Recensione: Fear
Terzo full-length per questa band portoghese votata al metallo sinfonico. Formatisi a Lisbona nel 2017, hanno debuttato con “Heaven’s Demise” due anni dopo. “Attarghan” è stata la loro seconda produzione, targata 2022. Ora, con precisione svizzera (ancora a tre anni di distanza dalla release precedente) escono con questo “Fear” che, come lascia presagire il titolo stesso, è sì un’opera symphonic metal, ma tutta ispirata alla (e dalla) paura. Tutto il disco, infatti, sembra essere concepito come la colonna sonora di un film horror o, quantomeno, thriller molto intenso. L’atmosfera è carica di pathos e di mistero ma – nello stesso tempo – le strutture musicali sono epiche e pompose. Personalmente, mi ha evocato un thriller ambientato nella decadente Venezia ottocentesca. La voce di Eduarda è assolutamente di livello che sfoggia, ovviamente, una formazione lirica e operistica. La singer della band lusitana non sfigura affatto al confronto con mostri sacri del calibro di Tarja o di Sharon den Adel dei Whitin Temptation o di Melissa Bonny degli Ad Infinitum. Frequenti gli scambi vocali tra voce femminile e maschile, come nel caso della title/opening track in cui figura Fernando Ribeiro dei loro connazionali Moonspell, che finiscono con l’intrecciarsi inestricabilmente alle trame sonore drammatiche. Tutti i pezzi sono altamente suggestivi ed evocativi, impreziositi da sapientissimi inserti di cori dal sapore quasi wagneriano (vedi ad esempio “In debris”). La caratura di questa realizzazione è altissima, molto ispirata ed articolata, pur mantenendo – per tutta la sua durata – un filo conduttore brividoso, che trasmette una costante sensazione di pericolo imminente ed incombente che raggiunge il suo acme in “The cold of dark”. Ma sarebbe quasi un voler trovare il classico pelo nell’uovo, perchè “Fear” è indubbiamente un gran bel disco, avvolgente e tanto interessante quanto godibile. Acquisto e ascolto altamente consigliati. Poi non dite che non siete stati avvertiti…
