Recensione: Into The Silence

Di Manuel Gregorin - 30 Aprile 2024 - 8:30
Into The Silence
Band: Perseus
Etichetta: Escape
Genere: Power 
Anno: 2024
Nazione:
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75

Terzo capitolo discografico per i Perseus, band pugliese, di Brindisi, attiva dal 2011. Il gruppo nasce dall’unione di due formazioni pre esistenti, i prog metal Hastings, ed un tributo ai Judas Priest dall’inequivocabile nome di Defenders of the Faith. Alla luce di ciò, il power metal proposto dai Perseus parrebbe essere il giusto compromesso tra le due realtà precedenti. Ispirandosi sia a nomi classici come Judas Priest, Manowar e Queensryche, quanto a più recenti quali Kamelot, Labyrinth e Rhapsody Of Fire, arrivano al debutto discografico nel 2013 con The Mystic Hands of Fate. Già dopo il lavoro d’esordio i nostri hanno la possibilità di aprire i concerti di nomi come Hollow Haze, Vision Divine e gli storici Queensryche. Nel 2016 arriva così il secondo capitolo A Tale Whispered in The Night ed un tour europeo con gli svedesi Civil War, più qualche data da headliner in Ungheria, Repubblica Ceca e Slovenia.

E’ invece storia recente la pubblicazione di Into the Silence, uscito ad aprile 2024, con il quale i Perseus iniziano la loro collaborazione con l’etichetta inglese Escape Music, licenziataria di questo nuovo disco. L’opera è stata realizzata con la seguente formazione, composta da Antonio Abate (Voce), Cristian Guzzo (chitarra), Gabriele Pinto (chitarra), Alex Anelli (basso) e la new entry Andrea Mariani (batteria). Anche con questo terzo capitolo i pugliesi portano avanti la tradizione del power metal italiano iniziata con Rhapsody e Labyrinth qualche decennio fa. Un lavoro che viene arricchito dalla presenza di numerosi ospiti a dividere il microfono con il vocalist ufficiale Antonio Abate.

Dopo l’intro The Clash of The Titans la band parte subito a pieni giri con Into The Silence, un power metal di stampo classicissimo che risulta efficace grazie alle sue melodie dirette. Ad impreziosire il tutto troviamo ad occuparsi di alcune parti vocali il prestigioso nome di Roberto Tiranti dei Labyrinth. La seguente Strange House vede un altro ospite d’eccezione con il vocalist Wild Steel. Il brano è un power metal con puntate al sinfonico e qualche spruzzata prog, evidente retaggio delle esperienze passate di alcuni componenti.

The Kingdom può essere definito un titolo che è già tutto un programma. Infatti dopo un intro folk/medioevale ci addentriamo in un pezzo epicissimo con tanto di ritornello trionfale intonato dalle voci di Abate e Francesco Cavalieri dei Wind Rose.
Pezzo interessante è The Picture of My Time, dove i Perseus vanno ad esplorare i territori del power melodico della tipica scuola tricolore che vede Labyrinth e Vision Divine fra i maggiori ispiratori. D’altronde come scritto nelle note di accompagnamento a questo lavoro i Perseus amano unire i riff potenti alla tradizione italiana del bel canto e della melodia. Probabilmente per valorizzare ciò, i Perseus per questo pezzo hanno deciso di avvalersi della collaborazione di Claudia Beltrame dei Silent Angel che risulta particolarmente adatta ad interpretare il brano in questione.

Altro pezzo notevole con Defenders Of Light che vede come ospite Marco Pastorino (Temperance, Fallen Sanctuary). Anche qui i Perseus si muovono sui binari di un power classico e trionfale che, senza inventare niente di particolarmente innovativo, riesce a fare subito presa.
Con Il Labirinto Delle Ombre la band pugliese prova ad andare fuori dagli schemi. Il pezzo interamente cantato in italiano abbandona il metal in generale per esplorare i sentieri della musica leggera tradizionale italiana. Una trovata con la quale la formazione brindisina vuole probabilmente sorprendere l’ascoltatore andando fuori dalle strutture tipicamente metal. Decisamente su territori più familiari l’altra ballad del disco. I Believe in Love è un lento cupo con spruzzate di symphonic dove si alterna il cantato in inglese a quello in italiano. Per l’occasione ci si avvale della presenza della vocalist Anja Irullo, dei corregionali Elegy of Madness.

Twilight, che vede come ospite Max Aguzzi, invece è un brano molto vicino al classic metal anni 80. Infatti, sfruttando una melodia anthemica costruita su un tempo medio, i nostri riescono a confezionare un altro brano piacevole.
Un intro acustico dal sapore medievale introduce a Warrior, un epic metal trionfale e glorioso dove la band gioca ancora con l’alternanza di strofe in inglese ed in italiano. Il brano presenta sonorità epiche dalle tinte cupe, ed a tal proposito si rivela particolarmente azzeccata la presenza di Damna Moras (Elvenking) come ospite.
In chiusura Luca Micioni degli Infinita Symphonia divide le vocals con Abate su Cruel Game, una cavalcata che strizza l’occhio al sinfonico con cui i Perseus ed i loro ospiti si congedano dall’ascoltatore.

Un disco questo Into the Silence dove i Perseus pare vogliano esplorare varie sfaccettature del power metal: a questo proposito evidentemente subentra la scelta di ospitare diversi nomi della scena metal. Un lavoro che senza sorprendere particolarmente, riesce ad essere coinvolgente ed appetibile, composto da una band di musicisti ai quali non manca esperienza e che in futuro potrebbe riservare ancora qualcosa di interessante.

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