Recensione: In the Rectory of the Bizarre Reverend

Di LeatherKnight - 12 Dicembre 2002 - 0:00
In the Rectory of the Bizarre Reverend
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
80

È impacchettato in uno stupendo artwork arcano e minimalista; gira per oltre settanta minuti; sulla superficie inferiore reca sei incisioni; è pesantissimo. Che cos’è?
Impossibile sbagliare: questo è sicuramente un disco Doom Metal con i controfiocchi!!

Non sono le apparenze che ci hanno suggerito questa conclusione, sia ben chiaro, ma i presupposti di questo compact disc trovano divina conferma nelle due parole che firmano questa release ed alla grandiosa caratura della qualità della musica qui proposta.

Infatti sull’effettivo valore e sul grande spessore della personalità di questo trio solo un profano potrebbe nutrire legittimamente qualche dubbio; c’è una serie di demo spettacolari ed un’attitudine proverbiale che sono testimoni dell’autorevolezza di questi tre ragazzi di Turku.
Le premesse coltivate per anni nell’underground si concretizzano in solidissime certezze; “In The Rectory” è quindi un disco che farà al gioia degli appassionati della forma più classica di Doom Metal.
Le stramberie e stravaganze varie (tastiere, violini, voci femminili, elettronica, ..) stanno da un’altra parte. Addio.

Doom Metal con i controcazzi è dunque la chiave di lettura del sound di questo Bizzarro Revendo finalndese. I profani del genere si troveranno con buona probabilità totalmente spiazzati vedendosi rivoluzionato essenzialmente il senso ritmico della musica stessa.
Riff monolitici, ritmiche pressochè stagnanti, cambi di tempo smisuratamente esasperati ed amenità simili sono impressioni che hanno un fondo di verità apparente, ma una volta entrati nel perverso ingranaggio di questa diabolica macchina sonora tutto assumerà nuovi colori e si avvantaggerà di un’ottica differente.
Ai fanatici del genere invece consiglio da adesso di terminare la lettura di questa recensione e prepararsi per un nuovo acquisto (indovinate a che disco mi sto riferendo..) se ancora “In the Retory..” non faccia parte della vostra collezione.

È “Burn in Hell!” a darci il benvenuto nel Rettorato del Reverendo Bizzarro, chiarendo già nelle prime battute qual è l’aria che tira da queste parti: ritmiche lentissime, suoni dannatamente cupi e grandissima espressività per quanto riguarda l’aspetto musicale; impietoso anticlericalismo per quanto concerne invece i testi. Ma anche il buon gusto e la raffinatezza dello stile non tardano a rivelarsi e l’ascolto diviene di volta in volta sempre più appagante e maledettamente coinvolgente.
Senza anticipare troppo, prestiamo un attimo attenzione ad uno dei tanti dettagli di questo disco: la prestazione vocale di Albert Magus nell’opener-track ad esempio.
Un sapiente uso di toni vocali in un crescendo di pathos a poco a poco dona tridimensionalità alle parole stesse; una modulazione di voce solenne e pacata nella prima parte accompagna le accuse lanciante contro la falsità di questa figura clericale. Il tono si fa poi più aspro e irritato quando giunge il momento di svelare l’odio che si nutre contro il sacerdote; culmina spettacolarmente con un’impostazione vocale di maestoso distacco nel passaggio di condanna, che termina spietatamente in un lapidario “YOU BASTARD!”, nella quarta ed ultima fase del magistrale disegno musicale-concettuale che struttura e impreziosisce i primi nove minuti di questo lungo ed affascinante viaggio sonoro.

Un altro tratto peculiare di questo debut-album risiede probabilmente anche nella produzione che esalta con genuina semplicità le caratteristiche del personale sound dei RB. La lentezza espressa ci fa assaporare al pieno ogni singolo suono, ogni singola emozione che le vibrazioni degli strumenti o della mortalmente ascetica voce di Albert Magus vogliano trasmettere. Se sparate il volume al massimo (questo è il vero Doom Metal) partite diretti per un’altra dimensione.

