Recensione: Gods of Tomorrow

Di Vito Ruta - 12 Febbraio 2022 - 0:02
Gods of Tomorrow
Band: Victory
Etichetta: AFM Records
Genere: Hard Rock 
Anno: 2021
Nazione:
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76

Dopo dieci anni dal precedente album in studio “Don’t Talk Science”, la iconica band Victory, una delle punte di diamante dello scenario musicale teutonico assieme ad Accept, Helloween e Scorpions, (anche se priva della visibilità internazionale che è toccata in sorte ai suddetti gruppi conterranei), torna a scaldare i cuori degli appassionati di hard rock con l’undicesimo album “Gods of tomorrow”.
Grazie a Herman Frank chitarrista che, nonostante la lunga militanza nelle fila degli Accept, non ha mai abbandonato l’idea di portare avanti la band, i Victory aprono una nuova era della loro avventura quasi quarantennale con una line up nuova di zecca che vede, accanto allo stesso Frank, Gianni Pontillo alla voce, Mike Pesin alla chitarra, Malte Frederik Burkert al basso e Michael Stein alla batteria.

Quello che risulta essere ben più di un rimpasto lascia il dubbio che possa trattarsi di un progetto solista presentato sotto le mentite spoglie della prosecuzione dell’attività di una band divenuta storica.
Sia come sia, quello che conta davvero è la musica e, da questo punto di vista, grinta, energia e capacità di convincere che furono dei Victory, non mancano in gran parte dei brani che compongono il presente set.
Lo svizzero Pontillo, grazie al timbro potente e tagliente, è capace di reggere in maniera più che onorevole il confronto sia con Fernando Garcia sia con Charlie Huhn, che negli anni lo hanno preceduto alla voce. La sezione ritmica, che risulta coesa e solida, non fa una piega. Mestiere e tradizione caratterizzano le parti di chitarra solista che impreziosiscono i pezzi, frutto di un songwriting di buon livello, sebbene non esente da flessioni, che apre maggiormente, rispetto al passato, alla melodia.

Apre le ostilità il riff cadenzato di “Love & Hate” che introduce un pezzo ruffiano ed energico tra AC/DC e ZZ TOP con chorus esaltante.
Alza il ritmo “Gods of tomorrow”, brano con voce e chitarra solista spiritate, che, tuttavia, non rinuncia ad un ritornello catchy, seguita dalla altrettanto efficace “Cut to the bone”.
Abbassa appena le pulsazioni la mid tempo “Dying in Your Arms” che offre atmosfera a piene mani, nonché piacevoli chorus e solo di solido AOR.
Hold on me” ci porta in un clima festaiolo che inebria con reminiscenze hard rock anni ’80.
L’aggressiva “Into the light” conduce a “Mad”, traccia caratterizzata da un riff teso e ossessivo che molla l’ascoltatore solo al sopraggiungere del ritornello.
Undiconditional love”, che non dispiace, vede coesistere gli stili di Whitesnake e Def Leppard.
Le ulteriori “My Own Desire”, “On Fire” , “Rising Force” e “In Rock We Trust”, prese singolarmente, sono robuste tracce hard rock, che, tuttavia, per la collocazione riservata in scaletta e le sonorità troppo omogenee, finiscono per appiattirsi l’un l’altra, producendo un lieve calo di attenzione.
Leave You Alone”, per il tocco originale e fresco e la capacità di suscitare positività, avrebbe, invece, meritato una collocazione più visibile, anziché essere relegata nel ruolo di bonus track.

Tutto sommato un buon ritorno per i Victory che, con “Gods of tomorrow” tentano di dare continuità alla propria proposta musicale, sempre oggetto di aggiustamenti e miglioramenti nel corso della longeva carriera, calando stile e attitudini che li hanno contraddistinti in vesti attuali.
Riusciranno i Victory, che, grazie anche alla capacità di mettere a ferro e fuoco il palco nel corso delle loro esibizioni, sono state in passato osannate divinità del rock, a mantenere vivo il loro culto anche nel futuro?
Beh, solo il tempo potrà dircelo.
Magari tra dieci anni torneremo a essere testimoni di un ulteriore capitolo della storia della band che, a dire dello stesso Frank, è ben lungi dal trovare la definitiva stesura.

 

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