Recensione: Hordes of Chaos

Di Federico Mahmoud - 6 Febbraio 2009 - 0:00
Hordes of Chaos
Band: Kreator
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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70

Violent chaos haunting me
Mirror of countless human tragedies
Times of horror, constant lies
Totalitarians autocracy’s demise
Fake peace a necrologue for the elite
Brutality among the weak
While children die for armageddon victory’s breed

Come dargli torto. Quattro anni dopo Enemy of God, il mondo non è cambiato. A un osservatore disilluso qual è Mille Petrozza, caparbiamente ostinato in tema di questioni sociali, non mancano certo i motivi d’ispirazione: intrighi di potere? Lobby? Politici che giocano a Risiko? C’è solo l’imbarazzo della scelta. La tensione polemica che ha sempre contraddistinto l’opera dei Kreator è linfa vitale di Hordes of Chaos, platter – il dodicesimo – forgiato nel medesimo stampo dei predecessori. Da quando ha riabbracciato la causa del thrash metal (cfr. Violent Revolution, 2001) il quartetto di Essen ha mantenuto un profilo rigoroso, abiurando formalmente le sperimentazioni degli anni Novanta. Un dietrofront conveniente, per quanto tacciato di opportunismo, che ha permesso alla band di riconquistare un trono vacante.

Hordes of Chaos è figlio di una linea editoriale che, salvo eccezioni sporadiche, non intende risvegliare i mugugni della piazza; il fiasco di Endorama (peraltro difeso a denti stretti) brucia ancora. Naturale imbattersi in un album che, già dalle note iniziali, viaggia nella scia di chi l’ha preceduto. L’avvio è incoraggiante: Hordes of Chaos (A Necrologue for the Elite) merita lo stesso piazzamento in tour e Warcurse, al netto dei copiosi déjà-vu, non fa prigionieri. L’irruenza dei brani trae sostegno dall’adozione di suoni ruvidi, essenziali, votati a bissare in studio la potenza del concerto; la band – ammette Petrozza – ha registrato l’ossatura del disco in presa diretta, secondo l’intento di ottenere un taglio più genuino. Se la forma non difetta, i contenuti lasciano a desiderare: Escalation è un anonimo mid-tempo pescato tra gli scarti delle sessioni precedenti; Amok Run parte in sordina, il resto è ordinaria amministrazione; To The Afterborn, pessimo tentativo di edulcorare il trademark del gruppo, inciampa in un ritornello fuori luogo – il lupo perde il pelo, ma non il vizio (cfr. Voices of the Dead). Si pretende di sopperire con il mestiere alle lacune di un songwriting che, scaricati i colpi migliori, imbocca il tunnel del riciclaggio. Soltanto la tellurica Destroy What Destroys You e Radical Resistance (dal refrain gagliardo) tengono a galla un album che cede alla distanza, tradendo un fisiologico calo d’ispirazione.

Nulla da eccepire sul piano tecnico. Jürgen “Ventor” Reil e Christian Giesler compongono da anni una sezione ritmica temibile, moto perpetuo dei concerti. Sami Yli-Sirniö, in formazione dal 2001, non ha il tocco di Frank “Blackfire” Gosdzik ma è un comprimario affidabile. Capitan Petrozza dirige l’orchestra con mano salda e temperamento, lasciando che il fervore dei testi parli in sua vece. Un leader.

L’ansia da prestazione ha indotto i Kreator a trincerarsi dietro una cortina impenetrabile, fatta di routine e facile autocitazionismo; ne risulta un esercizio di stile condito da qualche lampo abbagliante, ma lontano dai vertici della discografia. Soltanto il futuro stabilirà se Hordes of Chaos è un campanello d’allarme o un plausibile capitolo di transizione.

Federico Mahmoud

Tracklist:
01 Hordes of Chaos (A Necrologue for the Elite)
02 Warcurse
03 Escalation
04 Amok Run
05 Destroy What Destroys You
06 Radical Resistance
07 Absolute Misanthropy
08 To The Afterborn
09 Corpses of Liberty
10 Demon Prince

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