Recensione: Indivisible

Di Simone Volponi - 11 Febbraio 2018 - 22:25
Indivisible
Band: Tommy Vitaly
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Dopo aver saggiato il terreno nel 2016 con l’EP “Forever Lost”, contenente alcune tracce strumentali e qualche ri-registrazione, il chitarrista e compositore toscano Tommy Vitaly torna con un nuovo album di classico e godibile power metal. “Indivisible” succede al precedente, ottimo “Hanging Rock” con cinque anni di distanza, ma la sostanza non è cambiata molto, infatti Vitaly mette in campo la sua grande abilità alla sei corde proponendo dieci nuove canzoni che non inventano nulla di nuovo e nulla di nuovo vogliono inventare, quanto invece celebrare un genere che ha dei suoi stilemi ben precisi.
Anche in questa nuova avventura non manca la parata di ospiti e voci che si alternano al microfono, dal fedele Carsten “Lizard” Schulz già presente in “Hanging Rock” al prezzemolino Fabio Lione, passando per Roberto Tiranti (Labyrinth), il sempre superbo Apollo Papathanasio (Spiritual Beggars, ex Firewind), Henrik Brockmann (ex Royal Hunt, Evil Masquerade) per citare i principali, mentre ottima è la sezione ritmica ad appannaggio del duo Torricini-Bissa.

Come detto, “Indivisible” è un florilegio di power metal sin dall’iniziale, tirata titletrack (Schulz alla voce), che si rifà ai momenti più neoclassici del genere, guardando da vicino alla produzione di Malmsteen. La successiva “The Lodge”, graziata da una prova notevole di Apollo Papathanasio, vira subito verso il mid tempo cadenzato dal riff roccioso e dai toni hard rock, una composizione lunga e dall’appeal epico dove il vocalist greco avvolge con il suo timbro caldo e potente. Vitaly si ritaglia il proprio spazio con intelligenza, mettendo la tecnica al servizio della canzone, e piazza un assolo velocissimo che confluisce in modo fluido verso il finale maideniano.
La doppietta iniziale fa prendere gusto nell’ascolto e la strumentale “Duel”, con il supporto ai tasti d’avorio di Gabriels, ci porta dentro l’amore del chitarrista per le tematiche neoclassiche rilette in chiave chitarra-tastiere, dando libero sfogo al proprio estro. “Macabradanza” è un bel numero dal gusto epico condotto da un duetto tra Roberto Tiranti e la brava Chiara Manese (Kantica), seguito dalla rivisitazione in veste acustica di “Forever Lost” (l’originale interpretato da David DeFeis è presente su “Hanging Rock”) con al microfono Henrik Brockmann. Già proposta nell’EP omonimo, la traccia riesce nell’intento di ammaliare, pur perdendo giocoforza parte di quell’enfasi che le donava la voce dei Virgin Steele, offrendosi come un buon passaggio introspettivo.
Indivisible” prosegue con una traccia di chiaro stampo Helloween dal titolo “Wings of Doom” (alla voce Alessio Gori dei Flashback Of Anger) con dentro altri bei ghirigori solisti di Vitaly, bissata da “Coraline”, che inizia misterica e poi si trasforma in una bella sassata di power sinfonico ben interpretato da Jan Manenti (The Unity) che sfocia, tra un acuto e un altro, in un coro da arena simil-Journey.
Vitaly ama spaziare tra un brano e l’altro, e si propone anche in veste blues nell’inizio dell’altra strumentale “La Bestia”, la quale tuttavia riprende la marcia power restando in simbiosi con il resto dell’album, di cui uno degli apici è probabilmente l’heavy incalzante “Sinner”, fosse solo per la presenza di Fabio Lione che aggiunge l’ennesima tacca di valore alla sua collezione di collaborazioni. La lunga “Joan of Arc”, in pratica un tributo ai Manowar con tanto di coro guerresco, pone il sigillo finale su “Indivisible” e consente di tirare delle ottime somme.

Come detto, Tommy Vitaly non ha l’intenzione di proporre chissà quale novità, bensì di celebrare il genere che ama. Ci sono tanti cliché all’interno del suo ultimo lavoro, ma è sempre la sostanza che conta, e in “Indivisible” non manca. Le canzoni sono tutte di ottimo livello e si ascoltano di filato che è una meraviglia, la tecnica messa in campo è notevole ma non opulenta, e le voci chiamate a raccolta fanno tutte il loro dovere firmando prestazioni eccelse, con i fuoriclasse che si dimostrano tali.
Chapeau a Tommy Vitaly e al suo lavoro, “Indivisible” è fortemente raccomandato a tutti gli appassionati del genere.

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