Recensione: Echoes from the Past

Di Stefano Ricetti - 2 Novembre 2025 - 0:30
Echoes from the Past
Etichetta: Crime Records
Genere: Heavy 
Anno: 2025
Nazione:
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63

Già il fatto che una band, con un apposito bollino adesivo in copertina, avverta il potenziale ascoltatore che quanto troverà all’interno del proprio Cd si rifà spudoratamente a Judas Priest, Iron Maiden e Black Sabbath è sintomo di straordinaria onestà intellettuale.

I Chasing Demons sono un nuovo complesso norvegese che con Echoes From The Past esordisce su full length sotto l’egida della connazionale Crime Records. La formazione schiera Geir André Gjerstad alla voce, Borge Brand e Tommy Viken alle chitarre, Vegard Liverodal al basso e Henrik H. Kaupang alla batteria.

Il lavoro oggetto della recensione, in formato Cd digipak (è prevista l’uscita anche in vinile), si accompagna a un libretto di dodici pagine con tutti i testi, disegni a tema in sottofondo e foto della band.

Echoes from the Past si sviluppa lungo nove canzoni per quaranta minuti di durata, quindi vecchia maniera anche per quanto attiene la conformazione classica del prodotto.

Ma, si badi bene: nonostante i Chasing Demons si rifacciano palesemente all’età dell’oro del Metallo, le sonorità e la botta restituita da loro restituita è assolutamente al passo con i tempi. Nulla quindi di fintamente âgée ma una produzione in linea con quanto ci si attende da un disco nel 2025.

E fino a qui tutto bene.

Poi, nel momento in cui ci si imbatte più e più volte dentro i solchi di Echoes from the Past sale la nostalgia, nonostante i norvegesi facciano di tutto per evitarlo. E va dato loro atto di tentare di esorcizzare qualsivoglia rimando agli originali, ma poi è il cuore che comanda, impietosamente.

Geir André Gjerstad fa il verso a Bruce Dickinson e Rob Halford al meglio delle proprie possibilità, l’accoppiata Brand/Viken macina riff massicci e credibili e la sezione ritmica costituita da Vegard/Kaupang picchia quanto serve.

Echoes From The Past”, la title track, insieme con “Fly into the Clouds” sono autentiche bordate, “Some Kind of Madness” incarna la concessione della band alla melodia mentre il tributo alle sonorità più oscure assume le sembianze di “Chasing Demons”.

Ineccepibile, ma non basta.

Tutto pare funzionare bene ma sul medio termine paga dazio (ossia passata dopo passata).

La mancanza di personalità evidente da parte dei Chasing Demons riporta inevitabilmente una mente allenata a traslare quanto da loro fatto nei confronti dei vari Powerslave, Screaming for Vengeance e Heaven and Hell, solo per fermarsi a tre titoli epocali e ad altrettante band.

Ed il risultato che esce dal confronto è giocoforza impietoso, con i cinque vichinghi irrimediabilmente sconfitti, seppur con l’onore delle armi.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti       

 

 

 

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