Recensione: Kingdome Come
Galeotto fu lo sgombero di un garage da parte del singer Ken Redding: cosa ci trova il Nostro tra quintali polvere, olio bruciato per terra e masserizia varia? Ma le prime registrazioni degli His Witness, ovviamente! La cosa la viene a sapere il chitarrista Bill Menchen, ormai restauratore ufficiale della Retroactive Records e il gioco è fatto: la vecchia audiocassetta che veniva venduta alla fine dei concerti della band e che mai vide la luce ufficialmente, viene ripulita, rivitalizzata da qualche inserto di chitarra da parte dello stesso Menchen et voilà, il disco esce sul mercato.
Kingdom Come è un crogiuolo di HM americano di stampo melodico e ispirazione cristiana in piena regola. Quindi tonnellate di influenze a la Dio, Fates Warning, Lizzy Borden, Stryper, Barren Cross, Keel e Queensryche. All’interno dei dieci capitoli spicca la magnetica Jesus Heals, dal coro inaspettato, la solida e veloce Guard Your Heart, l’arabeggiante e originale semi ballad Love Of God.
La resa sonora generale non è malvagia, tenendo conto che si tratta di un’operazione di recupero. Quello che sicuramente manca a Kingdom Come è, in generale, l’hook giusto, il pezzo che faccia sobbalzare dalla poltrona o anche solo un po’ di adrenalina in più.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Tracklist:
1.Everlasting Life
2.Kingdom Come
3.Last Days
4.Jesus Heals
5.Call On Him
6.Guard Your Heart
7.Pick Up Your Cross
8.Jesus Died For You
9.Love Of God
10.Party’s In Heaven