Recensione: Galileo

Di Alessandro Marcellan - 12 Ottobre 2007 - 0:00
Galileo
Band: Time Machine
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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88

SINOPSI
Il 22 giugno 1633 il Tribunale della Santa Inquisizione in Roma emetteva la sentenza di condanna per eresia a carico di Galileo Galilei. L’uomo, ormai vecchio di 70 anni, subiva l’umiliante disconoscimento di una vita di studio e di sensazionali scoperte. Condannando Galileo, la società di allora condannava la libertà di intelletto, il progresso umanistico,la non accettazione passiva di limiti mistico-filosofici, e soprattutto condannava il valore superiore dell’individualità.

E’ il 1995 quando Lorenzo Dehò, bassista nonché leader fondatore dei Time Machine (e mastermind della Lucretia Records), partorisce l’idea di mettere in musica un concept-album ripercorrente i momenti cruciali che hanno contrassegnato, nel XVII secolo, il processo che ha coinvolto Galileo Galilei dinnanzi all’Inquisizione, facendone risaltare i risvolti psicologici e le sfaccettature critiche verso società e religione dell’epoca (ma non senza riferimenti ai giorni nostri).

 

Ma prima di affrontare le tematiche del concept, facciamo un necessario passo indietro…

 

INQUADRAMENTO STORICO DEL DISCO
Nella prima metà degli anni’90, dopo il boom del progressive-metal d’oltreoceano, anche in Italia iniziava lentamente a fiorire una scena nazionale, grazie a band di valore come Black Jester, Eldritch, Evil Wings, e i milanesi Time Machine. Furono proprio questi ultimi, che avevano esordito con un EP nel 1993 (Project: Time Scanning”), a guadagnarsi per primi -2 anni dopo- l’attenzione degli addetti ai lavori all’estero, grazie a quello che tuttora è da molti considerato un vero caposaldo italiano del genere: “Act II: Galileo”. Il seme era stato gettato: i Time Machine, precursori, avevano appena esportato il prog-metal italiano a livello internazionale.

 

IL SOUND
“Galileo” è un disco non semplice, che fa ricorso a una struttura in capitoli suddivisi in più tracce, con interludi e parti talvolta teatrali, per un suono difficilmente catalogabile o accostabile ad altre band. Le sue partiture sono complesse, ma siamo lontani dal prog-metal classico, quello virtuoso con lunghe parti strumentali o soliste di scuola Dream Theater; c’è piuttosto una base di partenza comune col techno-metal di fine anni’80 (Queensryche, in primis, e poi Fates Warning), ma qui il sound è meno agevole da assimilare, e la band riesce a personalizzarsi ricorrendo a frequenti ambientazioni epico-gotiche (nel senso “mistico” o se vogliamo sabbathiano del termine, non in quello modernista del depressive-rock/metal con voce femminile…) e alle atmosfere decadenti della new-wave italiana anni’80 o di certe band della scena progressiva nazionale degli anni’70.

 

IL CONCEPT: GALILEO

I – UN NUOVO MONDO

 “…Ti condanniamo al carcere formale in questo Sant’Uffizio ad arbitrio nostro…riservando a noi la facoltà di moderare, mutare, o levar in tutto o in parte…le pene e penitenze. Et così diciamo, pronuntiamo, sentenziamo, dichiariamo, ordiniamo…”.

Un brusìo di sottofondo viene bruscamente interrotto dal martelletto del Giudice Inquisitore. Il concept inizia laddove finisce: la lettura della sentenza di condanna a Galileo, pronunciata a Roma il 22 giugno del 1633 (“New frontiers”).

