Recensione: Icon

Di ForgottenSunrise - 25 Luglio 2003 - 0:00
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Anno: 1993
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90

Inizio anni ’90, dopo aver contribuito molto pesantemente alla nascita del Death Doom Metal, grazie a pietre miliari quali Lost Paradise, Gothic e Shades Of God, per il gruppo del chitarrista Gregor Mackintosh, è tempo di mutare il proprio stile. Siamo nel 1993, esce infatti Icon, disco che consacrerà la band a livello europeo e non solo.

L’opera in questione, è di difficile catalogazione, l’oscurità dei primi tre lavori, è quasi totalmente sparita in favore di un atmosfera più easy, calda e solare, il Doom degli esordi è ormai solo un ricordo, presente solo come riflesso poetico in qualche brano. Riff di matrice pseudo Heavy (e come detto, inserti Doom) e una passionalità al limite del Gothic. La voce naturalmente si allontana sempre più dal growl degli esordi, guadagnandone però in espressività e rimanendo sempre molto cruda e selvaggia.

Passando alla descrizione delle tracce, si può subito notare la svolta in favore di pezzi dalle melodie dirette e passionali. Il disco inizia col brano Embers Fire, cosa dire di esso, semplicemente grandioso, diverrà una delle canzoni simbolo del gruppo, la musica trasportata da un riff semplice ma d’ effetto, accompagna una linea vocale unica nella sua bellezza, dove il “selvaggio” Holmes urla tutta la sua rabbia in un ritornello dalla melodia killer, verrà poi un assolo da pelle d’ oca, e ancora tutti ad urlare “Don’t run away, from the pain, a claim thath you deal with…”.
Troviamo poi altri due mezzi tempi che mettono in chiaro lo spirito del disco: Remembrance e Forging Symphaty, melodie calde e accattivanti, un cantato carismatico e profondo, riff taglienti.
Con la quarta traccia, Joys of The Emptiness, si ritorna al passato, puro Doom Metal cupo ed ossessivo, da segnalare gli inserti acustici sovrapposti al riff portante che ricreano un’ allucinazione sonora molto d’effetto.
Troviamo poi le buone Dying Freedom dove dopo un’intro di tastiera, si viaggia a velocita più sostenute, Widow (molto apprezzata dai fan), la cupa e sperimentale Colossal Rains (stranissima), e la discreta Weeping Words fino ad arrivare alle ultime quattro tracce che confermano la qualità di questo cd.
Abbiamo infatti la malinconia di Poison, altro pezzo azzeccato, e successivamente True Belief. Cosa dire di quest’altro brano se non che è un icona del genere, assieme solo ad Embers Fire ripagherebbe il costo del disco. Immaginate di urlare tutto il vostro dolore al mondo, un dolore proveniente dal cuore, dal profondo, un’ emozione vera e straziante! Il refrain poi è da antologia “all i want is the same…a true belief”.
Successivamente troviamo la bellissima ed energica Shallow Seasons, sempre molto heavy, dura e diretta, e l’ ultima Christendom, dai toni decisamente piu’ Gothic grazie anche agli inserti di voce femminile, che come se non ce ne fosse bisogno, anticiperà ancora una volta le sonorità nascenti in quegli anni, dimostrando l’ importanza storica di questo gruppo.
Deus Misereatur è poi un outro strumentale epico che ci toglie dal magnetismo di questo disco.

In conclusione, un ottimo disco di una band storicamente troppo importante, capace nel corso degli anni di non ripetersi mai. Consigliato non solo agli appassionati di Gothic.

Track List:
01. Embers Fire
02. Remembrance
03. Forging Sympathy
04. Joys Of The Emptiness
05. Dying Freedom
06. Widow
07. Colossal Rains
08. Weeping Words
09. Poison
10. True Belief
11. Shallow Seasons
12. Christendom
13. Deus Misereatur

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