Recensione: Diatribe

Di Lorenzo Maresca - 4 Aprile 2019 - 6:00
Diatribe
Band: Malum Sky
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2019
Nazione:
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75

Secondo EP per i gallesi Malum Sky che, a dispetto di una discografia ancora scarna, dimostrano già una notevole maturità. La proposta della band di Cardiff si inserisce nel filone più moderno del progressive metal: chitarre dalle accordature abbassate, riff granitici e assenza quasi totale di tastiere. La componente djent è sempre presente, come ci si può aspettare, ma elaborata comunque con gusto e con lo sforzo di trovare un’interpretazione personale. In questo contesto si inserisce la voce di Ben Honebone, il quale si distingue per un’ottima performance, incentrata su un timbro limpido con qualche rara escursione nello scream e nel growl. Per quanto le vocals pulite siano in netta maggioranza, la voce sembra essere utilizzata in modo leggermente più aggressivo rispetto al primo lavoro della band, approccio che trova conferma anche nei riff e nel songwriting generale.

Ascoltando le cinque tracce di Diatribe la prima cosa che salta alle orecchie è il lavoro fatto da Jon Evans e Michael Jensen Després alle chitarre, forti di un riffing ispirato che riesce sempre a mantenere saldo il groove, aiutato anche da una produzione moderna, capace di creare il giusto impatto sulle ritmiche. In questo senso uno dei pezzi più riusciti è “Year of the Rat”, il primo dell’EP, in cui i due chitarristi saltano da una parte all’altra del registro dei loro strumenti, trovando soluzioni convincenti senza esasperare le caratteristiche del genere. “Borrower” dopo un intro pulito parte con una ritmica schiacciasassi che ci spinge a muovere la testa a tempo dimenticandoci per un momento delle ritmiche più cervellotiche del progressive. Ottima in questo caso anche la linea vocale, che si apprezza in uno dei ritornelli migliori del mini album. “The Coil” è forse meno trascinante ma vanta un notevole solo di chitarra, mentre su “Eye Above”, potente e melodica al tempo stesso, si può apprezzare ancora una volta Ben Honebone in uno nuovo ritornello perfettamente riuscito. Con la title track troviamo il pezzo in cui emergono più evidenti le influenze di un gruppo ormai fondamentale nel genere in questione come i Tesseract, in particolar modo nel riff introduttivo e nel tema finale, con chitarre pulite dai suoni cristallini che vanno pian piano sfumandosi. Da lodare anche qui il groove dei riff e in generale il lavoro della sezione ritmica.

Il secondo EP dei Malum Sky si rivela quindi un prodotto ben riuscito sotto ogni punto di vista, dalle composizioni alla performance fino alla produzione. Il quintetto del Galles segue il genere che ama senza sconvolgere troppo le carte in tavola ma dimostrando di avere gusto e di sapere quello che fa. Difficile dire a cosa porterà questo mini album o se la band riuscirà a guadagnarsi un proprio spazio all’interno di un genere che, per quanto di nicchia, resta comunque piuttosto affollato. Per il momento possiamo solo constatare la qualità di questa seconda uscita, segnalando l’approccio professionale dei musicisti e la buona fattura dei pezzi. Un lavoro che si ascolta volentieri e che ha il merito di saper trovare il giusto equilibrio tra aggressività e melodia.

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