Recensione: Eternal Flame

Di Roberto Gelmi - 26 Dicembre 2021 - 12:00
Eternal Flame
Band: NorthTale
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Power 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Secondo album per i promettenti power metaller tedeschi, nati nel 2017 dopo alcune traversie iniziali, e forti della presenza di un chitarrista d’eccezione come Bill Hudson (che ricopre anche il ruolo di coproduttore). Eternal Flame continua il discorso iniziato con il debutto, parliamo di power metal con tanta doppia cassa, falsetto imrpescindibile e richiami a band seminali come Helloween e Angra. Il platter è prodotto da Dennis Ward, mixato e masterizzato ai TrakShak Studios di Karlsruhe, mentre l’artwork questa volta è opera di Gustavo Sazes (Machine Head, Amaranthe, Kamelot), non di F. M. Franco come si potrebbe pensare. Tutto, insomma, indica che gli artisti coinvolti nel progetto credono fino in fondo a quanto messo in campo e vogliono dare al pubblico un prodotto rifinito e appetibile. Vediamo se è così o meno.

L’ora di cui si compone Eternal Flame inizia senza fronzoli con la doppia cassa di “Only Human”, perfetta sintesi del dettato Helloween-Angra. C’è potenza, spensieratezza, ma anche tecnica e chiarezza d’intenti. Forse non un inizio memorabile per originalità, ma utile per capire che la band è ancora su buoni livelli. I bpm calano all’avvio di “Wings of Salvation”, con Guilherme Hirose che tenta di emulare Andre Matos (con esiti modesti in realtà). Il pezzo dura sette minuti e ha uno sviluppo che in molti punti rimanda alla band brasiliana, inclusa la presenza del pianoforte e una sezione solistica dilatata che ammicca a certo prog. Si torna in terra teutonica con “Future Calls”, una killer song che vorrebbe riportare la lancetta al 1985, anno d’uscita di Walls of Jericho (come hanno tentato di fare anche le zucche con la recente “Down in the dumps”). Kai Hansen come special guest è scelta doverosa, le ritmiche sono impetuose, tra bending e corde droppate, aggiungete sintetizzatori vari (incluso quello d’organo) e rimandi classicheggianti, e avrete un’altra song con un suo potenziale. Da segnalare anche il bell’assolo di Jimmy Pitts alle tastiere. Il power metal moderno passa di qui e i NorthTale non hanno niente da invidiare ai Theocracy, giusto per citare un omologo americano.

The Land of Mystic Rites” creerà qualche conflitto interiore ai metallari più navigati. Siamo di fronte, infatti, a un nuovo derivato degli Angra (tra “Holy land” e “Unholy wars”). Se giudicassimo da questo punto di vista dovremmo dire che i Northtale si limitano a ribadire il dettato che fu, ma il risultato complessivo è l’attualizzazione di una parentesi gloriosa del power metal, quindi perché bocciare la composizione? Stiamo al gioco e godiamoci gli assoli imbizzarriti e distorti di Bill Hudson che ricalca le orme del sommo Kiko Loureiro. Il disco prosegue riproponendo l’alternanza tra brani “brasiliani” e altri più ortodossi. “Midnight Bells” rientra in questo filone e incede potente dall’inizio alla fine. Le ritmiche sono a tratti thrash ma non manca un bel duello tastiera-chitarra nel finale con note a mille. La title-track regala momenti barocchi, ha un bel bridge e un refrain figlio degli Stratovarius, cosa chiedere di più?

In the Name of God” attacca in modo supponente, con una linea di basso cadenzata e synth d’organo. La struttura è la solita ma la parte solista è ancora una volta convincente, Bill Hudson non sbaglia un colpo. “Ride the Storm” regala un avvio corale ed è un brano che rientra nel novero di quelli più solari in scaletta: potrebbe figurare in un disco dei Freedom Call. La coda finale in pianissimo merita diversi ascolti e risulta toccante. Easy-listening, invece, la successiva “King of Your Illusion”, ma non manca la doppia cassa e assoli sparati a mille. Nel finale di album troviamo come ospite Jonas Heidgert, il cantante dei Dragonland, alle prese con una cover degli Iron Maiden. “Judas Be My Guide” è un pezzo sottovalutato tratto da Fear of the dark e qui fa un figurone. Nella sua versione moderna suona rivitalizzato, quanti brani dei Maiden potrebbero ritornare alla ribalta, c’è l’imbarazzo della scelta… (Jorn Lande ci è riuscito perfino con la recente “The Final Frontier”).

Eternal Flame si chiude in modo solenne con gli undici minuti di “Nature’s Revenge“. All’avvio sembra che i nostri vogliano emulare i Keeper della band di Amburgo, ma la composizione in realtà procede in modo prevedibile; la sorpresa è al giro di boa, con il cambio di tempo e la presenza gradita degli scream targati Mary Zimmer (Helion Prime), seguiti da una sezione atmosferica vicina ai Symphony X. Tutto poteva finire qui, invece sono le note di chitarra a far risorgere il brano come araba fenice per un finale zuccheroso. “Ivy (Outro)” è solo una coda orchestrale che poteva essere inclusa in un album degli Edenbridge, francamente non si capisce perché sia stato collocato in fondo al disco. Di sicuro tornerà utile in sede live per i saluti finali ai fan…

Dopo questi sessanta minuti il giudizio complessivo da riservare a Eternal Flame non può che essere positivo. Vero è che i brani proposti spesso peccano di copia-incolla, ma il power non brilla certo per ecletticità, conta semmai la dedizione al genere e l’energia sprigionata dalla band che vuole esserne alfiere. L’obiettivo del combo svedese, ossia confermare le aspettative dei fan, è raggiunto, per ora difficile chiedere di più. Il rischio alla lunga potrebbe essere quello di saccheggiare ulteriormente il repertorio dei maestri con esiti meno riusciti e convincenti. Aggiungiamo, infine, che anche la voce di Guilherme Hirose, pur solare e cristallina, dovrebbe guadagnare in maggiore incisività ed eclettismo: senza un grande cantante non esiste una grande power metal band.

 

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