Recensione: Kaosism

Di Emanuele Calderone - 13 Aprile 2011 - 0:00
Kaosism
Band: Act of God
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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55

È il 1996 quando a Perm, in Russia, cominciano a muovere i primi passi gli Act of God. I quattro musicisti, inizialmente dediti a un melodic black metal dalle tinte death, con il tempo hanno spostato la propria attenzione verso territori più tipicamente brutal, finendo per approdare a un sound accomunabile all’operato dei ben più celebri Behemoth.

Arrivati con il nuovo “Kaosism” al traguardo del secondo album (il primo “The Place of Worship” risale al 2005), i nostri sembrano aver imboccato una strada che potrebbe, ipoteticamente, assicurare loro maggiore successo, a discapito però di un approccio personale che li renderebbe maggiormente riconoscibili. Perché arriviamo ad affermare ciò? Semplicemente perché, con il passare degli anni, i russi sono divenuti una sterile copia di Nergal e soci, senza però avere le capacità compositive dei polacchi.
Ascoltando questo ultimo arrivato infatti si nota come, se da un lato l’abilità tecnico/esecutiva dei nostri abbia raggiunto dei livelli ragguardevoli, anche se in linea con gli standard del genere, d’altro canto il songwriting spesso stenta a decollare, apparendo in più di un frangente piatto, poco vario e soprattutto stancante.
Difficilmente, analizzando il prodotto in questione, si ha la possibilità di incontrare passaggi personali o particolarmente ricercati, che possano dimostrare, in un modo o nell’altro, lo sforzo da parte della band di proporre qualcosa che vada oltre la solita minestra.

Esaminando le strutture delle canzoni (ben dodici, per un minutaggio totale di 42′ e 15”), salta subito all’orecchio il ricorso ad architetture semplice e lineari, che contribuiscono a facilitare il processo di ascolto del full-length. Il riffing risulta piuttosto aggressivo, serrato, con le chitarre di Nazgul e Ksenoz che si alternano tra rasoiate velocissime ed assoli altrettanto rapidi. Il lavoro viene svolto con buona cura, risultando pulito e del tutto privo di sbavature, ciò nonostante è anche ben poco incisivo.
Il comparto ritmico, ad opera di Yog-Sothoth alla batteria e Daemorph al basso, ancora una volta è esente da critiche per il lato esecutivo, senza però brillare per varietà e dinamicità. Questa mancanza mina inevitabilmente la longevità del disco.
Dulcis in fundo il cantato del già citato Nazgul, autore di una prova media, che non si discosta minimamente da quanto si può sentire in altri innumerevoli band. Il growl, seppure profondo e bene impostato non spicca per personalità o potenza, perdendosi quindi nel mare di voci brutal.

Passando in rassegna le dodici tracce contenute, come è logico che sia, non tutto è da buttare. Sebbene molto di maniera, alcuni pezzi scorrono nelle orecchie dell’ascoltatore con discreto piacere: è il caso della cadenzata “Day of Revenge”, in grado di catturare l’attenzione grazie a qualche passaggio che riecheggia, pur sempre con le dovute differenze, i Bolt Thrower dell’immortale “War Master”. Niente male anche la successiva “Daath”, più melodica e varia, nella quale emerge parzialmente anche una certa voglia di distaccarsi dai Behemoth.
Gradevoli, seppur musicalmente totalmente fuori contesto, “Gladius Diaboli” e la conclusiva “Ordo Nihil”, più orientate verso sonorità elettroniche e dunque distanti anni luce e scollegate dal resto della tracklist.
I rimanenti episodi tendono invece a somigliarsi tutti molto non solo strutturalmente, ma anche (e soprattutto) melodicamente, presentando uno svolgimento sempre molto simile che rischia di tediare velocemente.

Siamo dunque giunti alle conclusioni: gli Act of God compongono un dischetto che si muove tra luci e ombre, dalla qualità piuttosto altalenante e discontinua. Volere sfondare con una proposta del genere, specie in un panorama ampio e affollato come quello brutal, sembra davvero un’utopia. I nostri dovranno dunque impegnarsi maggiormente, lavorando molto sulle proprie composizioni e aggiustando il tiro.
E’ inoltre d’obbligo, per il bene della band stessa, cercare di trovare una strada più personale e meno derivativa, poiché in più di un punto questo album rasenta il plagio.
Per ora la sufficienza è ancora un poco lontana, ma speriamo che già dalla prossima uscita questi russi riescano a farci ricredere, donandoci un cd di ben diversa levatura.

Emanuele Calderone


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Tracklist:
01- 10100011010
02- Rain on the Earth
03- We are Omen of Coming Reign
04- Great Arise
05- Gladius Diaboli
06- Day of Revenge
07- Daath
08- Vortex of Devastation
09- Bleeding Creature
10- Life Denied
11- Exodus to Nothing
12- Ordo Nihil

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