Recensione: Dying for the world

Di Santolieri V. - 13 Giugno 2002 - 0:00
Dying for the world
Band: W.A.S.P.
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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80

Sono ormai molti anni che seguo Lawless e la sua banda di malsani personaggi e col passare degli anni ne sono diventato un accanito fan; voglio dunque esprimere le mie considerazioni su questo nuovo lavoro del combo americano.
Naturalmente ho aspettato questo album con grande interesse, soprattutto perchè Blackie lo ha presentato come una risposta-reazione all’11 settembre. Coloro di voi che meglio conoscono il personaggio sanno quanto certe tematiche di un certo spessore inevitabilmente incidano sulla musica del gruppo in questione da tempo.

Secondo motivo di interesse è costituito dall’ingresso in formazione di Darrell Roberts al posto dell’ ahimè dimissionario e leggendario Chris “mean man” Holmes; la curiosità intorno al nuovo membro è anche alimentata dal suo curriculum e dalle polemiche nate dopo il suo reclutamento nei WASP.
Roberts infatti era chitarra e voce degli Alcoholica ( Metallica-cover band americana di un certo prestigio), è stato in ballottaggio con Marty Friedman sino all’ultimo per entrare nei Megadeth e nel più recente passato ha militato nelle file dei Tuff, mitica glam metal band losangeliana… proprio i Tuff infatti non hanno preso bene l’abbandono di Darrell e non hanno risparmiato insulti nei suoi confronti e verso Blackie.

Per finire c’è il ritorno full-time dietro le pelli di Frankie Banali che, non pago dei dischi sfornati con i mitici QUIET RIOT, ha accostato già in passato il proprio nome ad autentici capolavori dei WASP, vedi “The Crimson Idol” e “The headles children” su tutti.
Finiti i preamboli, dò un’occhiata alla copertina, che per grafica e cripticità di rappresentazione mi fa immediatamente pensare all’appena trascorso “Unholy terror”.
Non so se la scaletta che vi fornisco sarà quella definitiva del cd, ad ogni modo vi presto fede.

Immediatamente parte la prima traccia, “Shadow man”…l’inizio si apre con quello che sarà il riff portante di tutto il brano, molto cupo, cattivo, quasi una preparazione ad una esplosione di rabbia che si manifesta puntuale nel ritornello; la voce di Blackie è incisiva e i commenti sussurrati durante alcuni momenti di apparente stasi mi ricordano molto la malvagità di cui era permeato l’oscuro KFD… una vera killer trak!! Se i militari impegnati nel Golfo, a detta di Lawless, ascoltavano “Wild child” e “Animal” prima delle missioni, questo nuovo pezzo andrà a fare loro compagnia.
Il suono è un perfetto incrocio tra Kfd e gli ultimi “Helldorado” – “Unholy terror”; gli inserimenti di Roberts sono molto interessanti, si integrano alla perfezione senza disturbare l’andamento del brano e il suo solo, nonostante la semplicità, mi pare tuttavia molto incisivo, del tutto simile a quanto potrebbe proporre Chris Holmes.

Non c’è tempo di riprendersi ed ecco partire “My Wicked Heart”, gemella bastarda di quel capolavoro che è “Cocaine Cowboys” – WASP al 100%!!! Blackie scatena l’inferno e la sezione ritmica lo asseconda in pieno con quel martellare tipico del basso di Mike Duda; azzeccatissimo l’inserimento del corus e la ripresa delle urla di Blackie in una tonalità più alta…da brivido!!! L’assolo è una cavalcata metal di rara incisività che molto ricorda quello di “Headless Children” ma senza richiami “maideniani”; conferma sicuramente Roberts cavallo di razza.
Veniamo poi a quella che personalmente considero l’unica degna erede, dopo anni, della leggendaria “Sleeping in the fire” e mi riferisco ad “Hallowed Ground”: una partenza con un arpeggio lento come nei momenti più riflessivi di “Crimson”e il basso che fa capolino giusto per dettare la tonalità, la voce pulita… poi tutto sfocia in un urlo di disperazione che non può passare inosservato dopo i disastrosi eventi dei mesi scorsi; l’assolo, di nuovo indovinato, somiglia a quanto proposto in “The Idol” da sua maestà Bob Kulic.

Finito il momento intimistico, irrompe “Hell for eternity”, presentata da Blackie con un “1-2 fuck you!!”. Qui siamo in pieno “Helldorado”, con tanto di urletti, anche se il ritornello è un po’ tirato per i capelli…non posso fare a meno di collegarla imediatamente a “Saturday night cockfight”; non mi sembra un pezzo irresistibile…
E’ la volta di “Stone cold killer” che si presenta piuttosto minacciosa con un bellissimo ritornello in pieno WASP stile e con la comparsa dell’Hammond a cementarne la struttura …ottimo pezzo che per sonorità e impatto accosterei alla sottovalutata “Goodbye America” dell’altrettanto sottovalutato “Still not Black…”
A ruota segue “Revengeance (be thy name)” con un riff pesante di Roberts che si inserisce su un inizio alla”Chainsaw Charlie”; veramente sinistro lo stacco in cui ritorna l’Hammond per lasciare spazio ai proclami vendicativi del vecchio Blackie; l’assolo è di nuovo molto coinvolgente, anche se ha un sapore già sentito…
“Trail of tears” non è altro che una nuova “Charisma” meno ispirata che contribuisce a mio parere ad abbassare i toni di un disco sin qui molto incisivo…la successiva” Black bone torso” appesantisce la situazione oltremodo; è una via di mezzo tra gli episodi più lenti e pachidermici di Kfd e Charisma, con Roberts che si dedica a scale blueseggianti in sottofondo…il pezzo è gradevole e anche corto (2′:30″), probabilmente sarebbe ideale se sostituito alla traccia precedente e non accostato, come invece accade…

Fuori le seghe elettriche dei vecchi tempi!!! Siamo all’epilogo!!! E infatti puntuale “Rubberman” si apre con un riff che ha esattamente l’effetto “sega circolare” tanto caro ai WASP di inizio carriera; sparisce l’Hammond, spariscono le parti acustiche, solo due chitarre, batteria, basso, tanto volume e quella voce maleducata, disperata e rabbiosa che tanto ci piace!! Torna la sezione ritmica martellante, sostenuta dal metronomo Banali e gli accordi sono lasciati andare liberi durante il ritornello, come nella migliore tradizione dei “Sexual perverts” (qualcuno ha detto “School daze”??). Insomma, un degno finale per un disco che, partito veramente bene, conosce solo un paio di tonfi verso la seconda parte ma si mantiene nel complesso all’altezza delle aspettative.
L’ultima traccia è la versione acustica di “Sleeping in the…oooppss!!! volevo dire di “Hallowed ground…

Che dire di più?? Una grande band che, nonostante 20 anni di carriera, ha mantenuto intatta la rabbia oltraggiosa degli esordi, a volte aumentandola addirittura e riuscendo a convogliarla verso tematiche di un certo spessore…complimenti a Blackie Lawless e a chi ne asseconda le scelte.
Un album di grande intelligenza e coerenza, senza scadere nel patetico.

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