Recensione: Godconstruct
Forti di un full-length (“Beyond The Threshold Of Death”, 2008) e di uno split con i Chapel Of Disease (“Chapel Of A Lifeless Cult”, 2012), i tedeschi Lifeless provano a smuovere le torbide acque che permeano l’universo death metal con un nuovo album, “Godconstruct”, giunto dopo quasi due lustri di onorata carriera vissuti nell’underground.
Come molti, tanti compagni d’avventura, i Lifeless manifestano una notevole avversione per tutto ciò che sa di evoluzione, calibrando per ciò il proprio death metal sulle coordinate natie; cioè quelle che, nel primo periodo degli anni ’90, hanno definitivamente disegnato il genere nella sua forma che, oggi, si può definire ‘tradizionale’. In un’epoca ove le contaminazioni sono all’ordine del giorno e in cui il genere stesso si ramifica in parecchie sottofamiglie progressiste, non si può che constatare con sollievo che, malgrado tutto, c’è sempre chi fa dell’ortodossia una precisa scelta artistica. Altrimenti, invero, si correrebbe il rischio di perdere o quantomeno annebbiare la memoria di quanto di buono si è fatto in quegli anni, lasciandosi trasportare dalle folate futuristiche del cyber death metal o, sempre per fare degli esempi, del modern metal. È evidente che un album come “Godconstruct” non contribuirà alla Storia del death metal, essendo così pesantemente derivativo, ma sicuramente non mancherà di alimentare – anche se flebilmente – quel sacro fuoco che, volenti o nolenti, regge l’anima della Storia medesima.
Allora, giù riffoni a gogò, costruiti da Marc e Jan sul flavour ineguagliabile che emana un suono marcio, distorto e corrotto sino al midollo. Un suono che, da solo, materializza come pochi altri lo spirito morboso del death metal, alimentando senza tregua visioni deformate di scenari lugubri e tetri, così ben tratteggiati dal semplice quanto efficace disegno di copertina. A ben vedere, o meglio… ascoltare, il combo teutonico non esagera con il meccanismo involutivo tipico di parecchi act praticanti l’old school ma, al contrario, si attrezza per dar luogo a un sound piuttosto pulito e discernibile. Ricco, pure, di qualche guitar-solo di discreta fattura derivante dalla scuola heavy che, come si sa, non ha mai escluso la melodia dal proprio bagaglio culturale. Non per altro, addirittura, qua e là si possono apprezzare delle pennellate date con le tastiere, comunque mai invasive essendo dedicate ad alimentare l’insana atmosfera del platter invece che ridondare le armonie. Del resto, come si può evincere da brani come la title-track, i Lifeless hanno come obiettivo primario quello di scatenate un impatto sonoro assolutamente travolgente, non esimendosi da raggiungere le alte velocità dei blast-beats. Basandosi parecchio sul groove, i Nostri riescono, pure, a dare colore e calore al loro sound con il cupo rombare del basso di Daniel W. e il drumming veemente e di Daniel L. che, presumibilmente, non sa neppure cosa sia, un trigger. Il buon Marc si cimenta anche con le linee vocali, apparendo in tal contesto meno incisivo rispetto al ruolo di axe-man. Tuttavia, la sua prestazione senza infamia né lode è perfettamente coerente con lo stile della formazione, legando quindi il tutto con robustezza per un risultato scolasticamente ineccepibile.
E qui, allora, che si trova il maggior difetto di “Godconstruct”: la mancanza di contenuti davvero interessanti. Tutto è fatto per bene, nelle dodici tracce che lo compongono, però non c’è quel ‘qualcosa in più’ che attivi il senso del piacere. C’è sì qualcosa che emerge dalla media come “Blindead”, tuttavia, alla fine, fa capolino un po’ di noia. Si può apprezzare l’omogeneità delle ‘timbrature’ che, come sigilli, la band di Dortmund appone su ciascun episodio del platter ma, a lungo andare, non rimane poi così tanto, in testa. La buona qualità dell’insieme cozza, cioè, con un insufficiente sviluppo della singola song, intrappolato com’è in una ragnatela troppo ragionata e poco spontanea; evidentemente irrigidita dal rigore di una profonda fedeltà alla linea.
Azzardando la media aritmetica fra questi due ultimi fattori la sufficienza allora c’è, ma poco di più. Con che, non rimane che consigliare “Godconstruct” ai soli fanatici del genere i quali, in ogni caso, potranno vedere nei Lifeless un vivido riflesso del death metal che fu.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce
01. Praeludium: Endzeit 1:17
02. Godconstruct 5:22
03. Towards Damnation 3:39
04. Moribund 4:19
05. Blood For The Gods 5:38
06. The Truth Concealed 4:43
07. Interludium: Zeitenwende 1:20
08. Seething With Rage 5:22
09. Sworn To Death 3:54
10. Reconquering The Soul 4:00
11. Blindead 5:09
12. Perdition Of The Whore 3:42
Durata 48 min.
Formazione
Marc – Voce/Chitarra
Jan – Chitarra
Daniel W. – Basso
Daniel L. – Batteria