Recensione: L.i.f.e.
Gli Holyland sono una metal band fiorentina che ha alle spalle un’esperienza ormai decennale, avvalorata da prestigiosi live set in Italia e all’estero come da convincenti prove in studio. Dopo il primo demo “The VIII Crusade”, pubblicato nel 1999 e utile a far circolare il nome del gruppo in ambito toscano, gli Holyland trovano la quadratura del cerchio con l’ingresso del batterista Massimo Sozzi e del cantante Gianni Miccinesi, che assieme allo storico chitarrista Fabio Binarelli formano quella che è tuttora l’ossatura del gruppo. Siamo nel 2003, i problemi di line up vengono quasi interamente risolti e la band pubblica “..And Say Goodbye To The World”, promo in bilico tra classic heavy e thrash metal dal sapore Bay Area che consente loro di intraprendere una intensa attività live. Nel 2006 esce quindi “Everything Comes From The Pain”, un tre pezzi adrenalinico e caratterizzato da velocità ancor più sostenute. Manca ancora un bassista in pianta stabile e così per l’occasione viene reclutato uno special guest d’eccezione, Andrea “Tower” Torricini, già con i Vision Divine.
A questo punto la band è pronta a spiccare il volo, tant’è che dopo la partecipazione al BY Festival di Sandanski in Bulgaria viene anche inserita nel bill del Monsters of Rock 2006, sfortunatamente cancellato. Veniamo dunque ai giorni nostri, perché nel gennaio dello scorso anno si unisce alla band il bassista Matteo Niccolai e il quartetto, finalmente al completo, comincia a lavorare a questo primo full album prodotto da Frank Andiver per la Rising Works. Tra la primavera e l’estate 2008 vede la luce L.I.F.E, disco dalle molteplici sfaccettature e stilisticamente variegato, in grado di colpire per la ricercatezza melodica così come per l’impatto a tratti dirompente.
Gli Holyland riescono infatti a convincere per la loro capacità di muoversi tra heavy classico, power e thrash rielaborando il tutto secondo la propria sensibilità, macinando e arrangiando idee in modo personale servendosi di un bagaglio tecnico-compositivo di indubbio spessore.
L’opener Give Me The Voice fa subito intendere che aria tira, con il suo riffing roccioso e asciutto sul quale la trascinante voce di Gianni si distingue sia nell’incalzare della strofa che soprattutto nell’azzeccatissimo ritornello, cantabile e di facile presa, perfettamente in linea con le esigenze di un pezzo d’apertura.
Le successive (I Need) More Time e Two svelano forse il lato più spiccatamente melodico della band, che qui si avvicina al power e al classic metal degli anni ottanta pur senza disdegnare sconfinamenti in ambito prettamente thrash. In questo senso colpisce particolarmente la prima citata, nella quale l’intermezzo strumentale è caratterizzato da ottimi soli e da accelerazioni indiavolate che rimandano direttamente a gruppi come Annihilator o Forbidden. Two, brano di maideniana memoria, si distingue invece per la sua struttura essenziale e per il suo coinvolgimento immediato, essendo costruito su una strofa battagliera culminante in un ritornello di quelli da far alzare il pugno al cielo.
Si arriva così a The Game, senza dubbio tra i brani più riusciti del lotto per la sua costruzione ritmica articolata che mette in luce le qualità tecniche di tutti i componenti del gruppo. Le rifiniture cesellate dalla chitarra di Fabio, eleganti e mai invadenti, si sommano alla prestazione ancora eccellente del vocalist Gianni conferendo al brano un’organicità per nulla scontata. Il finale del pezzo va quindi a sfumare introducendo la toccante Angel, intermezzo di solo piano e voce che oltre a far tirare il fiato all’ascoltatore (non a caso il brano è posto a metà disco) ha il pregio di mettere nuovamente in evidenza le doti del cantante. Quest’ultimo, accompagnato nell’occasione dal “guest musician” Giulio Pietropaolo, interpreta con rara intensità un brano dalla spiccata sensibilità melodica, emozionante e coinvolgente. Le note della struggente Angel diventano così il viatico alla seconda parte del disco, che non tarda a mostrare il volto più estremo del combo fiorentino.
Victim Of The Night infatti è una vera rasoiata di puro thrash metal “colto”, velocissima e piena di riff potenti sui quali si stagliano soli molto tecnici e una voce tiratissima dall’inizio alla fine. Anche la sezione ritmica si dimostra impeccabile e con queste premesse è facile pensare che il brano sarà tra i più trascinanti in sede live. Spazio poi a Through The Gate, breve intermezzo strumentale che fa da preludio a The Sentence, composizione dall’incedere eroico e dal sapore vagamente epico che testimonia una volta di più la versatilità del gruppo. Il brano in questione, che sfiora gli otto minuti, si risolve in un lungo finale caratterizzato da un suggestivo arpeggio di chitarra e da un indovinato solo di basso, che cullano l’ascoltatore sino al dittico finale.
Voices Of Persecution ha tutto quello che gli Holyland sono in grado di offrire, strofe e ritornelli che colpiscono per la loro freschezza ma al contempo una propensione allo sviluppo e all’articolazione del brano tipica del thrash. A questo proposito mi preme sottolineare la notevole capacità di arrangiamento messa in campo dai nostri, che con la conclusiva Fading Light riescono veramente ad elevarsi sopra la media. Per il sottoscritto siamo di fronte alla punta di diamante del lavoro, caratterizzata da un impatto devastante ma sempre ragionato oltre che da una ricercatezza delle soluzioni ritmiche e melodiche che fanno immediatamente percepire la maturità del gruppo.
A conclusione direi che questo disco, indipendentemente dal gusto personale di ogni ascoltatore, ha dei pregi che devono essere riconosciuti in modo oggettivo. Il primo, non trascurabile, è quello di avere una produzione assolutamente professionale e di conseguenza un sound nitido e potente. Il secondo, che traspare dal livello delle composizioni, è che se pur di fronte ad un debut album la lunga gavetta che i quattro hanno alle spalle ci consegna un gruppo con personalità e che sa quello che vuole. In ultima istanza, una notazione relativa all’aspetto stilistico: L.I.F.E., come accennato in principio di recensione e come ribadito in lungo e in largo è un disco che abbraccia generi diversi in modo organico.
Questo fa si che possa piacere ai fedeli del power, che ne potranno apprezzare l’aspetto più diretto e melodico, così come agli appassionati del thrash più tecnico e raffinato. Il tutto si muove in bilico tra questi due poli, anche se a dirla tutta sarebbe più giusto affermare che ci troviamo “semplicemente” di fronte ad un ottimo disco metal, che per definizione può essere apprezzato da chiunque.
Daniel “Den” Oliva
Line Up:
Gianni Miccinesi: Vocals
Fabio Binarelli: all Guitars and Keyboards
Matteo Niccolai: Bass
Massimo Sozzi: Drums
Jacopo Bittoni: additional Guitars
Guest Musician
Giulio Pietropaolo: Piano on “Angel”
Tracklist:
1 Give Me The Voice (5:01)
2 (I Need) More Time (6:37)
3 Two (3:56)
4 The Game (5:55)
5 Angel (2:22)
6 Victim Of The Night (3:44)
7 Through The Gate (0:55)
8 The Sentence (7:53)
9 Voices Of Persecution (6:07)
10 Fading Light (6:49)