Recensione: Frozen Shores

Di Daniele D'Adamo - 25 Maggio 2011 - 0:00
Frozen Shores
Band: Tremors
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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69

I Tremors, poderoso combo teutonico, fanno, per loro stessa affermazione, ‘atmospheric death-rock-metal’ (sic!); cioè un guazzabuglio di generi per definire più semplicemente l’inserimento stabile, nella matrice death, delle tastiere.

Pochi anni fa, questo fatto avrebbe fatto gridare allo scandalo i puristi del genere. Ora, invece, la sperimentazione contamina quasi tutto il metal, per cui si può serenamente affrontare un album come “Frozen Shores”, ove la potenza esorbitante tipica del death metal trova un nuovo elemento di arricchimento nelle linee, prettamente atmosferiche, tracciate dalle keyboard. Impegnate, in questo caso, a materializzare gli incubi insiti nei racconti horror di Howard Phillips Lovecraft e di Edgar Allan Poe; autori cui si sono ispirati i Nostri per i temi del disco.

Il sestetto di Singen non si può certo dire che sia di ‘primo pelo’. Sulla scena da diciassette anni, ha dato alle stampe due EP (“Forlorn Souls”, 1999 e “KLYST”, 2006), un singolo LP (“Eternal Question”, 2004), due full-length (“Recurrent Creation” (2002) e “Frozen Shores”, appunto); con ciò arricchendosi di una notevole esperienza tecnico/artistica, supportata da un inevitabile retroterra culturale di ampie dimensioni.

E questo, infatti, si sente molto bene, in “Frozen Shores”. Album dal sound maturo e completo, ben amalgamato nelle sue caratteristiche primigenie: rabbia devastatrice e spiccata melodiosità. Una melodia per nulla sdolcinata oppure orecchiabile ma, invece, consistente in una serie di armonizzazioni atte a creare, come da definizione, l’atmosfera attorno al massiccio nucleo death cui è fondata la musica dei Tremors. A proposito di tale centro di gravità spicca la parte *-core del – in questo caso – death. Quindi, si ha a che fare con un suono notevolmente spostato verso le frequenze vicine ai venti hertz, eretto su granitici riff prodotti da accordature ribassate e assestato su mid-tempo pestati e decisi, anche se non manca qualche accelerazione bilanciata da alcuni, azzeccati, stop’n’go.

Il gelo che traspare dall’artwork è materializzato, nelle varie canzoni, mediante una modesta, se paragonata a quella operata dai Fear Factory, meccanizzazione della musica. Interrotta, però, da improvvise aperture melodiche – gradevoli ma non catchy, come già evidenziato – come accade nell’opener “Voice | Seven | Suns”, per esempio. Christian Scherer, infatti, nuota spesso sulle onde che trasmettono il suono delle frequenze più basse, con un growling quasi ‘impossibile’ (“Graveyard For My Friends”, “My Darkest Hour”). I momenti in cui la band riesce a essere efficace al 100% riguardo all’uso della potenza sono quelli in cui il ritmo s’incattivisce su dei mid-tempo tanto semplici quanto micidiali come dimostrano le trascinanti “Come Undone” e “Ash”.
Il mood dimesso, spostato verso la parte più malinconica della personalità umana, è una delle costanti di “Frozen Shores”. Quest’umore impedisce di vedere il sole, tenendo la testa di chi ascolta immersa nella gelida nebbia; stato primario dell’atmosfera che avvolge il sound dei Tremors (“Frozen Shores”, è anche vicina, come clima, al black sinfonico). Il richiamo ai Fear Factory e alle relative, incredibili ambientazioni cyber-death diventa irresistibile in “Re-Ani-Mate”, brano agghiacciante che, forse, si avvicina di più a ciò che intendono comporre Scherer e compagni. Migliore episodio del CD quanto a visionarietà, comunque. Interessante anche “The Procession”, brano segnato da un incedere a volte rapido che farebbe pensare a un’irresistibile voglia di fuggire dalle sterminate distese ghiacciate immaginate dal combo del Baden-Württemberg. Una sensazione di fuga tangibile anche nella seguente “Return & Unify”. La lenta e monumentale “Down” (top song del disco in assoluto, a parer mio) fuga però ogni speranza: è impossibile fuggire dal Mondo attuale, imprigionato dalle emozioni umane ormai raggelatesi. Circostanza, questa, confermata dal tono cupo e angosciante di “Grey”. La cover di “Perfect Strangers” dei Deep Purple, infine, chiude il tutto. Sebbene appaia del tutto fuori luogo in un lavoro come “Frozen Shores”, potrebbe avere invece un significato per nulla scontato: l’estraneità dell’Uomo dalla Terra.

A ogni modo, interpretazioni poetiche a parte, “Frozen Shores” è un’opera maledettamente dura e consistente, nel suo monolitico approccio alla musica. Ai Tremors non manca nulla per fare una buona figura, e così accade. Non c’è, invece, granché di originale o innovativo che possa fare attirare con decisione l’attenzione sul loro elaborato artistico. Con che, stringendo i conti, “Frozen Shores” merita una più che abbondante sufficienza senza però superare la barriera di un sound, alla fine, un po’ anonimo.
Grigio, appunto.  
   
Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Voice | Seven | Suns 4:48
2. Graveyard For My Friends 4:56
3. My Darkest Hour 4:20
4. Come Undone 4:44
5. Ash 4:27
6. Frozen Shores 6:01
7. Re-Ani-Mate 3:39
8. The Procession 3:57
9. Return & Unify 4:37
10. Down 5:49
11. Grey 4:05
12. Perfect Strangers (Deep Purple cover) 4:28                  

All tracks 56 min. ca.

Line-up:
Christian Scherer – Vocals
Sascha Isenmann – Guitar
Florian Kugler – Guitar
Florin Hartdegen – Bass
Markus Graeble – Keyboard
Marc Weber – Drums
 

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