Recensione: Fas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum

Di Stefano Risso - 6 Settembre 2007 - 0:00
Fas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum
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Anno: 2007
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92

“Siamo come nani sulle spalle dei giganti…”

Questa citazione di Bernardo di Chartres mi ha affascinato sin da piccolo e,
da sempre, ha acceso in me un quesito sulla reale veridicità del significato che
racchiude. Nel proseguimento del mio corso di studi, ho ripensato diverse volte
a questa metafora e ho cominciato a formare un pensiero che mi mette in
disaccordo con la seconda parte della citazione, ovvero: “…sì che possiamo
vedere più cose di loro e più lontane, non per l’acutezza della nostra vista, ma
perché sostenuti e portati in alto dalla statura dei giganti”
. Non è questa la
sede per una trattazione del genere, né sarei in grado io di parlarne, ma
permettetemi di dire che in qualche piccolo caso, le cose non stanno proprio
così. I “nani” riescono a guardare oltre anche per la loro genialità, per
l’acume di alcune intuizioni, per caso, o per alchimie uniche e irripetibili,
questo avviene in ambiti come la tecnologia, la scienza o, nel caso specifico,
nella musica.

Perchè è indubitabile che i Deathspell Omega, per arrivare al livello
attuale, abbiano intrapreso la scalata partendo dal basso, dalle radici del
genere, confrontandosi nello stesso campo dei maestri indiscussi, arrivando poi
a porsi al di sopra del mero teatro di battaglia per meriti e qualità proprie,
nate dalle capacità, dalla sensibilità, potremmo dire dal genio, di questi
musicisti. Dopo quel Si Monumentum Requires, Circumspice (del 2004), i nostri
non si sono adagiati nella ascesa verso l’alto giungendo, nel 2007, con Fas – Ite,
Maledicti, in Ignem Aeternum
, secondo tassello di una trilogia inaugurata tre
anni fa.

Le sensazioni, il fine, la battaglia interiore che il black metal dei
Deathspell Omega scaturisce è fedelmente ancorato al passato (e non potrebbe
essere altrimenti…), il mezzo attraverso cui far sbocciare tutte queste
emozioni è invece radicalmente cambiato, spingendosi in territori a volte
lontanissimi dai “dogmi” del genere, eppure così intrisi di spiritualità, di
fascino, di mistero, riuscendo a far collimare il tutto in una concezione
estremamente rigorosa del black metal. Nonostante i nostri non siano stati di
certo i primi a compiere questo sfibrante lavoro, la personalità messa in mostra
dai Deathspell Omega è più unica che rara.

Fas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum è un album che vive su
contrapposizioni di elementi per loro stessa natura agli antipodi, come caos e
quiete, che come mai prima d’ora, a mio avviso, erano stati così ben amalgamati,
sferzando schegge di violenza assurde e annichilenti e distillando attimi
riflessivi, inquietanti, susseguendosi senza un particolare ordine, traendo
forza e significato vicendevolmente. Dove finisce uno, inizia l’altro, in un
gioco di suoni e visioni che prendono corpo col passare dei minuti, che
acquistano spessore quasi esponenzialmente, con sfuriate sempre più devastanti e
sprazzi di quiete sempre più profondi, dal silenzio di The Shrine of Mad
Laughter
alla commozione di A Chore for the Lost, ad esempio. Il tutto in un rituale ciclico
che ci viene sottolineato anche dall’artwork -splendido- e dalla disposizione della
tracklist, una danza che tende ad avvicinare sempre più questi elementi
contrastanti, fino a farli combaciare in modo sublime.

Un disco molto difficile da assimilare, quasi fastidioso durante i primi
ascolti, confusi da questa alternanza di frangenti quasi senza senso, dal
riffing così contorto, imprevedibile e dissonante, che sembra non arrivare mai
al dunque, ammutoliti dalla prestazione incredibile del batterista (di cui non
si conosce il nome), così veloce e frenetico da sembrarci caotico e precisissimo
al tempo stesso, con un minutaggio che può sembrare abbastanza scarso, “appena”
quarantasei minuti, e con soli quattro brani veri e propri a disposizione, anche
se definire solo come intro e outro le due Obombration, sarebbe troppo
semplicistico. Trovarsi di fronte a Fas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum è
come osservare un monumentale quadro da una distanza troppo ravvicinata.
Dapprima si colgono solo le vigorose pennellate, la mano sicura dell’artista che
compie evoluzioni di forme e colori, senza però scorgere alcunché dell’insieme.
Allora ci si allontana, il campo visivo si allarga, e cominciano a
formarsi i primi elementi dell’opera, la raffigurazione comincia ad avere un
senso. Manca ancora la visione globale, quindi ci si allontana sempre più per
poter ammirare il quadro nella sua interezza. Così è questo album e così, a mio
avviso, ci si deve approcciare. Una continua scoperta, ascolto dopo ascolto, di
elementi che sembrava inizialmente nascosti, e che invece vengono dissipati all’interno del
disco con molta intelligenza, come rumori in sottofondo, canti gregoriani, urla,
rintocchi di pianoforte e corde pizzicate con leggerezza, la percezione di un
filo comune che collega tutti quei riff così slegati dal contesto del brano,
passando da ritmi frenetici a break marziali e sinistri,
senza contare il significato teologico degli anatemi declamati da Mikko Aspa,
con uno stile vocale rauco particolarmente efficace. La forza di un un disco del
genere, è che per quanti ascolti gli potrete dedicare, non riuscirete mai a
stabilire a quale distanza vi dovrete spingere per poter abbracciare in modo
definitivo il significato globale che i nostri hanno voluto racchiudere in
Fas –
Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum
, rendendo ogni passaggio nel vostro
lettore un’esperienza unica.

Un disco strabiliante, che unisce avanguardia e forza primordiale del black
metal, elevandolo a capolavoro dei giorni nostri, e a classico nei giorni a
venire, e non è la prima volta che accade per la band francese. I “nani” si
stanno trasformando in giganti…

Stefano Risso

Tracklist:

  1. Obombration
  2. The Shrine of Mad Laughter
  3. Bread of Bitterness
  4. The Repellent Scars of Abandon and Election
  5. A Chore for the Lost
  6. Obombration

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