Recensione: It’s Going Deeper

Di Daniele D'Adamo - 28 Aprile 2012 - 0:00
It’s Going Deeper
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Anno: 2012
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60

La scarna biografia dei polacchi Black Mad Lice (ex Black Pocket Lice) narra di cinque loschi figuri che, da anni, bazzicano l’oscuro mondo del metal estremo sulla base del motto «pissing off on omnipresent stupidity».

Se, magari, si può trovare discutibile o poco professionale tale affermazione, lo stesso non si può dire per il violento death metal arrotato dal combo di Płock. Death metal che, dopo l’esperimento del 2010 con il demo “Paradise In Blood”, trova compimento con “It’s Going Deeper”, full-length uscito con la tanto attiva – in ambito underground – quanto impronunciabile Wydawnictwo Muzyczne Psycho Records.  

Death metal che si avvicina molto al brutal senza però raggiungerlo appieno. Senza dubbio Jakub “Kosa” Kossakowski e i suoi accoliti non vanno tanto per il sottile, in quanto a oltranzismo sonoro, tuttavia il loro stile è abbastanza lontano dalle propaggini estreme del death. Non si tratta tanto di un discorso fondato sui decibel o sui BPM, quanto sull’attitudine. Cioè, sull’approccio alla musica in generale e al metal in particolare che, si sente bene, è ben abbracciato ai canoni classici del metal medesimo. Chiaro, non si tratta di una lezione di heavy, però il death dei Black Mad Lice presenta più richiami a quello dei Death, giusto per fare un esempio, che a quello degli Annotations Of An Autopsy, giusto per farne un altro.   
Basandosi su questa filosofia, l’act mitteleuropeo sciorina un sound secco, duro, arcigno (“Dark Tight Room”). Se si vuole, definibile come opposto a quello ‘groovoso’ di tante realtà moderne che si affidano al calore del sole e alla forza delle spire di un serpente. Un sound asettico e freddo, molto pulito, ordinato e tagliente. A volte davvero ostico e quasi indigeribile (“It’s Going Deeper”), a volte più potabile in virtù di alcune improvvise aperture melodiche che ne aggraziano l’impatto (“Strong Enough”).
Contribuisce parecchio, all’aspetto emotivo della musica dei Black Mad Lice, la batteria di Paweł “Zało” Załęski che, in maniera un po’ inconsueta per il genere, dà una spiccata sensazione di ‘meccanicità’ e, quindi, di esagerata razionalità (“Deathbed”); soprattutto in occasione dei – non numerosi – blast beats (“Born On An Empty Throne”). Le chitarre di Tomek “Żarówa” Dobrzeniecki e Mateusz “Meteor” Szulborski, dal canto loro, hanno un suono marcio e perfettamente in linea con la concezione death. Robert “Odif” Luciński pulsa parecchio, con il suo basso (“Ashes Of Life”), ma nonostante ciò non riesce ad ammorbidire lo stile della band che, alla fine, trova nella voce roca e atona di Kossakowski l’ultimo e definitivo baluardo di uno stile davvero poco incline ad apparire accattivante. Una voce che si tiene ben distante dal growling gutturale, consueto in ambito brutal, preferendo invece un approccio rabbioso sfociante in una specie di ringhio che è sì desueto ma, in fondo, monocorde (“Paradise In Blood”).   

Riordinando le idee, si può affermare che – in fondo – ce l’abbiano fatta, i Nostri, a creare un proprio sound, un proprio marchio di fabbrica. “It’s Going Deeper”, da “Born On An Empty Throne” a “It’s Going Deeper”, mantiene costante i tratti della sua fisionomia, tenendo compatta la struttura delle composizioni attorno a quella contrapposizione death classico/brutal death che non muta durante il susseguirsi delle canzoni. I cromosomi polacchi evidentemente non mancano, nel DNA dei Black Mad Lice, per cui non deve sorprendere né la loro perizia tecnica, né la loro coesione come ensemble che, assieme, consentono di disegnare i tratti caratteristici dell’ensemble stesso.     
 
La nota dolente giunge, ahimè, se si affronta il discorso del songwriting. Un songwriting anche in questo caso privo di profondità, ineccepibile nella costruzione della struttura quanto scolastico nella realizzazione delle finiture. A forza di passare il disco avanti e indietro nel lettore, dopo un po’ arriva inesorabile la noia. Se da un lato si fissa nella mente il sound del gruppo, dall’altro non rimane granché se ci si riferisce alle varie song. Unica eccezione, “Hunger Of Destroyed Existence” che, con i suoi riusciti giri di chitarra e la varietà dei ritmi, rappresenta, forse, quello che sarebbe potuto essere e che, invece, non è stato.   
 
“It’s Going Deeper” è sul filo della sufficienza. Si salva grazie alla perizia tecnica dei Black Mad Lice che, per contro, si dimostrano sì deboli dal lato prettamente artistico da vanificare ogni velleità onde emergere dall’underground.
   
Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Born On An Empty Throne 3:53
2. Paradise In Blood 4:40
3. Dark Tight Room 4:13
4. Strong Enough 4:18
5. Hunger Of Destroyed Existence 4:33
6. Deathbed 3:49
7. Ashes Of Life 3:25
8. It’s Going Deeper 3:44

Durata 32 min.

Formazione:
Jakub “Kosa” Kossakowski – Voce
Tomek “Żarówa” Dobrzeniecki – Chitarra
Mateusz “Meteor” Szulborski – Chitarra
Robert “Odif” Luciński – Basso
Paweł “Zało” Załęski – Batteria
 

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