Recensione: Heralds of Strife

Di Tiziano Marasco - 9 Settembre 2021 - 9:04
Heralds of Strife
Band: Vallendusk
Etichetta: Northern Silence
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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65

Il bello del metal è che dà a chiunque la possibilità di affermarsi. Magari non più come negli anni 80, ma comunque a più o meno qualsiasi band con discrete abilità non è preclusa l’opzione di superare i confini nazionali.

Bene o male chi recensisce metal ed ha un po’ di anni di esperienza può dire di aver recensito o di conoscere almeno una band per qualsiasi paese d’Europa e, Africa esclusa, oramai qualsiasi fruitore di metal può nominare una band per continente – soprattutto dopo l’esplosione del video di mongolian metal sui social.

Nel nostro caso, invece, ad oggi ci occupiamo dei Vallendusk. Nome che forse, soprattutto per gli ascoltatori di black metal non è nuovo. La band (perché di black si parla, ma stavolta siamo davanti a una vera band) è infatti giunta con “Heralds of strife” al quarto disco.

Come? Cosa centra il pippotto sul metal asiatico?

Ah sì! I Vallendusk sono indonesiani.

Non che ascoltando “Fortress of Primal Grace” ve ne accorgerete. Nemmeno se ascoltate “Heralds of Strife”, uscito quest’anno.

La band indonesiana fa infatti del classicissimo black metal e, per come suonano, potrebbero essere tranquillamente polacchi, tedeschi o norvegesi.

E questo black metal lo fanno pure molto bene, diciamo pure parecchio sopra la media. “Heralds of strife” mette in mostra infatti composizioni solide e marcatamente votate a melodie di facile memorizzazione. Il tutto suonato su ritmi molto dinamici, in un susseguirsi di riff molto veloci. E la produzione è piuttosto pulita. In tre ascolti il disco è bello che assimilato.

I problemi dei nostri sono di altro ordine, e tuttavia relativamente trascurabili. Sono circa di tre tipi. Il primo in realtà non conta, perché endemico del black: non dicono nulla di nuovo. Anche il secondo è endemico del black metal, ma infastidisce maggiormente. Gli ultimi tre dischi degli indonesiani sono infatti tutti belli e godibili, ma sono anche dischi fotocopia – il debut “Black Clouds Gathering” era invece un po’ più grezzo e metteva in mostra un maggior virtuosismo chitarristico.

Il terzo problema infine, è di durata. Le canzoni sono veloci, dinamiche, facili da assimilare. Ma 63 minuti di black monoliticamente omogeneo sono difficili da finire. Tenendo conto che “Heralds of strife” consta di sole 7 canzoni poi…

Quindi, in definitiva, ai Vallendusk va reso merito per essere riusciti a farsi notare perfino in Europa. Se son arrivati fin qua non è un caso, anzi, parlando di black metal classico danno il bago all’80% della proposta planetaria, Scandinavia inclusa. I ragassi son bravi e hanno talento insomma. L’album è bello e anche abbastanza godibile (ma se proprio dobbiamo consigliarne uno, diciamo ancora “Fortress of Primal Grace” e il debut). Il problema principale è che in “Heralds of Strife” i Vallendusk sembrano aver trovato una loro formula e all’orizzonte non si vendono evoluzioni né cambiamenti.

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