Recensione: Feel The Anger

Di Stefano Burini - 26 Agosto 2012 - 0:00
Feel The Anger
Band: Runover
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Il gruppo toscano composto da Marco Biagioli alla voce, Andrea Vitelli alla chitarra, Igor Giuliani al basso e Alberto Marzano alla batteria, si era già fatto apprezzare nel 2010 con un acclamato demo autoprodotto dal titolo “Rage, Pain, Fear” e torna alla carica a distanza di due anni con il primo album ufficiale, dal titolo “Feel The Anger”, pubblicato sotto l’egida della War Nerve Records.

Basta leggere il nome della casa discografica e far partire le prime note di “Don’t Shut Your Eyes” per respirare immediatamente un feeling panteresco degno dei tempi d’oro del combo di Arlington, nonostante le cadenze, più vicine a quelle di un hard rock pieno e tirato che a quelle del groove metal. Merito di suoni densi e cupi e della straordinaria prestazione di Marco Biagioli, sulla scia del miglior Phil Anselmo, quello dei primi anni 90 (ma con qualche sfumatura del periodo Down/”The Great Southern Trendkill”), e tutto sommato confrontabile per grinta all’inossidabile GL Perotti degli Extrema, come pure, per versatilità a Paolo Colavolpe dei Destrage.

Difficile estrarre degli highlight, la scaletta è tutta di elevata qualità e anche piuttosto compatta dal punto di vista stilistico; dovendo per forza indicare dei punti di spicco, musicale ed emozionale, probabilmente emergono dal mucchio l’opener “Don’t Shut Your Eyes” esplosiva e diretta, la successiva “On Your Knees”, dal refrain travolgente ed indovinatissimo, e soprattutto i due lenti.  “Memory’s Gone” e la crepuscolare “Under The Stone”, si rivelano entrambe degne discendenti tanto delle “Suicide Notes” contenute su “The Great Southern Trendkill” quanto del verbo dei Down; in esse, più che il groove, affiorano prepotentemente lo sludge e un flavour blues marcio ed oscuro in grado di fare realmente la differenza e donare varietà ad un album altrimenti fin troppo monolitico.

“My Rust” ha la furia cieca dei Pantera di metà anni ’90, “Evolution” forse la miglior performance vocale di tutto l’album; “Nowhere” e “Die On Stage” tengono alto il ritmo senza troppe sorprese in attesa della citata “Under The Stone” e di un gran finale di nuovo dominato dalla violenza allo stato brado di “Overrun” e, in misura ancora maggiore, della dinamica “Your Decision”.

Il lavoro di Andrea Vitelli alle chitarre è encomiabile, la quantità di riff macinati è davvero ragguardevole e la sua sei corde riempie con gusto e perizia ogni secondo dell’album pur senza mai strafare, con il suo stile decisamente moderno, in alcuni frangenti non troppo distante da quello di alcune band thrash/metalcore sulle strofe, quanto di ispirazione maggiormente Zakk Wylde-oriented in fase solistica.  E il tutto non potrebbe funzionare alla grande senza l’apporto di una sezione ritmica che, pur non proponendo numeri tecnici di livello assoluto (ma nemmeno interessa che lo faccia), si dimostra precisa e adeguata nel sostenere il lavoro in prima linea di chitarra e voce. I suoni sono curati, il packaging è molto professionale e nelle dieci canzoni che compongono la tracklist, tutte fortemente caratterizzate e legate da un filo conduttore ben preciso ed identificato, non vi è traccia alcuna di un qualsivoglia riempitivo: che altro volere di più?

Stefano Burini

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Tracklist

01. Don’t Shut Your Eyes

02. On Your Knees

03. My Rust

04. Memory’s Gone

05. Evolution

06. Nowhere

07. Die On Stage

08. Under The Stone

09. Overrun

10. Your Decision

 

Line Up

Marco Biagioli:   Voce 

Andrea Vitelli:   Chitarra

Igor Giuliani:   Basso

Alberto Marzano:   Batteria

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