Recensione: Dream And Deliver

Di Alberto Vedovato - 5 Luglio 2009 - 0:00
Dream And Deliver
Band: Dreamtide
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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67

In attesa che, con somma gioia di molti rockers, si avvicini fine Luglio e si concretizzi l’arrivo di “Aura”, il nuovo album targato Fair Warning, vi presentiamo l’ultima fatica di una delle band figlie del combo di Hannover.

I Dreamtide nascono nei primi anni del nuovo millennio, in corrispondenza dello scioglimento dei Fair Warning, per estro di C.C. Behrens e di Helge Engelke, rispettivamente drummer e chitarra.
Il progetto si presenta rispecchiando quasi in toto lo stile della loro prima band, e dopo la pubblicazione di un Ep e di due album, di cui l’ultimo nel 2003, spariscono quasi nel nulla. Quando, poi, nel 2006 viene annunciata la reunion della storica formazione tedesca, sembra che questa nuova “creatura” sia destinata a esser messa da parte.
É stata quindi una piacevole sopresa l’annuncio della release di questo platter, anche se cinque anni d’oblio e un nuovo ipotetico album dei Maestri tedeschi alle porte, avrebbero potuto far nascere nel fan più intransigente un po’ di dubbi sull’effettiva riuscita del lavoro.

“The Vow”, subito dalle prime note, chiarisce che questo non vuole essere un album “di ripiego”. Brano contraddistinto da un riff veloce e potente, condito da quel wha-wha semi-nascosto che gli conferisce un tocco tetro e cupo e da un ritornello imponente con cori maestosi impeccabilmente intrecciati, soprattutto nel finale dove voci di diversi registri si mescolano tra loro. Da ascoltare in cuffia per apprezzare in maniera più netta i cambi di canale, che contribuiscono a mischiare ulteriormente l’effetto finale con un risultato davvero ottimo.
Di stampo più simile al “Warning-style” è la seguente “Same Star”. Ottima la prestazione di Olaf Senkbeil al microfono, capace in qualche frangente di ricordare addirittura il Coverdale dei momenti più blues.
Si procede con “You Beat”, contraddistinta da un piacevole ritornello semi-anthemico, e con la prima ballad presente nel platter, “Dancing when the night falls”, che vorrebbe rispecchiare gli stilemi delle più riuscite aor-ballad della storia, mancando però l’obiettivo. Il risultato è melenso e a tratti monotono. Il brano accorciato di un paio di minuti, sarebbe forse stato molto più apprezzabile.
L’album si assesta poi su questi toni, con buone idee ma molto spesso impoverite da pecche più o meno grandi, come per esempio “I don’t wanna wait” che parte in quarta ma è inutilmente infarcita di ripetizioni che ne allungano il tempo e che, inevitabimente, portano ad abbassare la soglia di attenzione dell’ascoltatore.
O, peggio ancora, si ripresentano delle linee vocali, o strumentali, molto spesso simili tra loro, come capita al refrain di “King of scum” che in più di un occasione rimanda all’opener. O piuttosto l’intro di “Stronger”, deja vù della parte iniziale di “Download a dream”.
Non mancano in ogni caso brani degni di nota. “To everybody”, “Keep from falling” e “A fool’s crusade” sono degli autentici esempi di quel pomp-rock tanto caro a noi fan dei sound ottantiani. Sono presenti inoltre delle semi-ballad riuscitissime, a discapito della già citata “Dancing when the night falls”, che vista la posizione sarebbe dovuta essere la ballad “di punta”.
“Tell me how it feels” e “Help me” coinvolgono e appassionano nel modo in cui una ballad, o semi-ballad, dovrebbe fare senza risultare stucchevole, o, dispiace dirlo, noiosa e prolissa.

Capitolo a parte per il brano di chiusura. Che bisogno c’era di inserire il reprise di un brano che dura già di suo, quasi sei minuti? Intendiamoci, preso a se “Download a dream” è un pezzo sicuramente piacevole, in cui sono presenti forse la miglior solistica dell’album e una coda finale da manuale e, allo stesso modo, soffermandosi solo sul “reprise”, verrebbe da dire che è un bel motivo, semplice nella sua struttura ma orecchiabile e simpatico. Collegandoli però, com’è spontaneo, quest’ultimo appare assolutamente inutile e del tutto evitabile.
Poco male in realtà, essendo l’ultimo brano non si deve neanche far la fatica di skipparlo.

Alla fine dei conti questo “Dream and Deliver” è quello che già dalle prime note sembrava essere: un album vero e proprio che vuole aver riconosciuta una sua dignità e non esser pezzato come un “nel frattempo sentitevi questo” in attesa di “Aura”.
Peccato però che arrivare alla fine del disco senza uno sbadiglio sia davvero difficile. Non perchè i brani non siano coinvolgenti e ben suonati, ma perchè ricorre spesso questa mania di voler per forza superare i quattro minuti a pezzo, allungando il brodo con inutili ripetizioni che ne appesantiscono l’ascolto. Forse non sarebbe stato cosi evidente se aiutati da una produzione migliore, meno impastata e caotica, che non contribuisce affatto a facilitare l’orecchio nel suo lavoro.

Un colpo sprecato? Non direi, nel complesso è un’opera più che sufficiente, anche se non lascerà segni indelebili nella memoria degli aor-maniacs, i quali probabilmente staranno ancora cercando di digerire la squisita abbuffata di ottimi album datati 2008.

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Tracklist:

01. The Vow 4.20
02. Same Star 4.44
03. Your Beat 4.13
04. Dancing When The Night Falls 6.16
05. Download a Dream 5.55
06. I Don’t Wanna Wait 5.26
07. King Of Scumm 5.26
08. Tell Me How It Feels 5.21
09. Stronger 5.03
10. To Everybody 4.39
11. Keep From Falling 4.31
12. A Fool’s Crusade 3.44
13. Help Me 6.10
14. Download a Dream (reprise) 4.20

Line Up:

Olaf Senkbeil – Voce
Helge Engelke – Chitarra
C.C.Behrens – Batteria
Ole Hempelmann – Basso
Torsten Luederwaldt – Tastiere

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