Recensione: Last Curtain Call

Di Tiziano Marasco - 11 Novembre 2011 - 0:00
Last Curtain Call
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Anno: 2011
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75

Indiscutibilmente i Theatre of tragedy sono una delle colonne portanti del movimento gothic dagli anni novanta a questa parte, sono stati, anzi, tra gli alfieri del genere. Che la loro carriera sia poi proceduta tra alti e bassi è un altro dato incontestabile.

La loro evoluzione in dischi come “Musique” o “Assembly”: album in cui la band ha cercato di unire atmosfere gotiche e massicce a sonorità elettroniche molto meno heavy e, come si suol dire, commerciali, sono l’esempio più lampante. Scelta coraggiosa, forse opinabile, che è costata la perdita di un nutrito gruppo di fan. Da qui la decisione, con “Storm”, di tornare su sonorità più canoniche e di uniformarsi al panorama neo-gotico che spopola nell’Europa del nord. Decisione che ha fatto dei Theatre of Tragedy un gruppo onesto, magari con un po’ di classe in più della media, ma sicuramente normale, molto simile a molti altri e ben lontano dai fasti del passato.

In questo 2011, dopo quasi vent’anni di carriera, tra pagine gloriose e clamorosi passi falsi, la band norvegese decide di regalarci “Last Curtain Call”, secondo live album nella loro storia. Esce in due versioni: un doppio cd (di cui qui ci occupiamo) e un dvd accompagnato da un cd live.
Live interessante, dato che funge contemporaneamente da best of. Due cd e sedici tracce che riprendono tutte, o quasi tutte, le tappe del gruppo norvegese. Da notarsi infatti l’incredibile equilibrio nella scelta dei brani, giustamente non proposti in ordine cronologico. Gli ultimi due dischi, infatti, non godono di una posizione privilegiata rispetto alle pietre miliari (risulta assai gustoso, per esempio, il fatto che il disco più rappresentato sia “Velvet Darkness They Fear”, con quattro canzoni).
A questo equilibrio nelle scelte si accoppia anche un incredibile equilibrio interpretativo. La band infatti cerca di adattare i brani più datati al nuovo corso sonoro, dando a tutto il live un’uniformità che ne facilita di molto la fruizione e la godibilità. Le nostre orecchie non vengono sballottate dalle atmosfere moderne dell’opener “Hide and Seek”, ruvida e agressiva, a quelle più arcaiche e languide della successiva “Bring Forth Ye Shadow”. Va detto che, sebbene le canzoni più vecchie siano spoglie dell’alito decadente e scapigliato che le animava, pur tuttavia mantengono la loro grandiosità. Non di meno si adattano, con naturalezza quasi insperata, al nuovo sound della band.
La misteriosa “A Rose for the Dead” ancora affascina e cattura, “Venus” è uno dei migliori episodi del disco, se non il migliore; “And When They Falleth”, ancora, pare una canzone dei giorni nostri e dimostra come, anche in sede live, la nuova cantante Nell Sigland non faccia rimpiangere Liv Kristine.
L’adattamento, purtroppo, non riesce egualmente bene con le canzoni risalenti alla svolta “filo-pop”. Il caso più lampante è “Image”, il cui ritornello, che è sì catchy e di buon effetto, ma pur sempre semplice e “plebeo”, sembra davvero fuori luogo. Meglio “Machine” e “Fragment”, ma decisamente nulla di trascendentale.
Venendo ai brani nuovi e più recenti, come spesso accade, dal vivo acquistano una marcia in più. Non secondario, tuttavia, il fatto che essi brillino un po’ anche di luce riflessa, stando vicini ai capolavori del passato. “Frozen” o “Storm”, infatti, non sembrano aver nulla da invidiare a “Der Tanz der Schatten”. Infine da segnalare assolutamente “Fade”, che contende a Venus la palma di miglior episodio dell’opera. Un brano in grado davvero di togliere il fiato e che conferma come “Storm”, seppur non sia una pietra miliare del gothic moderno, sia un disco comunque rispettabile.

Siamo abituati a pensare a live e raccolte come a dei riempitivi per band in crisi creativa, costrette in qualche modo a dover fare cassetta o a onorare un contratto. Se anche così fosse, “Last Curtain Call” è un’eccezione davvero piacevole. Un’opera con punte qualitativamente superbe che ci consegna i Theatre of Tragedy in buona forma. Una band che, a dispetto di alcune ultime produzioni non esattamente ispirate, sul palco continua a coinvolgere, trascinare e conquistare. Una bella sorpresa per i fan di lungo corso, ma da consigliarsi soprattutto a chi, da neofita, si volesse avvicinare per la prima volta al gruppo norvegese.

Tracklist:

CD 1
01 Hide and Seek
02 Bring Forth Ye Shadow
03 Frozen
04 Ashes and Dreams
05 A Rose for the Dead
06 Fragment
07 And When He Falleth
08 Venus

CD 2
01 Hollow
02 Storm
03 Image
04 A Hamlet for a Slothful Vassal
05 Fade
06 Machine
07 Der Tanz der Schatten
08 Forever Is the World

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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