Recensione: Evidence of Immortality

Di Matteo Pedretti - 3 Settembre 2022 - 12:00
Evidence of Immortality
Band: Conan
Etichetta: Napalm Records
Genere: Doom  Stoner 
Anno: 2022
Nazione:
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Tra il 2010 – anno di pubblicazione del loro EP di debutto “Horseback Battle Hammer” – e il 2018, i Conan hanno rilasciato un album ogni 2 anni, con una regolarità davvero insolita nell’underground. In questo ambito, infatti, la creatività degli artisti e la loro voglia di uscire con musica nuova deve spesso fare i conti con difficoltà finanziarie, ostacoli organizzativi, instabilità delle line-up, problemi con le etichette e altre criticità di varia natura che spesso rendono impervio e tortuoso il processo di pubblicazione. La gestazione di “Evidence of Immortality” ha richiesto invece più tempo: pubblicato via Napalm Records lo scorso 19 agosto, il quinto full lenght del power trio di Liverpool segue a ben quattro anni di distanza il precedente “Existential Void Guardian”.

Non che nel frattempo la band di Jon Davis (chitarra e voce), Chris Fielding (basso e voce) e Johnny King (batteria) se ne sia stata con le mani in mano… Al contrario, nel 2020 la label italiana Heavy Psych Sounds ha dato alle stampe “Doom Sessions Vol. I”, split tra i Conan e i nostri conterranei Deadsmoke, mentre nel 2021 è stato realizzato il live album “Live at Freak Valley”. A questo si aggiunga che tra il 2018 e il 2021 Jon Davis è stato impegnato con il suo side-project Ungraven, con cui ha realizzato un paio di demo, un EP, un live album in studio e uno split con gli Slomatics, Chris Fielding ha collaborato alle release di una miriade di gruppi in qualità di produttore e ingegnere del suono e Johnny King ha lavorato ai dischi dei Dread Sovererign (con Alan Averill Nemtheanga dei Primordial) e dei Malthusian.

Ma l’attesa ha dato i suoi frutti: sin dal primo ascolto si evince infatti come “Evidence of Immortality”, pur sostanzialmente in linea con la proposta pregressa dei Conan, sia un album ragionato e completo, di certo più del suo immediato predecessore “Existential Void Guardian”. Ne sono prova la sua durata che, senza riempitivi, raggiunge i 50 minuti, e – come meglio si dirà in seguito – la sterzata di un brano, il più lungo, verso sonorità ad oggi inedite per il combo.

“A Cleaved Head No Longer Plots” apre le danze nel classico stile dei Conan più pachidermici: è una marcia lenta e battagliera, con riff mostruosamente downtuned e inserti psichedelici. “Levitation Hoax” e “Ritual of Anonymity” sono invece più ritmate e compatte: la prima, dopo una partenza tirata, si struttura come una cavalcata Stoner/Doom che rallenta nel finale, mentre la seconda – breve e diretta – alterna passaggi veloci e midtempo.

Il passo torna a decrescere notevolmente in “Equilibrium of Mankind” che, trainata da granitici riff dilatati à la Sleep, rimane un downtempo fino alla psichedelica accelerazione finale, e in “Righteous Alliance” che, stilisticamente affine alla traccia precedente e alla opener per quasi tutta la sua durata, assume una forma più classicamente Doom nella lunga sezione conclusiva, come a voler introdurre la traccia di chiusura “Grief Sequence”, uno strumentale di quasi 15 minuti che, come si anticipava, suona decisamente atipico nel catalogo dei Conan. In modo piuttosto sorprendente, infatti, il pezzo vira verso i mood evocativi e cerimoniali tipici del Doom più tradizionale e atmosferico, per lo più grazie al contributo dell’ospite Dave Perry ai sintetizzatori Moog e Roland RS-09 e al Vocoder.

Annoverando nel proprio organico un rinomato tecnico del suono come Chris Fielding, la band – come in occasione delle precedenti uscite – non poteva che affidare a lui il mixing e la produzione, con ottimi risultati. Pur risultando costantemente slabbrato per via delle sue frequenze bassissime e della (voluta) eccessiva saturazione, il sound riesce magicamente, quasi inspiegabilmente, a rimanere pieno, compatto e organico.

Anche se è molto difficile trovare passi falsi nel back catalogue dei Conan, è del tutto naturale che alcuni dischi, come “Mannos” e “Blood Eagle”, siano più ispirati di altri. “Evidence of Immortality” si erge con fierezza accanto a questi, confermando lo stato di ottima forma del gruppo inglese ad oltre 15 anni dalla sua nascita.

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