Recensione: Kenz Illusion

Di Elisa Tonini - 19 Aprile 2021 - 8:30
Kenz Illusion
Band: Nawather
Etichetta: M & O Music
Anno: 2021
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
77

Tra la miriade di definizioni musicali parecchie band cercano di ritagliarsi un’ulteriore, personale nicchia. Ecco che l’Oriental Metal degli israeliani Orphaned Land diventa Tunisian Metal Oriental nei presenti Nawather, band formata nel 2013 il cui nome corrisponde ad una modalità musicale tunisina. Si tratta di suggestioni indubbiamente intriganti, concretizzatesi nel grezzo ma interessante album di debutto “Wasted Years” (2016) e nel secondo album “Kenz Illusion”, uscito quest’anno.

Fin dall’esordio la formula dei Nawather combina essenzialmente un’articolata base di stampo prog metal e death metal melodico alla musica classica popolare tunisina detta “malouf”, con grandissima enfasi sul brillante qanun, strumento folk. Si tratta di un’amalgama fatto di contrasti ed uno di questi ha come protagonisti l’avvicendarsi del cantato femminile in clean e del growl maschile (elementi in comune a band come Lacuna Coil e Nightwish) su testi sia in arabo che in inglese.  La voce di Ryma Nakkach – per certi aspetti uno splendido incontro tra Liv Kristine ed Ofra Haza– è un grande polo di attrazione grazie al suo timbro generalmente caldo e vellutato, che si impernia su stili tipici della propria tradizione culturale, ma non solo. In “Kenz Illusion” esplora fugacemente tonalità addirittura nere (“Treasure Chest”) ma anche grintose prove hard&heavy occidentale ( come in “Breath Of Jasmin” e Immortal Greed”), manifestando in ogni caso linee vocali dalla sensualità pura, tuttavia mai volgare, ed in grado di espandere una spiritualità senza limiti alle dieci nuove tracce.

Si tratta di pezzi caratterizzati da una maggiore cura nel songwriting e negli arrangiamenti che includono – come il precedente disco – incursioni dall’aria cibernetica (per certi versi simili ai Dark Tranquillity) ed una nuova spiccata componente sinfonica, dall’atmosfera quasi new age. C’è un’assoluta coerenza generale, portatrice di emozioni misteriose ed incantate dal sapore disteso e contemplativo, così come di un’istinto poderoso e resiliente. Questo lato è assecondato dal growl corpulento ed instancabile -anche se timbricamente più comune – del cantante. Il basso, sfumando all’occorrenza col qanun, definisce una profondità immersiva  ad un contesto squisitamente epico, da cui si lanciano virtuosi assoli di chitarra. Quando necessario intervengono altri strumenti tradizionali a fiato (fra cui il nay) e percussioni.
Se dobbiamo cercare i punti più alti dell’opera, l’eccellente “Yamira” è forse il pezzo migliore in quanto a raffinato equilibrio strumentale ma pure “Immortal Greed” con la sua fantastica dimensione ultraterrena ed aggressività al limite del brutal death non è da meno. Tra gli altri brani che spiccano, impossibile non citare la forte componente percussiva ed il respiro tecnologicamente invernale di “The Winter Serenade”, la grintosa femminilità di  “Breath Of Jasmin” e la pervasiva sensualità dello splendido singolo “Falleg” .  L’iniziale “Treasure Chest”  si differenzia per essere il pezzo più diretto del disco e sembra esaltare più di tutti la trascinante bellezza ipnotica del qanun.
Se ci deve essere un difetto, nelle tracce non citate in precedenza pur presentando motivi degni di lode (come i maestosi cori sacri in “Kings Cards”), si avverte a tratti la sensazione che forse certe soluzioni melodiche potessero essere un pelino più diversificate.

Con “Kenz Illusion” i Nawather ci propongono un lavoro complessivamente di buonissima fattura, suonato con grande abilità tecnica ed incorniciato da un eccellente produzione che risalta ogni particolare. Certamente, data la provenienza, impossibile non menzionare i loro connazionali Myrath – con cui il batterista Sail Louhibi ha suonato nei primi due album – ma il gruppo pur avendo qualche affinità stilistica ( in questo caso specie con l’album “Legacy”) si sono ritagliati un degno posto nella scena tunisina. Al di fuori di essa, ai Nawather si potrebbero affiancare gruppi come Orphaned Land e gli Aeternam ( di “Al Qassam”) ma anche i sauditi Al-Namrood per certe melodie create anche dal qanun, tuttavia siamo di fronte ad una band che sa il fatto suo e che può ancora crescere e migliorare ulteriormente. Un disco imperdibile se si amano le sfumature esotiche del metal, ma potrebbe rivelarsi una sorpresa per quelli del prog e per quelli mentalmente aperti del death melodico.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

Ultimi album di Nawather