Recensione: Kvitravn

Di Stefano Usardi - 21 Gennaio 2021 - 10:00
Kvitravn
Band: Wardruna
Etichetta: Sony
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2021
Nazione:
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90

Per chi non li conoscesse, i Wardruna nascono agli inizi del nuovo millennio come progetto di folk norvegese con l’obiettivo di creare un’interpretazione musicale delle antiche tradizioni norrene, giunto alla notorietà anche grazie (oltre agli indubitabili meriti musicali) alla serie TV Vikings, nella cui colonna sonora erano presenti alcuni brani del nordico ensemble. Il qui presente “Kvitravn” (Corvo Bianco) è il quinto album per il gruppo guidato da Einar Selvik, e si ricollega al discorso intrapreso con la celebre trilogia delle rune dei nostri distaccandosi dal precedente lavoro, l’interlocutorio ma sempre eccellente “Skald”. Sempre per chi non li conoscesse, il metodo usato per veicolare il messaggio di Einar e soci – che comprendono un nutrito gruppo di cantanti tradizionali norvegesi guidati da Kirsten Bråten Berg, tra le più importanti artiste in questo campo – contempla unicamente l’utilizzo di strumenti storici e tradizionali: largo quindi a fiati come il Lur, sia di legno che di bronzo, percussioni, corni di capra e strumenti a corda come la Moraharpa e la Tagelharpa. Per dare qualche riferimento ulteriore e delimitare meglio le coordinate musicali entro cui ci si sposta, siamo dalle parti di “Kveldssanger” o dei lavori di Hagalaz Runedance, ad opera di Andrea Haugen. Un folk puro, quindi, screziato di ambient e dominato da melodie ipnotiche e vibranti, voci pulite (una menzione d’onore per la prova di Lindy–Fay Hella, indispensabile braccio destro di Einar e autrice di una prestazione maiuscola) e cori concentrici, il tutto scandito da ritmi pacati e costanti, seppur dotati di una certa ossessiva ripetitività, che donano all’opera un’aura antica, sacrale, sciamanica. Va da sé che, in lavori come questo, la capacità di creare atmosfere di un certo tipo diventi fondamentale, ma per fortuna i Wardruna sono, in questo, dei veri maestri. Ogni elemento di “Kvitravn”, dal suono di un corno al rumore del vento tra gli alberi, si fonde a ciò che gli sta intorno, dando vita a un lavoro sfaccettato, intensissimo, fatto di atmosfere cupe, raccolte, capaci di affascinare l’ascoltatore e attirarlo in un mondo remoto, mistico, in cui perdersi anche a fronte di un ascolto distratto. Undici tracce per un’ora abbondante di musica densa, emozionante, definita dalle continue stratificazioni che, sedimentandosi lentamente su ritmi ipnotici, donano all’esperienza una profondità invidiabile, evocando spazi sconfinati sotto un cielo plumbeo, fiordi nebbiosi o foreste impenetrabili illuminate dalle prime luci dell’alba.
Nonostante una musica di questo tipo non sia ovviamente per tutti (il genere richiede una certa predisposizione e sensibilità per essere compreso e apprezzato al meglio) non posso fare a meno di notare come la poderosa carica mistica ed evocativa dei Wardruna tocchi con incredibile facilità le corde nascoste dell’animo: gli intrecci di archi, fiati e percussioni creano un moto ondoso continuo, estatico e ammaliante, la cui ieraticità pacata ma al tempo stesso inquieta e solenne guida l’ascoltatore in un vero e proprio percorso contemplativo, quasi iniziatico, sospeso tra le nebbie del mito. Lontani dalla carica violenta di certi colleghi (e del passato dello stesso Einar, in precedenza tra le fila dei blackster Gorgoroth), i Warduna concentrano le forze per tratteggiare gli aspetti più introspettivi del folklore norreno: il tema portante ruota attorno al rapporto uomo/natura, molto caro a Einar, ma in “Kvitravn” si trattano anche magia, animismo, il carattere profetico degli animali bianchi visti come i mediatori e messaggeri del volere degli dèi e l’opera imperscrutabile delle Norne sul destino degli uomini. Con questo obiettivo in mente, i Wardruna creano un substrato sonoro fortemente meditativo in cui elementi progressive si fondono all’epicità latente di certe melodie e intrecci vocali, guardati a vista da ritmi tribali ora calmi, ora frenetici. Sebbene ogni traccia di “Kvitravn” possieda una propria personalità ben definita, il classico track by track sminuirebbe a mio avviso il valore di un’opera così profonda eppure al tempo stesso immediatamente ammaliante, disperdendone il fascino in uno sterile ed impersonale tentativo di anatomizzare un’emozione. Consiglio pertanto un ascolto complessivo dell’album, il modo migliore per apprezzare ogni sua sfaccettatura.
Se non si fosse ancora capito, “Kvitravn” è l’ennesimo gioiello sulla corona dei Wardruna, e va gustato tutto d’un fiato per permettere alla compagine norrena di intrappolarvi nel suo incantesimo e guidarvi negli ampi scenari che evoca: scenari antichi, incontaminati, in cui uomini e dèi camminano sotto lo stesso cielo e tra le stesse foreste.
Un lavoro memorabile: niente di più, niente di meno.

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