Recensione: Heal!

Di Daniele D'Adamo - 25 Giugno 2010 - 0:00
Heal!
Band: Disbelief
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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45

Quando è tempo di anniversari, in campo musicale, è bene drizzare le orecchie. La tradizione, infatti, vuole che il festeggiato di turno si cimenti in un’uscita discografica dalla pura connotazione commerciale; senza alcun valore artistico, cioè. Se per gruppi che bazzicano il mainstream il discorso ci può anche stare – data la propensione degli stessi alla vendita – per le band dedite al metal estremo ciò dovrebbe invece avere una valenza più seria e sentita. L’attitudine di chi fa del death la propria bandiera dovrebbe essere, per l’appunto, inversa e quindi lontana da mere operazioni di mercato.

Invece.

Ci cascano in tanti, compresi i tedeschi Disbelief, che festeggiano – si fa per dire – il ventesimo anniversario della loro carriera con il nono studio-album, “Heal!”.
Che i Nostri si fossero infilati in un vicolo cieco per la mancanza di sapersi rinnovare e di riuscire ancora a proporre materiale interessante, si era già capito con il precedente “Procteded Hell” del 2009, molliccio e senza tiro. Con quest’ultimo platter la dose viene rincarata con una quarantina di minuti suddivisi in quattro nuovi brani, tre cover e un remake (!). Procedendo in ordine, apre le danze “The Eyes Of Horror”, dal riffing marcio e dal piglio feroce. Il guitarwork di Witali Weber riesce a tirar fuori alcuni passaggi sicuramente risusciti, Karsten “Jagger” Jäger aggredisce le linee vocali con vigore, Jochen “Joe” Trunk e Kai Bergerin spingono per bene, con ordine e senza strafare. E basta. A metà della canzone compare un break rallentato di cui non si comprende l’utilità, poiché rovina quanto di buono era appena stato fatto. Con “Isolation” si rientra immediatamente nella norma del «trito e ritrito», rilevata l’impersonalità della composizione. Un po’ di ambient tetro e oscuro fa da incipit a “The Last Force: Attack!”, lenta e sinuosa, che poi accelera (non troppo) per terminare, infine, nello pseudo-ritornello, ripetuto ad libitum. La semi-ballad “Certainty Of Reality” chiude, infine, in maniera del tutto anonima – nonostante un accenno di buona melodia nel bridge – il quartetto delle novità.

Per quanto riguarda le cover, ciascuno è libero di fare quel che gli pare, in merito. A parere di chi vi scrive, andrebbero però riproposte canzoni epocali o perlomeno che – oggi – qualcuno ricordi con piacere. Fra l’immensa produzione del leggendario King Diamond viene riproposta “Welcome Home”, singolo non definibile proprio un capolavoro, già fiacco all’epoca della sua uscita nel 1988. Segue “Red Sharks” da “Trascendence” (1988) dei Crimson Glory. Se si riflette sul fatto che la fortuna del gruppo americano è stata l’ugola stellare del compianto Midnight, il resto vien da sé… Per quanto riguarda “Love Like Blood” dei Killing Joke, secondo singolo estratto da “Night Time” del 1985, ci siamo. Le sonorità della leggendaria band post-punk di Londra – come del resto dimostrato sia dai Disbelief stessi con la cover di “Democracy”, inserita in “Spreading The Rage” del 2003, sia da altri act dediti al death (Fear Factory ad esempio) – ben si adatta ai toni cupi e secchi del death old-school. Infine, semmai ce ne fosse stato il bisogno, il rifacimento di “Shine”, dall’omonimo full-length dei ragazzi di Gundernhausen, datato 2002.

“Heal!”, in estrema sintesi, è un CD solo e soltanto per i fans più incalliti dei quattro teutonici, determinati ad averne la discografica completa in ogni più piccolo particolare.
Gli altri passino direttamente oltre.
 

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Track-list:
1. The Eyes Of Horror 5:12
2. Isolation 4:47
3. The Last Force: Attack! 5:59
4. Certainty Of Reality 4:30
5. Welcome Home 4:37 (King Diamond cover)
6. Red Sharks 4:48 (Crimson Glory cover)
7. Love Like Blood (Killing Joke cover) 5:38
8. Shine (2002 remake) 4:50

Line-up:
Karsten “Jagger” Jäger – Vocals
Witali Weber – Guitar
Jochen “Joe” Trunk – Bass
Kai Bergerin – Drums

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