Recensione: Fifty Years Later

Di Francesco Sgrò - 16 Gennaio 2013 - 0:00
Fifty Years Later
Band: Asylum Pyre
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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74

Dopo aver sostituito Carole Alcantara con Chaos Heidi alla voce, gli Asylum Pyre, formatisi in Francia nell’ormai lontano 2003, arrivano al traguardo del secondo album pubblicando sotto l’ala protettiva della Massacre Records, questo “Fifty Years Later“, uscito sul finire del 2012.
Il sound degli Asylum Pyre si assesta su di un power metal potente e molto melodico, nel quale a farla da padrone sono le splendide melodie vocali, create dall’ugola della brava vocalist.
La ricetta è completata da un suggestivo tappeto tastierisco e da massicci Riff chitarristici, che riescono a bilanciare in ogni canzone la giusta dose di potenza mista alla melodia, per un risultato finale notevole e di buon livello.

Dopo la classica ed immancabile intro acustica intitolata “Will You Believe Me?“, nella quale chiarra, pianoforte e voce si integrano perfettamente dando vita ad una performance intensa e ricca di pathos, il combo francese rompe ogni indugio con la luminosa “Dead In Copenhagen“, canzone letteralmente dominata dalla voce della vocalist, le cui melodie nel corso del brano sembrano quasi ricordare lo stile degli americani Virgin Steele, in una soluzione epica ed entusiasmante.
Sulle medesime coordinate si muove anche la seguente “The Frozen Will“, mantenendo il livello dell’opera su livelli elevati grazie soprattutto all’ottimo ritornello, molto piacevole ed orecchiabile.
Bella anche la cadenzata “These Trees“, con ancora una volta in primo piano la piacevole melodia vocale condotta in modo esemplare dalla bravissima Chaos Heidi che – alla sua prima prova con il gruppo – si rivela subito quale elemento fondamentale nel sound degli Asylum Pyre.

L’album prosegue ancora su livelli degni di nota grazie alle belle “The Herd“ e “Fishermans Day“, quest’ultima, interessante ballad acustica ancora dal vago sapore Virgin Steele, in cui le voci della singer e del chitarrista Johann Cadot, si amalgamano alla perfezione in un duetto assolutamente riuscito.
Convincente risulta essere pure la successiva “Against The Sand”, anch’essa da segnalare soprattutto per il coro molto melodico e piacevole e soprattutto per un breve inserto strumentale di pregevole fattura.

Non è però tutto oro quello che luccica e nemmeno quello che si può ascoltare in “Fifty Years Later“: la lunga “Any Hypothesis“, infatti, pur contenendo alcuni riff chitarristici notevoli e soprattutto, un ritornello azzeccato e vincente, risulta essere nel suo sviluppo, noiosa e non all’altezza del materiale precedentemente ascoltato.
Medesima critica, può essere attribuita anche alla seguente  “Just Before The Silence“: due canzoni in cui il giovane quintetto sembra aver perso la giusta ispirazione.

Tuttavia, dopo qualche incertezza, ecco arrivare una ventata di aria fresca rigenerante, grazie alla splendida title track, perfetta ballad semi acustica, caratterizzata da un ottimo lavoro di chitarra e dalla consueta grande prova della splendida cantante, che conclude in modo superbo un secondo album tutto sommato riuscito ed a tratti esaltante, pur se macchiato da qualche minima caduta di tono.

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Tracklist:

01. Will You Believe Me?
02. Dead In Copenhagen
03. The Frozen Will
04. These Trees
05. The Herd
06. Fisherman’s Day
07. Against The Sand
08. Any Hypothesis
09. Just Before The Silence
10. Fifty Years Later

Line Up:

Chaos Heidi – Voce
Julien Peuch – Basso
Hervé Schiltz – Chitarra
Johann Cadot – Chitarra, voce
Tony Decaillon – Tastiera

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