Recensione: Det Kalde Riket

Di Manuele Marconi - 22 Settembre 2020 - 15:20
Det Kalde Riket
Band: Nordavind
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
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82

I Carpathian Forest si formarono nel 1990, su ispirazione di Nattefrost e Nordavind, che rimasero le menti principali dietro la band al netto dei vari cambi di line up, per lo meno finché Nordavind decise di lasciare il progetto. Nel frattempo i nostri hanno continuato i propri percorsi personali: il gruppo ha prodotto nuovo materiale e Nattefrost ha coltivato un progetto solista composto di sonorità alquanto insolite con risultati discutibili. Nordavind invece, dopo anni di silenzio, rilascia nel 2020 addirittura un EP ed un full lenght, Det Kalde Riket”, che ci apprestiamo ad analizzare in questa sede.

Siamo rimasti molto sorpresi da questa uscita: nessuno avrebbe immaginato un ritorno del tastierista norvegese sulle scene dopo vent’anni. Il disco in questione forse non porta il più originale dei nomi (“Il regno freddo”), ma rientra nei canoni del genere. L’intro ha la giusta durata e sembra perfetta per il suo scopo: apre le danze con il brano più semplice del lotto, Frostkvalt I vinterkulda”che, pur avendo alla fine una struttura solida soffre un po’ in fase di produzione del canto leggermente invadente di Nordavind, che copre troppo la parte strumentale. Nulla che comunque comprometta il brano o la qualità complessiva, dato che si manifesta solo in questa traccia. A questo punto si entra nel cuore dell’opera: la parte centrale è quella più elaborata e ricca di sonorità, tra riff di chitarra che passano costantemente dal buono all’ottimo, gran lavoro dietro le pelli e prova sontuosa ai sintetizzatori. In particolare Den evige skugge rappresenta non solo il brano più riuscito del disco, ma anche il pezzo quintessenziale di black metal sinfonico: ritmi inizialmente compassati, accelerate graduali fino ai classici stop & go, il tutto condito da riff di chitarra armonizzati con un sottofondo di tastiere, non eccessivamente complesso, ma dannatamente efficace e di atmosfera. La conclusione è affidata a Den sorte frelser”; ricalcando le istanze del brano di apertura ma arricchendolo con gli elementi sviluppati nella parte centrale della composizione. Questa chiusura rende l’idea di un lavoro molto armonico, aperto con un preludio alle emozioni più dirette e grezze, poi sviluppate in composizioni più introverse e ragionate, ed infine esplose in una forma che raccoglie la rabbia iniziale e le melodie più controllate. Ritorno in grande stile quindi per Nordavind, che dimostra abilità compositiva e personalità anche al di fuori del contesto dei Carpathian Forest; regalandoci una fra le uscite a tinte oscure più interessanti di questo 2020.

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