Recensione: Ghost in the Ruins

Di Alessandro Zaccarini - 27 Settembre 2005 - 0:00
Ghost in the Ruins
Band: Savatage
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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95

A Christopher Michael Oliva, con immenso rispetto e infinita ammirazione.

One more night to believe and then
Another note for my requiem
A memory to carry on

17 ottobre 1993. Criss e la moglie Dawn sono diretti al Livestock Music Festival in Florida. Un ubriaco irrompe nella loro carreggiata e si scontra con la loro vettura. Criss muore sul colpo, aveva 30anni.

Il danno che la scomparsa di Criss ha portato alla musica è enorme, ma pochi nel mondo dell’hard’n’heavy sembrano accorgersene, troppo impegnati a divinizzare altre scomparse più celebri, strumentalizzate e spettacolarizzate. Ma l’axeman dei Savatage non ha bisogno di niente che non sia la sua chitarra e la sua musica per affondare, nel petto di chi ha saputo capirlo e apprezzarlo, le spine di quella rosa rossa tanto cara ai fan dei Savatage. E più si impara ad amare il chitarrista americano, e più quelle spine vanno a fondo, lacerando il cuore di chi ha dedicato la sua passione e la sua devozione alla classe di un chitarrista immenso.

Per onorarne la memoria, i Savatage pubblicano nel 1995 un live dal titolo Ghost In The Ruins. Il disco raccoglie esibizioni della band in terra statunitense tra il 1987 e il 1990. Sono gli anni d’oro, quelli con Jon Oliva alla voce, Chris Caffery a spalleggiare il mai troppo compianto Criss, Johnny Lee Middleton al basso e Doctor Steve Wacholz dietro le pelli. È la line-up dei sogni di ogni fan dei Savatage che si rispetti, quella che ogni metalhead devota a questa immensa band vorrebbe/dovrebbe aver potuto vedere almeno una volta nella vita. Ma il destino, ahimè, aveva in serbo altri piani.

Così, l’unico modo che oggi abbiamo per assaporare da lontano un riflesso di quello che Criss Oliva sapeva fare con lo strumento, è quello di affidarci a registrazioni d’epoca, in primis questo live. Si parte con l’irruenza della bellissima City Beneath the Surface: una scelta azzeccatissima. Un pezzo che presenta i Savatage in forma splendida e al quale segue un trittico tutto targato Hall Of The Mountain King: 24 Hours Ago, Legions e Strange Wings. Tre gemme dove Jon Oliva aggredisce le linee vocali con una foga e una forma esaltante e dove le chitarre di Criss Oliva e Chris Caffery si intrecciano in maniera sublime, in un tripudio di riff e assoli divinamente concepiti ed eseguiti. In Legions le due asce lasciano una piazza da protagonista anche alle 4 corde di Johnny Lee Middleton, uomo devoto alla causa dei Savatage da oltre 20anni. È giunto il tempo per il buon vecchio Jon di sedersi dietro al piano e sfoggiare tutta la sua classe con una title track strepitosa come Gutter Ballet e una commovente straordinaria When the Crowds Are Gone, impreziosita dalla splendida strumentale Temptation Revelation in aprertura. È il genio dei fratelli che si fonde, veicolato dai loro strumenti, suonati in maniera così calda e intensa da non avere eguali. I Savatage continuano a pescare dal platter del 1989 con Of Rage and War prima di un viaggio nel tempo agli albori della band con una coppia estremamente datata ma eccezionalmente efficace formata dalle fantastiche The Dungeons Are Calling e Sirens. Si torna dunque alla trazione chitarre-voce, ed è una trazione che funziona a meraviglia, nel riffing incalzante ed esaltante della title-track dell’Ep datato 1984 e nell’altrettanto trascinante brano che diede il nome al primo album targato Savatage. Jon Oliva è devastante dietro il microfono ed è il trascinatore di una band che esegue i pezzi con una carica incredibile: tutto è perfetto. Già, Ghost In the Ruins non è solo un testamento di ciò che Criss Oliva sapeva fare, è un susseguirsi di capolavori proposti in maniera impeccabile. Dalle ceneri di Sirens emerge il cupo arpeggio della cadenzata Hounds, su cui ancora una volta i fratelli Oliva sanno guidare una prestazione corale da brividi. In Criss Intro il focus è ovviamente tutto sul chitarrista e il suo splendido assolo, che funge da apripista per l’immortale fantastica Hall of the Mountain King, dove Jon si scatena, trainando tutta a band a una prova spettacolare.

Il live vero e proprio finisce qui, mentre il disco prosegue con Post Script, traccia acustica presa da un sound check del 1990 all’Hollywood Palace, dove Criss suona un arpeggio con estratti di Silk & Steel.

Ghost in the Ruins è un’ora di estasi sonora ed emotiva, un trionfo di classe, attitudine ed estro. Mentre Criss gioca con gli armonici, vi ritroverete catapultati in uno stile unico, intenti ad ammirare un chitarrista che ha il suo elemento distintivo non nella tecnica ma nel sentimento. Resterete rapiti dal suo genio, capirete la sua grandezza e, forse, vi ritroverete con le lacrime agli occhi per il rammarico di ciò che non tornerà. Il suo tocco è magico e inconfondibile, il feeling che ha con i pezzi qualcosa di trascendentale e inspiegabile. Ascoltarlo suonare in questo live è un piacere per l’anima e un’angoscia per il cuore, scrigno vuoto e defraudato di un musicista incredibile. I fan dei Savatage comprendono esattamente cosa significhi questo disco, gli altri spero un giorno lo capiranno.


Tracklist:

01. City Beneath the Surface
02. 24 Hours Ago
03. Legions
04. Strange Wings
05. Gutter Ballet
06. When the Crowds Are Gone
07. Of Rage and War
08. The Dungeons Are Calling
09. Sirens
10. Hounds
11. Criss Intro
12. Hall of the Mountain King
13. Post Script

“Criss era un musicista estremamente devoto. Faceva una cosa per la quale il mio cervello si sarebbe fuso: suonava la chitarra per cinque, sei, sette, otto ore al giorno. Quasi tutti i giorni. Quella era la sua vita, più di qualsiasi altra cosa. Non si è mai interessato della teoria. Ha sempre basato tutto sul suo orecchio e sui suoi sentimenti, era estremamente creativo. Per me era come Mozart. C’era qualcosa di divino in lui.
(Jon Oliva)

Il suo suono così speciale veniva dalle mani, non era importante quale strumentazione usasse. Era perfetto. Non ha mai commesso un errore. Se lo ha fatto lo ha subito mutato in qualcosa di estremamente naturale e suggestivo, e nessuno si è mai accorto di nulla.
(Chris Caffery)

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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