Recensione: Kuoleman Kirio

Di Manuele Marconi - 14 Dicembre 2020 - 16:13
Kuoleman Kirio
Band: Horna
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
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85

Dalle profondità emerge un gigante, che si fa spazio fra l’humus più umido e sporco che la terra possa offrire, per tornare a sfidare le candide schiere celesti ed inquinare l’eden con il suo nero incedere.

La copertina di “Kuoleman kirjo” racconta l’inizio dell’ennesima battaglia infernale di uno degli ultimi alfieri del vero metallo nero primigenio, gli Horna, dopo l’ultima vera fatica targata 2015 (senza contare split ed EP, che nella produzione dei quattro finnici sono presenti in un numero esorbitante).

Gli Horna sono uno dei gruppi storici del panorama black metal tutto, ed in particolare rappresentano una delle punte di diamante del vivaio finlandese. Il progetto nasce nel 1995, e dà vita al primo full length solo nel 1998 facendo divampare la fiamma nera, che si era già propagata in Norvegia e Svezia, anche nella terza figlia del Baltico. La loro produzione è vastissima: questo forse non ha giovato alla riuscita artistica della band, che spesso ha attirato su di sé critiche dovute alla scarsa varietà del proprio repertorio (l’instabilità della formazione non ha mai aiutato in questo: l’unico membro del gruppo originale rimasto è Shatraug), seppur in sede live ed in generale dal pubblico abbiano sempre ricevuto riscontri più che positivi, quasi di culto. Per completare il decimo full length dei nostri sono stati assoldati un nuovo batterista (LRH nel 2016) ed un nuovo bassista (VnoM nel 2018), rispettando la tradizionale tendenza al cambiamento che alberga nel progetto di Shatraug; stavolta questo avrà dato linfa vitale al gruppo o avrà solo mischiato le carte di un mazzo usurato dagli anni?

L’opera in questione si apre subito con uno dei suoi brani di forza (uno fra i tanti validi di questa release), che è stato sapientemente utilizzato come singolo di lancio, usato come un efficace ariete per sfondare i cancelli dei blackster più ortodossi. “Saatanan viha” graffia le orecchie dell’ascoltatore con un riff sibilante e incisivo. La prova dietro le pelli del nuovo acquisto LRH è magistrale (sarà mvp dell’album sotto questo aspetto): varia, puntuale e secca. Le chitarre gemelle che assalgono la traccia e si scontrano con le tetre linee di basso completano il quadro di un pezzo granitico e solido. Inizio pazzesco. “Sydänkuoro” regala un primo assaggio di varietà generale nel disco tramite una linea vocale ruvida con piacevoli clean vocals in sottofondo e momenti che rallentano marcatamente la progressione. Brano in qualche modo di rottura rispetto ai precedenti, inserito proprio quando sembrava che i nostri potessero ricadere nello spettro del piattume spesso criticato. In tutto questo da sottolineare le linee melodiche anche delle chitarre, sempre ottime (altra costante di tutto l’album). “Elävänä, kuolleena” presenta un fantastico riff portante, pieno della personalità che ci si aspetta da un peso massimo della scena; arrembante e coinvolgente. “Haudattujen tähtien yönä” cambia di nuovo i giri del disco, partendo con un bellissimo incipit melodico al microfono, seguito dalle chitarre. Altro brano meno impattante ma più d’atmosfera e con più attenzione alla composizione. “Pyhä kuolema” parte con l’acceleratore pestato a tavoletta, ma si rivela successivamente l’ennesimo asso nella manica dei quattro Finlandesi: quello che potremmo chiamare ritornello non solo è cantabile e trascinante, ma viene anche seguito da un lavoro di riffing esemplare, fra chitarre costantemente supportate da una grande batteria. Le sei corde, con un finale da montagne russe melodiche, chiudono un brano che si rende facilmente intonabile per chiunque, e particolarmente adatto ad urla di massa in sede live. Il disco si chiude sulle note di “Ota minut vastaan” che parte con un funereo canto (che farà da ritornello per tutto il pezzo) per poi aggredire l’ascoltatore con un riffing intenso e veloce ed alternare momenti di blast beat furiosi a decelerazioni graduali e sempre coerentemente inserite nel flusso del brano.

La produzione del disco è semplicemente perfetta: ogni singolo suono si amalgama con l’altro come se provenissero davvero da un’unica fonte, senza però confondersi l’un l’altro e anzi rimanendo perfettamente distinguibili; giova di questo in maniera particolare la batteria, che risulta sempre puntuale, netta, piena; in una parola: vera. Fra tutte queste lodi e tappeti rossi srotolati a festa però, c’è un punto che non è stato ancora toccato. Nonostante i singoli brani siano molto convincenti, forse la durata dell’opera nel suo complesso risulta eccessiva rispetto alla media del genere, che per sua natura non fa della varietà di fondo il suo punto forte. La fruizione spezzettata quindi tira fuori il meglio che la release ha da offrire, risultando probabilmente più soddisfacente dell’ascolto in unica soluzione. Nella lunga (e piena) carriera degli Horna solo due volte si è oltrepassato il limite dell’ora di riproduzione, e se non consideriamo il secondo full lenght da loro prodotto, “Sanojesi äärelle” è l’episodio più dilatato della loro discografia, sfiorando quasi l’ora e mezza. Quest’ultimo aveva tutti i caratteri dell’opera magna dei nostri, ma incappava proprio nel difetto di fruibilità dato dalla forse eccessiva voglia di creare proprio un’opera magna (addirittura divisa in due CD). Va precisato che in “Kuoleman kirjo” non avviene assolutamente questo. Qui la presenza di filler è ridotta al minimo, ed il rischio di distrarsi è totalmente fugato: la pesantezza dell’ascolto dipende esclusivamente dalla “pazienza” dell’ascoltatore, non dalla validità della sequenza musicale riprodotta. Perciò l’“effetto Sanojesi” (nel senso di stanchezza di ascolto) qui risulta minore, e questo va a migliorare ciò che aveva fatto il miglior lavoro degli Horna dai tempi del (pazzesco) esordio, aggiungendo al mosaico della loro discografia un’opera che riesce a sintetizzare la maestosità di “Sanojesi äärelle” con l’impeto diabolico degli esordi. Un album che chiede solo di essere ascoltato; “Ota Minut Vastaan”, come dice il suo brano conclusivo: “Accoglimi”.

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