Recensione: Grimoire
Dopo due Ep, ecco un album vero e proprio da parte degli inglesi She Must Burn. Il progetto unisce molti filoni musicali, partendo comunque da una base metalcore ed attingendo poi a tutti i lati più moderni di molti altri filoni estremi.
Parliamo allora di death metal, nella propria accezione appunto più attuale e di citazioni marcate di symphinic black metal. Ci balena così alla mente l’impatto sonoro dei Dimmu Borgir ad esempio, unitamente ad un’espressività vocale a metà tra la nera fiamma degli Anorexia Nervosa e il core.
Strutture che alternano melodia al classico scream del filone appena citato e ad intermezzi di voce femminile. C’è un lato così vagamente gotico negli approcci, pur palesando un amore incondizionato per un sound che, per approcci, ci ricorda molto l’industrial thrash.
Strutturalmente i pezzi sono a tratti prevedibili, nell’alternanza tra rabbia ed armonia soprattutto. I crescendo death, invece, con gli improvvisi stacchi sinfonici, sono il punto a favore di una band che potrebbe stupire anche i più esigenti. In questo marasma di cose, l’unico punto fisso resta il core, e se non amate i compromessi non troverete qui un approdo per le vostre passioni. Ciò che per certi aspetti stona è il sentore di artefatto della produzione dei suoni, connubio di attitudini che può funzionare, ma che troppe volte ha il retrogusto di plastica.
“Grimoire” è comunque un’uscita matura, capace di legare filone diversi, in grado sicuramente di attirare l’attenzione dei più giovani e un’ampia gamma di ascoltatori in generale. Se sapranno andare al di là di certi meccanismi preconfezionati, potrebbero avere le idee e la tecnica per affermarsi nella musica estrema. Non ci spaventa il compromesso, ma il come questo viene attuato, ed i She Must Burn troppe volte non risultano genuini nella loro espressività.
Stefano “Thiess” Santamaria