Recensione: IV

Di Stefano Ricetti - 7 Agosto 2009 - 0:00
IV
Band: Jackal (Ned)
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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58

Strana la storia dei danesi Jackal. Dopo il successo raggiunto nel 1990 con il debutto Rise, non a caso sotto l’egida della potente Emi, che abbraccia sia Europa che Giappone, il gruppo capitanato dal cantante Brian Rich – voce anche nei Narita – prosegue l’attività sfornando album dignitosi come Vague Visions e A Safe Look In Mirrors. Il 1996 segna il rimpiazzo del Nostro da parte di Cartsen Olsen e il gruppo si trasforma negli Encore, poi l’oblio assoluto. Del tutto inaspettato, quindi, il ritorno di questa band proveniente dalle lande che diedero i natali a grossi calibri della portata di Mercyful Fate e Pretty Maids

In realtà dei Jackal esiste solo il monicker, opportunamente tirato a lucido con straccio e Sidol dallo storico Brian Rich che, in attesa di costituire una nuova incarnazione dello Sciacallo con altri adepti, sonda il mercato 2009 con questo quarto album, intitolato non a caso IV, affidando in toto la parte strumentale a una sola persona, tale Carsten Falkenlind.  

Reinforcement costituisce l’ormai obbligatorio intro per una successiva cascata di riff che funge da incipit al brano numero due intitolato Into The Core, che fa del bridge ripetuto il proprio punto di forza, tanto da far risultare la traccia la migliore dell’intero lotto. Melodia unita a heavy metal ficcante, grazie al prezioso lavoro operato dalla chitarra di Carsten Falkenlind, questo pare il leit motiv di un album come IV. Suoni puliti e ben definiti, quindi, perpetuati nel mid tempo di Innocence, brano che comunque non fa di certo gridare al miracolo. In Angels i due Jackal scimmiottano Axel Rudi Pell con una canzone dove l’incedere a la Rainbow pare debba essere un must. Disciple Of The Night è soltanto veloce, No Lifeguard On Duty parte arpeggiata per poi trasformarsi in un episodio in stile Hammerfall senza però eguagliare l’enfasi dei vicini svedesi e con When The Heart Is Strong, come da previsioni suggerite dal titolo, si arriva al lentone di turno, dove il buon Rich viene lasciato “un po’ troppo solo” dal resto della band – anche se fa sorridere il concetto, se contestualizzato in ambito Jackal – per poter graffiare a dovere.           

Endgame, dall’incedere Dokken, non discosta di una virgola lo schema dei Jackal. Ancora melodia sparsa nella ballad No One, troppo scontata e ripetitiva per lasciare il segno, nonostante il buon uso delle tastiere in sottofondo e, per finire, il duo di Copenaghen chiude il disco con i quasi cinque minuti dell’ordinaria Hunter.

Nonostante il suono particolarmente pulito e diretto a IV manca sempre qualcosa, qualcosa che si chiama band, cioè l’incarnazione di un progetto con un nome di persona diverso associato a ogni strumento. Alla prossima, quindi, Brian, sperando di leggere le credenziali di cinque componenti credibili nella futura line-up.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti       

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Tracklist:
01. Reinforcement
02. In To The Core
03. Innocence
04. Angels
05. Disciple Of The Night
06. No Lifeguard On Duty
07. When The Heart Is Strong
08. Endgame
09. No One
10. Hunter

Line-up:
Brian Rich – Vocals
Carsten Falkenlind – All Instruments

 

 

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