Recensione: Hideously Traumatic

Dall’Indonesia, più nota per le sue bellezze naturali che per il metal, arrivano i Symphobia con il loro debut-album, intitolato “Hideously Traumatic“.
Quella sopra vuole essere una provocazione poiché il brutal death metal, che è il genere dei Nostri, nell’Est asiatico si è sviluppato in maniera quasi esponenziale. India, Filippine e anche il Giappone sono ormai territori conquistati da un (sotto)genere metal fra i più complessi sia da suonare, sia da digerire.
Lo dimostra il full-length, che dura soltanto ventisette minuti per dieci scudisciate tremende sulla schiena, latore di uno spaventoso attacco frontale eseguito in maniera chirurgica, che induce sull’ascoltatore una pressione sonora quasi insostenibile. Da svenimento, si direbbe.
Il terzetto indonesiano si è formato l’anno scorso e, oltre al demo “Symphobia” (2024), non ha prodotto null’altro se non il platter in esame. Platter che denota, da parte del terzetto stesso, un’elevata preparazione sia tecnica, sia professionale. Lo stile che ne deriva è pertanto praticamente perfetto in tutti i dettami che disegnano il volto della categoria natìa.
Tanta bravura la quale induce il sospetto che Jossi Bima (voce), Dodik Bhre (chitarra) e Humam Aliy (batteria), siano tutt’altro che degli sprovveduti ma che abbiano alle spalle un robusto background culturale. Difatti, mostrano una capacità idonea per affrontare i tremendi marosi agitati dai venti di decibel sparati dalla forza propulsiva dell’LP. Il che, detto per onore di cronaca, non è affatto roba per tutti.
Spaventoso, in tal senso, il lavoro svolto dalla chitarra del suddetto Bhre. Il riffing ha una complessità estrema, tant’è che è impossibile mettere a fuoco ogni singolo riff, appunto, per via di un approccio davvero complicato alla questione. Ma, anche, ben leggibile – grazie, anche, all’ausilio di una label specializzata in materia come la Comatose Music – , all’interno del suono realizzato da Jossi Bima & soci. Una prestazione sopra le righe che onora il brutal death metal così come deve essere concepito per rispettarne la filosofia che ne muove le fila. Qui la tecnica del palm-muting viene applicata al massimo delle sue possibilità, schiacciando gli accordi quasi a voler togliere il respiro, per una prestazione di alto livello. Paragonabile a quelle degli act che praticano il brutal a New York City, culla moderna delle migliori produzioni in materia.
Sulle onde del basso, che riempiono per bene ogni spazio vuoto – invero davvero pochi – , si srotolano le linee vocali. Bima sputa fuori growling estremo e tremendi inhale che, in sostanza, formano la struttura portante delle linee vocali stesse. Ovviamente tutto ciò che esce dalla sua bocca è assolutamente intelligibile, specificamente le suinate, ma questo fa parte delle inamovibili pietre miliari che assommano a sé le istruzioni per dare alla luce un brutal death metal perfetto.
Detto questo, appare evidente che chi si cimenta nello sviluppare detto sound abbia le mani un po’ legate giacché, data la rigidità della norma che regola il brutal, è difficile inserire nel calderone qualcosa di veramente personale. E cosi è per “Hideously Traumatic“, le cui song, troppo uguali le une alle altre, e manifestamente il suo portamento, conducono abbastanza rapidamente al tedio.
Il che inficia il grande talento strumentistico dei Symphobia che, rigidamente incollati a tutti i cliché che ammorbano “Hideously Traumatic“, non essendo stati in grado di agire sul songwriting dei singoli brani non possono fare altro che spingere al massimo, regalando ai fan, almeno, una buona dose di fucilate nei denti.
Solo e soltanto per i maniaci del brutal death metal.
Daniele “dani66” D’Adamo