Prendete ad esempio la successiva “In the Rectory of the Reverend Bizarre”: è una bomba eccezionale di Metallo del Destino; visionaria ed estatica nei testi, colossale e granitica nel suo incedere evocativo che esplode, inaspettatamente, in un assalto doomeggiante che metterà a durissima prova le vostre vertebre, per poi ritornare poeticamente su percorsi ritmici più pacati e solenni.

Un’altra volta notiamo con enorme piacere l’aderenza pressochè totale tra lyrics e musica nella seguente “The Hour of Death”; che nelle sue atmosfere struggenti e disperate lascia quasi gli strumenti, più che la voce del già citato vocalist, cantare del dolore e dello sconcerto degli ultimi istanti di vita di un amore conclusi in modo straziante ed atroce.
Nessuna banalità romantica o smanceria depressiva, sia ben chiaro. Ascoltate e rendetevi conto, poi azzardate conclusioni.

Non c’è momento del disco o soluzione tecnica che non convinca: l’ennesima conferma ce la dà “Sodoma Sunrise”, track molto più articolata nei toni rispetto alle altre composizioni; in questa occasione i Reverend Bizarre costruiscono una meravigliosa corrispondenza tra le parti ritmiche e l’assolo della chitarra, arrivando addirittura a modellare un certo effetto cinematografico nell’equilibrio testo-musica del brano, il cui finale ben si sposa con l’incipit di “Doomsower”, quinta track dell’album.
Sebbene non presenti i passaggi più sconvolgenti del disco, anche questo brano si mantiene alta e credibile la media qualitativa della tracklist ed il suo andamento sostenuto, oscuro e solido ci prepara efficacemente per la conclusiva “Cirith Ungol” (tenetevi forte: 20 minuti filati di Doom Metal ai massimi livelli).

Su questa track ci sarebbe almeno da scrivere una pagina per ogni sessanta secondi della sua durata: oscura, tragica, epica, sognate, paurosa, emozionante, micidiale…in parole povere “squisitamente Doom”!
È in quest’occasione proprio che i Reverend Bizarre si esibiscono nella prova più convincente dell’intero disco. Sia in fase compositiva, che esecutiva, la band mostra di possedere una raffinatezza dei dettagli, una ricerca delle sfumature degne delle bands più serie,  vincendo anche sul piano della strutturazione convincente delle loro idee.
Il feeling che ne traspare è assolutamente unico e molto, molto eterogeneo (lo spettrale intervento tastieristico nella seconda parte è eccezionale; così come il finale da bridivi..incredibile!).

Insomma avrete dunque capito che la proposta dei RB è senz’altro personale. Tuttavia qualche assolo e certe scelte ritmiche (soprattutto nella titletrack) possono richiamare piacevolmente un certo approccio tanto caro ai Doom Gods californiani Saint Vitus. La conclusiva “Cirith Ungol” a tratti, vagamente, ricorda l’incedere (soprattutto con la batteria)
di “Cirith Ungol”, canzone-bandiera dell’omonima band statunitense.
Non c’è che dire, ai Reverend Bizarre non manca certo il buon gusto per la scelta degli ascolti!

In definitiva, “In the Rectory of the Bizarre Reverend” è un ottimo disco di purissimo Doom Metal. Per rispetto e devozione a dischi (Doom e non solo) del passato ed al futuro di questo trio finnico, personalmente non griderei al miracolo e non userei la parola “capolavoro”. È un ottimo album, lo ripeto tranquillamente, e la votazione finale magari non evidenzia l’effetivo valore di questa release.
Non fa niente. Per quanto possibile, in questa review si è cercato di evidenziare il grande spessore del debutto dei tre doomsters di Turku. Proprio poggiando concretamente su un presente così convincente siamo sicuri di doverci aspettare un futuro ancora più promettente da parte di questa band. Sarebbe insensato dunque dire che il meglio sia già arrivato.
Siamo soltanto sull’uscio del Rettorato del Bizzarro Reverendo, la strada (ci possiamo giurare) è ancora lunga…DOOM ON!!!

Leopoldo “LeatherKnight” Puzielli

1) Burn in Hell!
2) In The Rectory of the Bizarre Reverend
3) The Hour of Death
4) Sodoma Sunrise
5) Doomsower
6) Cirith Ungol

Ultimi album di Reverend Bizarre