Recensione: Exit 49

Di Daniele D'Adamo - 25 Settembre 2009 - 0:00
Exit 49
Band: Dreamland
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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80

Una volta tanto, prima di passare all’aspetto prettamente musicale del terzo lavoro in studio degli svedesi Dreamland, “Exit 49”, una nota bibliografica strettamente legata al titolo del disco. Lo scorso anno, decisamente horribilis per il gruppo anche per rimescolamenti vari nella line-up, tre componenti (Jake, Eric e Nils) si sono salvati miracolosamente da un terribile incidente stradale sulla Highway E6 south, presso l’uscita Exit 49. Da qui, per ricordare e soprattutto celebrare lo scampato pericolo, l’idea per dare il nome al neonato full-length.

Scritto ciò, si può passare alla musica.

Musica che, occorre specificarlo subito, è di alto livello qualitativo. Sia per quanto il songwriting, che l’esecuzione, che la produzione ma, soprattutto, per un contenuto di classe la cui dimensione e bontà non è riscontrabile con facilità, in giro per la scena internazionale.

I nostri suonano una miscela equilibratissima composta da ingredienti quali Heavy Metal, Power e l’Hard Rock, nella loro qualità più pregiata.
Tale miscela varia leggermente nella percentuale durante lo svolgersi delle varie canzoni che compongono l’album, rimanendo tuttavia fermamente ancorata allo stile personale ed unico degli svedesi.
Questa peculiarità di saper dosare sapientemente gli ingredienti sopra elencati, è cosa piuttosto rara, perché potenzialmente questo presupposto porta spesso ad un prodotto troppo variegato e sconclusionato.

Invece, “Exit 49” è moderno, consistente, potente al punto giusto, veloce quando serve, melodico senza in ciò strafare e dotato, sempre, di spiccato carisma. “Adulto”, insomma.
Una buona parte del merito è indubbiamente da assegnare a Jake E, che interpreta le linee vocali con precisione, pulizia, ottima estensione e profondità; linee vocali arricchite più volte con sovrapposizioni e cori.
Basso e batteria svolgono impeccabilmente il loro compito, mentre le chitarre sanno bilanciare con equilibrio la ruvidità degli accordi con la cristallinità dei soli.
Come scritto più sopra, l’elemento peculiare del platter è la classe, e la stessa si trova con abbondanza nel songwriting, niente affatto banale, scontato o ripetitivo. Al contrario, l’accuratezza con cui ciascuna canzone è stata scritta dimostra che la composizione della musica deve aver avuto un peso percentualmente elevato, nella stesura dei pezzi.
Pezzi che, in virtù della varietà d’aspetti coinvolti, non sono affatto di facile ed immediata “digestione”. Occorrono anzi numerosi passaggi, prima che si trovi il “bandolo della matassa”, e che il disco si “apra” in tutta la sua armonia e regali momenti davvero gustosi.

Non è una caso che, sin da subito, “A Touch Of Evil” dimostri la bontà del progetto Dreamland: riffs variegati al sapore di Hard Rock, suono pieno e compatto, cantato melodico a partire già dalla strofa, ritornello orecchiabile sottolineato da più voci, lucenti cascate di note prodotte dalle tonalità più alte delle chitarre, effetti vari, cambi di tempo sparsi.
Il Power fa capolino in “Set The Heavens On Fire”, data la caratteristica cavalcata della rutilante batteria in doppia cassa, il ritmo generale sostenuto, il riffing veloce e i soli classici delle chitarre con refrain accattivante. Che è ancora più attraente in “The Warning”, per poi diventare irresistibile in “So Weak So Feeble”, brano dalla costruzione pressoché perfetta, sia dal punto tecnico che compositivo. Memorabile, tanto per segnalare uno dei molti punti di forza, il ponte che porta all’esplosivo chorus.
Chitarre a briglia sciolta in “The Curse” (condita pure da risate dal piglio sardonico), e nuovo, trascinante ritornello. Nulla da eccepire: gli svedesi ne fabbricano davvero una quantità industriale!
Immancabile il lento, “Worlds Apart”, forse un po’ troppo melenso, anche se bagnato nell’immancabile classe degli svedesi. Groove indorato da un raffinata spruzzata di Hard Rock in “My Sweet Revenge”, che comunque mantiene alto il tono muscolare della creatura la quale, nel pezzo che la battezza, trascorre invero qualche attimo di anonimato, da cui il gruppo riemerge prontamente con “Nordic Rage”, dall’anthemico, possente coro.
Si gira l’angolo ed arriva il secondo lento del CD: “Song For You”, dal sapore più fine rispetto alla ballata precedente e dai toni più sfumati.
Alla fine del percorso, arriva inaspettata una precisa e vigorosa mazzata fra capo e collo con “Shortest Straw” (addirittura con parti in growl, sic!), lenita però dallo straordinario talento melodico del quintetto.

Se quindi l’anno passato è stato pessimo per i Dreamland, quello corrente non può che esser ottimo. “Exit 49” è un album decisamente al di sopra della media. Non raggiunge l’eccellenza assoluta solo per qualche calo di tensione, che in ogni caso non ne intacca la riuscita complessiva, rendendolo disco sicuramente appetibile, per la sua ricchezza, da molti appassionati del Metal.

 

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Tracklist:

01. A Touch Of Evil 4:14
02. Set The Heavens On Fire 3:36
03. The Warning 3:03
04. So Weak So Feeble 4:35
05. The Curse 3:41
06. Worlds Apart 3:25
07. My Sweet Revenge 3:08
08. Exit 49 4:10
09. Nordic Rage 4:15
10. Song For You 4:22
11. Shortest Straw 3:48
12. Time To Exhale 1:42

Line-up:

Jake E: voce
Eric Rauti: chitarra
Nils: chitarra
Mats: basso
Alexx: batteria

 

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