Solo un minuto, e la sceneggiatura si sposta indietro di un anno per entrare nel vivo dell’album. Riffs in controtempo, basso in gran evidenza, tastiere ottantiane, una batteria ben disposta ai cambi ritmici (notevoli in particolare i riverberi e le lontane chitarre acustiche d’accompagnamento nella sezione centrale rallentata): sono gli ingredienti base di un brano che ci presenta il Galileo astronomo, perfezionatore del telescopio e primo ad utilizzarlo per l’osservazione dell’universo. Un “Nuovo Mondo” ripudiato dalla Chiesa di allora, che accusa lo scienziato di attentare alle consolidate concezioni geocentriche, ritenendo eretica la sua adesione e il sostegno alle teorie copernicane che ponevano il Sole al centro dell’Universo: perfettamente a suo agio, in questa narrazione, la voce pulita ed espressiva di Folco Orlandini, impegnata su linee melodiche non sempre immediate, talvolta sofferenti (la delusione di Galileo: “a thousand dreams now fade…”), ma che hanno sbocco nella bellezza liberatoria del metaforico ritornello (“Give me a new day of wisdom and faith, make my stars always shine…”). Galileo viene chiamato a comparire di fronte all’Inquisizione il 28 settembre 1632 (“Stargazer”).

 

II – COLPA

Il 2° capitolo inizia la sezione del concept dedicata ai risvolti psicologici che hanno accompagnato Galileo dal momento del suo arrivo a Roma, il 13 febbraio 1633, per tutta la durata del processo: rabbia, rimpianto, paura, rassegnazione, orgoglio.

La rabbia dello scienziato è messa in scena da 23” di chitarra distorta (“Rage”), che fungono da introduzione per uno dei pezzi più intensi e potenti del disco. Un oscuro e incalzante tema di pianoforte, riecheggiante i Goblin, si dilunga fino all’ingresso della sezione ritmica e di più rassicuranti tastiere, laddove il brano comincia a scorrere fra melodie condotte in armonia da voce e chitarra, verso binari neo-prog sinfonici, brevi sfuriate speed-power, inserti di organo,rimandi al metal anni’80, con la rabbia iniziale che fa poi spazio alla consapevolezza e all’affermazione forte delle capacità dello scienziato (“I’m the chosen one”): l’individualità soffocata (“I hold the key”).

 

III – RIMPIANTI

La rabbia e l’orgoglio fanno ben presto posto alla rassegnazione di un uomo anziano e malato, costretto per due mesi presso l’ambasciata toscana a Roma senza ancora notizie sulle dissertazioni degli Inquisitori: fra lenti arpeggi di basso a rappresentare i mesti pensieri notturni (“Colours of the night”) e le lacrime dello scienziato (“Let me cry”), un pensiero rivolto alla madre e ad un’infanzia piena di sogni che stanno svanendo, sottolineato da malinconici archi e dal cantato sommesso di Orlandini (“Mother”).

 

IV – Il SANTO UFFIZIO

Il concept presenta qui l’Inquisitore, fra soffi di fiamme (la “giustizia” dell’Inquisizione è la condanna al rogo per gli eretici) e mormorii di canti gregoriani (“Justice”), che poi ritroviamo ad intrecciarsi nei ritmi marziali della successiva traccia strumentale, assieme a riffs austeri ed effetti elettronici ben amalgamati fra loro (“Fear”).

L’ultima traccia del terzetto è forse la più dura e chitarristica del disco, e dopo un inizio nuovamente intriso di atmosfere gotiche, passa dalle parti dei Queensryche di “Rage for Order”, muovendo nel frattempo una severa condanna alle contraddizioni di una religione che uccideva in nome del suo “credo” (“does religion kill?”), con un inevitabile sguardo ai nostri tempi (e il testo non manca di riferimenti ironici: “I don’t deserve forgiving for my sins…they’re all clever intellectuals…”). (“Burning in the wind”)

 

V/VI/VII – IL VECCHIO MONDO – UN INCUBO – VISIONI NOTTURNE

“Aperite!”. Un ritmo percussivo (emulo della “Anarchy-X” di Mindcrime) conduce Galileo per la prima volta di fronte all’Inquisitore, simbolo del vecchio mondo in antitesi al progresso scientifico. E’ il 12 aprile 1633, e lo scienziato fino alla fine del processo sarà costretto a dormire nelle celle del Palazzo: le notti sono tormentate da incubi, rappresentati in un brano strumentale che si caratterizza per i suoi mutevoli umori, dai momenti più oscuri e rilassati di certe fasi sinfonico-gotiche, a quelli new-wave che richiamano anche i primissimi Litfiba, fino alle parti più aggressive, con chitarre spesso abbinate in sede di assolo, un basso onnipresente e una batteria per brevi tratti in doppia cassa (“Dungeons of the Vatican”).

