Recensione: In a Time of Blood and Fire

Di Simone Scavo - 10 Giugno 2004 - 0:00
In a Time of Blood and Fire
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Anno: 1995
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78

Era il 1994 quando 5 ragazzi svedesi riuscirono ad ottenere un contratto con la Dark Age, una piccola etichetta svedese. Quest’ultima comprendendo il valore della band riuscì ad appoggiarsi alla Megarock Records che sulla carta godeva di una miglior distribuzione, ma poi in realtà non fu così.
Ecco perchè quest’album fu, ed in parte ancora lo è, di difficile reperibilità.
La band si forma ufficialmente nel 1990 per volere del chitarrista ed allora anche cantante Fredrik Mannberg, ma le sonorità proposte in origine esulavano dall’heavy metal classico che ha caratterizzato i primi tre lavori.
Con l’ingresso nel 1993 del talentuoso vocalist Anders Zackrisson la line up è completa e le coordinate musicali sono ora Iron Maiden e Judas Priest oriented.
E’ grazie ad una cassetta registrata alla fine del 1993 che i Nocturnal Rites, riescono ad ottenere nel 1994 il contratto sopra menzionato.
Eccoli così nel 1995 sul mercato. La copertina, così come il logo, lascerebbe pensare ad un nuovo gruppo black metal. Ma così non è ! C’è molta sorpresa all’epoca per la proposta musicale di questi giovani ragazzi: in un periodo (In a time of …) in cui gli Helloween cercavano una identità, gli Iron Maiden avevano perso la loro voce storica così come i Judas Priest e Kay Hansen con i suoi Gamma Ray e i Blind Guardian stavano riesumando il power metal con gli appena usciti immensi rispettivamente “Land of the Free” ed “Imagination from the other side”, i Nocturnal Rites sfornano un album che raccoglie direttamente l’eredità della New Wave of British Heavy Metal.
E’ un guardare al passato, riprendere quelle sonorità e se possibile quello spirito in un momento così particolare per il metal come l’inizio degli anni 90. La critica li notò e li apprezzò, anche se come già detto la label non fu in grado di supportare e promuovere il valore di questo lavoro.
Dotato di una non eccelsa produzione, i 5 guerrieri si cimentano in un heavy metal classico a tratti epico dalle tematiche epiche e battagliere.
E’ forse la produzione a rendere questo album particolare ed a conferirgli quel non so che di magico: il suono delle chitarre tipicamente ottantiano e soprattutto quel suono del basso così in evidenza come Steve Harris ci ha per anni insegnato.

Il compito di riportarci indietro nel tempo spetta a Sword of Steel dal ritmo sostenuto, figlia legittima dei Saxon + Iron Maiden dalle chitarre inarrestabili. La voce di Anders Zackrisson dalla timbrica acuta e potente può ricordare in alcuni passaggi Ralf Scheepers, ma segnerà per interpretazione e caratteristica l’intero lavoro.
Si prosegue con Skiline Flame dall’inizio scandito dal suono di una campana: è un avvertimento, poichè i Nocturnal Rites rievocano il fantasma dei Manowar per l’uso delle chitarre per poi richiamare i primi Helloween. Un pezzo splendido che vi farà venir voglia di alzare il volume e questo è un ottimo segno. Il ritmo sembra quietarsi per far riposare le chitarre che mai dome continuano (e continueranno per tutto l’album) a cimentarsi in splendidi assoli. Le campane chiudono questo secondo episodio, ma i Nocturnal Rites sanno che devono ancora dimostrare di cosa sono capaci. Ed ecco Black Death, che al contrario di un titolo così oscuro comincia con allegri riff di chitarra Helloweeniani che si trasformano in epici riff maideniani supportati da un basso che spesso si stacca dalla linea melodica delle chitarre. E’ impressionante come questi ragazzi riescano con facilità a scrivere così tanti riff ed assemblarli in maniera così lineare inserendo persino un break sinfonico oscuro. Splendida e mai scontata.
E’ tempo della title track dall’inizio epico e maestoso, grazie anche all’ausilio della tastiera. Un nuovo grande pezzo di heavy metal classico dal refrain che vi si stamperà in mente sin dal primo ascolto così come le note della chitarra a supportarlo.
Dawnspell è un altro pezzo che molto deve agli Iron Maiden di Powerslave ed il risultato è splendido per pathos: ancora una volta è tutta la band a risultare grande confermandosi particolarmente ispirata con chitarre sempre capaci di macinare riff ed assoli senza sosta.
Altro pezzo che farà la gioia dei defenders è Lay of Ennui dotata di un inizio simile ad un intro che si trasforma in ruggenti e galoppanti cavalcate epiche a supporto della splendida voce di Zackrisson che marchia questa song in modo indelebile. Splendida ! I 5 musicisti hanno ancora voglia di stupirci e quindi eccoli in Winds of Death a clonare un riff dei Maiden più ispirati, forse un omaggio, ma i Nocturnal splendono di luce propria e quindi rieccoli tornar subito personali con un brano di heavy metal classico sostenuto con l’inserto di fugaci cori, forse la canzone più dura dell’album dall’assolo spettacolo !
Il volume è quasi al massimo ! Niente … non si fermano e ci investono con la breve Rest in Peace più canonica e compatta che può richiamare lontanamente Rising Force di Malmsteen.
Siamo alla fine e ad attenderci c’è Dragonisle, una metal canzone lenta nel suo incedere introdotta e conclusa da un intro sinfonico ed epico che sembra far scorrere i titoli di coda di questa epica avventura.

Questi ragazzi con quest’album hanno dimostrato di saper suonare e soprattutto di saper comporre numerosi splendidi riff ed assoli, veloci e lenti, caratteristica che sempre più band non hanno.

Incuranti delle mode suonano ciò che gli piace e nota dopo nota traspare la passione per questa musica. Un album sincero a volte forse un po’ ingenuo, vivamente consigliato a tutti i defenders, a chi ama i Maiden, la corrente NWOBHM ed anche il power. Se ne avete la possibilità procuratevelo, sicuramente non ne rimarrete delusi.

Track List:
1. Sword Of Steel
2. Skyline Flame
3. Black Death
4. In A Time Of Blood And Fire
5. Dawnspell
6. Lay Of Ennui
7. Winds Of Death
8. Rest In Peace
9. Dragonisle

Line up:
Anders Zackrisson: voce e cori
Fredrik Mannberg: chitarra
Mikael Soderstrom: chitarra ritimca
Nils Eriksson: basso
Ulf Anderson: batteria

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