Recensione: Discharge

Di Fabio Vellata - 10 Giugno 2020 - 0:01
Discharge
Band: Electric Mob
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Hard Rock 
Anno: 2020
Nazione:
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77

Come accade nel calcio, anche in campo musicale esistono degli scopritori di talenti a libro paga, dislocati probabilmente a presidio di varie aree geografiche.
Supponiamo che Frontiers music, come tutte le grandi label, ultimamente abbia potenziato la propria rete di osservatori, andando alla ricerca di novità anche in zone solitamente poco battute.
Arriva, infatti, un altro gruppo brasiliano alla corte partenopea nel giro di pochi mesi, testimonianza di come la beneamata etichetta nostrana sia sempre più intenzionata a coltivare nuove proposte, parallelamente ai tanti nomi illustri ad oggi ancora presenti in catalogo.

A differenza tuttavia dei compaesani Semblant – acerbo gruppo gothic death che non ci ha convinto più di tanto – per gli Electric Mob i territori d’espressione sono alquanto più consoni a quanto Frontiers ci ha abituato nel corso degli anni.
Moderni senza dubbio, ma con una fortissima vocazione hard rock, i newcomers carioca potrebbero essere una buona scoperta.
I caratteri e le doti per fare qualcosa di buono ci sono tutti.

Anzitutto una voce che “spacca” letteralmente. Di quelle che fanno comparire la scritta “predestinato” come un neon viola all’avviarsi della prima canzone che capita d’ascoltare.
Renan Zonta, uno dei tanti prodotti da reality sbarcati in ambiti heavy e hard rock in questi ultimi anni, è un singer moderno, dotato di personalità, polmoni e “rabbia”. Quella convinzione rabbiosa che traspare da ogni nota digrignata ed al contempo interpretata con trasporto, tipica di cantanti di categoria superiore.
In un passato più o meno recente l’abbiamo riconosciuta in Soto, Turner e Lande, per citarne alcuni. In epoche più prossime l’attenzione è stata catturata da Dino Jelusic e Ronnie Romero.
Zonta si candida ad essere uno di loro. Di questi ultimi. Un frontman della nuova generazione in grado di rivaleggiare con i superuomini del microfono che hanno marchiato a fuoco l’hard rock degli ultimi quattro-cinque lustri.
Se non si perderà per strada, un nome su cui puntare ad occhi chiusi.

Quindi, il sound.
Un misto scalciante di suoni anni settanta con un taglio modernizzato che gioca con l’alternative ma non si lascia mai prendere da smanie troppo modaiole. Audioslave, Wolfmother, Led Zeppelin, Living Colour, Tattoo Rodeo, RHCP e Aerosmith piazzano zampate qua e la, animando un songwritng nervoso e talora allucinato. Mai rettilineo però capace di colpire con l’accoppiata “ritmo – potenza” che, in alcuni brani, rende piuttosto gratificante l’ascolto.
Non è tutto oro quel che luccica, ovvio. Pezzi polverosi, scavati, irrequieti come “Devil You Know”, “Your Ghost“, “Upside Down” e “Got Me Runnin’” lasciano in ogni caso la convinta sensazione di “spessore” autentico. Di avere cioè per le mani, un gruppo che ha numeri e qualità spesi con cognizione e non sparati a casaccio. Gente che ha un’idea di quello che sta facendo e non si trova sotto contratto con Frontiers per qualche bizzarro caso del destino.

Infine, la visione “futuribile”.
Discharge” sembra essere un inizio. Un seme lanciato in attesa di frutti che, date le premesse, potrebbero essere molto interessanti.
Non tutte le canzoni presenti in tracklist coinvolgono alla stessa maniera. Risalta qualche passaggio che un po’ annoia (“Gyspy Touch” è un esempio di cosa proprio non ci è piaciuto) ma nel complesso c’è parecchia sostanza.
Musicisti che, considerando la difficoltà di alcune linee melodiche a dir poco “agitate”, denotano una cifra tecnica assoluta. Approccio sicuro, da consumati professionisti della scena.
Singer di serie A e, soprattutto, un profilo “trasversale” tra vecchio e nuovo che può agilmente inserirsi con discreto successo all’interno del filone che, a partire dai Greta Van Fleet, sta mietendo consensi ad ogni livello di audience.

Tutti motivi per cui, in piena onestà, ci sentiamo di considerare condivisibile la scelta di offrire una chance a questo giovane quintetto brasilero di belle speranze.
A molti piaceranno. A qualcuno diranno magari poco o nulla.
Per quanto ci riguarda, il pollice è puntato con decisione verso l’alto.
Con interessatissima opzione per il futuro.

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