Alla vigilia della sentenza, gli incubi notturni sfociano, fra un pianoforte arpeggiato e i riverberi liturgici di Orlandini, nella visione del Divino. Il dialogo con Dio, in un altro brano ricco di sfumature, cambi, accelerazioni, passaggi vocali/corali sull’esempio degli Yes, rafforza la fede di Galileo (che era in effetti credente) ma anche la sua sfiducia verso l’istituzione religiosa (“don’t expect to see me up here, you will find me in your heart…to believe in me, fisrt believe in yourself”) rafforzando al contempo le sue convinzioni scientifiche (“the Inquisition won’t bend me, I surely wont deny my ideas”). (“Cold flames of faith” – “Suspicions”).

 

VIII – IL PROCESSO

Roma, 22 giugno 1633. Note elettroniche su crescente base synth-gothic delineano pomposamente l’apertura della seduta nel giorno della sentenza. Il riffing di chitarra e basso si fa presto più movimentato e va in contrapposizione con le gradevoli melodie del refrain, mentre dei repentini controcori riproducono l’incalzare dei “collari bianchi” dell’accusa, rivolti all’imputato per le sue idee “blasfeme” (“stop him! kill him!…the imputation’s herest…satanic doctrin!”). Atmosfere e ritmi solenni tornano per accompagnare la chitarra protagonista di un brillante assolo, e nel finale è il solo di tastiera a vivacizzare ulteriormente il brano (“White collars”).

Ma toni remissivi sono quelli che conducono alla pronuncia della sentenza…Uno struggente sassofono, un arpeggio di chitarra e la voce malinconica di Orlandini su tappeto di tastiere accompagnano Galileo alla condanna e all’obbligo di “abiura”, con dichiarazione di pentimento e promessa di abbandonare gli studi scientifici mirati a quanto professato: il lento arpeggio che segue marchia la temuta fine del sogno di scoprire “Nuovi Mondi” (“Prisoner of dreams” – “Black rose”).

 

“…Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo (…) ti sei reso a questo Santo Offizio veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo…”.

 

IX – DOLORE

Pianoforte e voce, mestamente, nel segno della parte che Galileo maggiormente deplora della sentenza: la tristezza per la promessa “rubata” con l’abiura (“I can’t smile”).

Ma “la luce dell’eterna saggezza splenderà per sempre”: il carcere viene mutato in una sorta di esilio, verso cui si dirigono i passi stanchi dello scienziato (“Silent cry”), il quale prima di morire nel suo “continuato carcere ed esilio” riuscirà a portare a termine il suo ultimo capolavoro, creando le fondamenta scientifiche della dinamica moderna.

 

Questo è “Act II – Galileo”: un piccolo classico del progressive-metal italiano.

 

 

Alessandro Marcellan“poeta73”

 

 

Tracklist:

I: A New World

       1.New Frontiers 01:18

       2.  Stargazer 05:16

II: Guilt

       3.  Rage (instrumental) 00:25     

       4.  I Hold The Key (Into The Void) 06:29

III: Regrets

       5.  Colours Of The Night (instrumental) 01:07    

       6.  Mother 01:01

       7.  Let Me Cry (instrumental) 00:54

IV: The Holy Office

       8.  Justice (instrumental) 00:30  

       9.  Fear (instrumental) 02:33      

      10.Burning In The Wind    03:39

V: The Old World

      11.Aperite! (instrumental) 00:44

VI: A Nightmare

      12.Dungeons Of The Vatican (instrumental) 05:00

VII: Nightly Visions

      13.Cold Flames Of Faith    07:56

      14.Suspicions (instrumental) 00:22

VIII: The Trial

      15.White Collars   05:40

      16.Prisoner Of Dreams (Condemned) 05:04

      17.Black Rose (instrumental) 01:04

IX: Pain

      18.I Can’t Smile 02:48

      19.Silent Cry (instrumental) 00:20

 

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