Recensione: Human’s Pain

Di - 11 Gennaio 2003 - 0:00
Human’s Pain
Band: Yattering
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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80

La Season of Mist è un etichetta che a volte mi lascia un pochino dubbioso. Non si può certo dire che azzecchi con ogni uscita, speculando magari su qualche nome più famoso pubblicandone prodotti a dir poco umilianti. C’è da dire anche come è stata proprio dell’etichetta in questione l’idea di ripubblicare il debut album degli Yattering, disponibile all’epoca esclusivamente nella loro Polonia.

I nostri si collocano su territori estremamente violenti e corrossivi. Li si potrebbe identificare come Brutal-grind, ma nel loro song-writing ci sono forti richiami al fulminante thrash americano di tipico marchio Slayer. Se magari avete ascoltato il loro lavoro successivo, “Human’s Pain” ha trame meno intricate, è molto più spigoloso, efficace e massiccio. Ad arricchire una già appetibile re-realese come questa ci sono alcune bonus-track, tra cui spiccano due cover: una dei Brutal Truth e l’altra degli Slayer.

I pezzi vedono l’alternanza di due linee vocali, diametricalmente opposte che conferiscono alle composizioni una intrigante amorfità, sgraziata e decisamente malata.
I tempi sono sempre tiratissimi, sfuriando in pura violenza grind in alcuni frangenti e prediligendo soluzioni semplici e dirette, che possono anche risultare un pò difficoltose ad un primo ascolto, ma che risultano decisamente d’impatto.

A trasportaci nella dimensione malsana degli Yattering ci pensa una fumosa intro, la batteria detta un tempo semplice e marziale, ci sono dei versi in sottofondo, che fanno gelare il sangue.
Imbattibile l’attacco sonico di “The Feeling”, tra le mie canzoni preferite degli Yattering, carica di groove, con la voce in scream, quella più thrash, che si avvale di pesanti filtri.
I tempi sorprendono per questa canzone, si alternano fulminanti, il batterista e qualcosa di eccezionale, decisamente accostabile al mostro Flo Mounier.

L’idea di sentire dei Cryptopsy meno ostici, e con un attitudine più thrash, è ricorrente tra parecchie delle traccie di “Human’s Pain”. Anche la terza traccia “Unnormally Zone”, anche se più prettamente Death Metal, martellante ed incessante, riesce a trovare ottimi spunti ritmici. “Seval Trauma” del lotto è quella più grind, ferocissima e veloce.

Un disco che ho sentito tantissime volte prima di scrivere questa recensione, per evitare di cadere nell’entusiasmo iniziale, che ancora dopo mesi mi sconvogle come la prima volta.

Francesco Vitale

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