Recensione: Finer Than Sin

Di Manuel Gregorin - 21 Novembre 2022 - 0:01
Finer Than Sin
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Hard Rock 
Anno: 2022
Nazione:
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71

Gli Enuff Z’Nuff non sembrano persone abituate a preoccuparsi più di tanto. Sarà per quello stemma della pace da sempre presente nel loro logo, ma me li sono sempre immaginati con un’attitudine molto hippie, senza affannarsi troppo dietro al mondo che li circonda.
E per fare una citazione alla Raffaellona nazionale, se il mondo dovesse cascare loro si sposterebbero un po’ più in là. Anche la loro musica pare rispecchiare quest’atteggiamento. Già dal loro esordio del 89, pur venendo catalogati come hair metal-glam un po’ si differenziavano dagli altri gruppi del suddetto genere: già allora, infatti, il loro stile musicale includeva sapori e melodie hard rock sapientemente miscelate con beat anni 60, psichedelia e glam anni 70. Ed anche quando il grunge si è prepotentemente preso la leadership della scena musicale, pareva che loro non se ne fossero neanche accorti. Colorati come un fruit cocktail ad una festa di carnevale hanno continuato a proporre la loro musica spensierata. Il tutto senza curarsi della corrente alternative che li circondava di quel periodo.
Gli anni sono poi passati, le mode avvicendate ma loro sono ancora qua, nonostante le difficoltà e le varie peripezie. E sempre con quell’atteggiamento da moderni figli dei fiori.

Ed ecco quindi arrivare il nuovo disco Finer Than Sin, nuovamente edito da Frontiers. Il sedicesimo capitolo in studio nonché il quarto che vede il bassista fondatore Chip Z’Nuff occuparsi anche delle parti vocali dopo l’abbandono nel 2016 dello storico cantante Donnie Vie. La formazione viene poi completata da Tory Stoffregen e Tony Fennell alle chitarre e dal batterista Dan Hill.

Verrebbe da dire che per Finer Than Sin gli Enuff Z’Nuff hanno deciso di percorrere una strada artistica simile a quella degli Iron Maiden. No, non fraintendetemi, che su questo lavoro di certo non troverete briose cavalcate, chitarre armonizzate o lunghe suite epiche. Semplicemente come i Maiden nei loro ultimi lavori hanno riscoperto le loro radici hard rock e prog anni 70, allo stesso modo con Finer Than Sin gli Z’Nuff accentuano le loro influenze rock e psichedeliche tipiche delle decadi 60/70.

Si parte con Sound Check, uno scoppiettante brano strumentale di meno di tre minuti che, come suggerisce il titolo, sembra proprio messo lì per testare il volume degli strumenti e riscaldare l’ ambiente prima di iniziare. Passiamo così a Catastrophe, un rock d’annata dalle marcate atmosfere lisergiche, le stesse che troviamo anche nel video promozionale dall’ambientazione molto freak.  Steal The Light è un pezzo più ritmato sempre con sfumature psichedeliche anni 60 protagoniste. Se il precedente album di cover, Hard Rock Nite, non fosse bastato a far intuire la loro ammirazione per i Beatles, gli Enuff Z’Nuff ribadiscono il concetto anche in questo nuovo lavoro.  Quasi a voler proporre una loro versione personale di album come Sgt Pepper o Revolver. Ne sono un esempio pezzi come Intoxicated, un tempo medio fortemente influenzato dai fab four. Oppure la lenta Hurricane , sempre con l’ombra degli scarafaggi di Liverpool riflessa addosso.

Facciamo invece un balzo di una decina di anni con Lost And Out Of Control, una canzone più ritmata dall’andamento molto debitore al garage rock dei seventies. Anni 70 omaggiati anche con Temporarily Disconnected,  un divertente hard rock dove si mescolano i soliti Beatles con gli Sweet, il tutto in una salsa glam rock. Ancora atmosfere beat anni 60 però unite con sonorità indie nel rock moderato di Trampoline. A questo punto per sorprendere tutti, gli Enuff Z’Nuff passano dalle camicie a fiori alle creste e giubbotti in pelle con una cover di God Save The Queen dei Sex Pistols. Una variazione con cui portano un po’ di sfrontatezza punk della Londra del 77 in mezzo ai fiori delle strade di San Francisco del 68.
Infine  la strumentale Reprise che altro non è che la ripresa appunto dell’iniziale Sound Check. Un rock n’ roll su cui Stoffregen e Fennell sbizzarriscono il loro ego chitarristico lanciandosi in una serie di assoli. Quasi a voler puntualizzare che se tutto l’album presenta assoli semplici e scarni non era certo perché i due musicisti non li sappiano suonare.

Un lavoro Finer Than Sin, come già altri album più recenti degli Enuff Z’Nuff, che si rifà molto agli anni 60/70. Non che questo debba sorprendere particolarmente: la formazione dell’Illinois fin dai suoi esordi non ha mai nascosto la propria simpatia per i suoni e colori dell’epoca flower power.

Un disco comunque genuino e spontaneo. Magari a qualcuno potrà risultare un po’ out of date, ma sicuramente rispecchia al meglio la vena creativa degli Z’Nuff. Certo il disco non dice granché di nuovo e non manca di qualche piccola sbavatura. Una di queste è magari la prova vocale del bassista Chip Z’Nuff che non convince pienamente. Indubbiamente sostituire un componente storico come Donnie Vie era un’impresa ardua. Per cui senza stravolgere l’immagine della band con un nuovo frontman meglio affidare le parti vocali ad un volto familiare ai fans. L’idea non è neanche sbagliata, e Chip Z’Nuff non se la cava nemmeno male. Il problema sta nella sua ostinatezza a cantare per tutto il disco con uno stile un po’ afono e monocorde. Scelta sicuramente dettata dalla volontà di dare un’interpretazione in linea con le sonorità vintage che si vogliono omaggiare con questa nuova fatica.
E sinceramente pur riuscendo nell’intento, è altrettanto vero che alla lunga tende ad emergere un certo senso di monotonia. Forse variare, sfoderando un cantato un po’ più aggressivo (come quello proposto nella cover dei Sex Pistols) avrebbe dato un po’ più di colore all’album e non avrebbe intaccato quell’atmosfera hippie che ci si era prefissati di trasmettere.

Nonostante tutto un buon disco, sicuramente coerente con lo stile della band. Anche se imperfetto non importa: si può provare a fare meglio la prossima volta.
Tanto, come dicevamo, Chip Z’Nuff e soci non sono mai stati abituati a preoccuparsi più di tanto.
E di certo non cominceranno a farlo adesso.

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