Recensione: Laughing On Judgement Day

Di Stefano Burini - 5 Luglio 2010 - 0:00
Laughing On Judgement Day
Band: Thunder
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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86

I Thunder, freschi dello scioglimento avvenuto al termine del tour celebrativo che li ha portati ingiro per il mondo durante tutto il 2009, sono in realtà stati una delle poche grandi band britanniche a portare avanti ad altissimi livelli per tutti i 90’s quella commistione di blues e hard rock concepita oltre vent’anni prima da gente come Led Zeppelin, Whitesnake, Free e Bad Company.
Inoltre, a dispetto della nazionalità d’appartenenza e dell’evidente debito d’ispirazione nei confronti
dei suddetti gruppi, i londinesi flirtavano con molteplici influenze di matrice nordamericana, le quali arricchivano il loro sound di sfumature blues, tonalità soul e timidi accenni funk, il tutto ulteriormente valorizzato da curatissimi arrangiamenti a base di trombe, sassofoni e armoniche dal
fascino fortemente retrò.
La loro America non era, in effetti, quella della West Coast, dei lustrini e del Sunset Strip (de)cantata per più di un decennio da un intera generazione di glamsters e chic rockers, bensì l’America contadina e viscerale di Springsteen, dei Creedence Clearwater Revival e, perché no, dei Lynyrd Skynyrd.

Luke Morley e Ben Matthews non passeranno certo alla storia come assi della sei corde né come innovatori assoluti: il loro modo di intendere la musica, riff-strofa-ritornello-assolo, così come le melodie dai toni sempre caldi e suadenti, sono quanto di più classico e tradizionale si possa immaginare, eppure l’intero album ha dalla sua padronanza assoluta del vocabolario hard blues, qualità nelle composizioni e sentimento.

Lo spettacolo inizia sulle note di “Does It Feels Like Love”: suoni potenti e cristallini (rimarchevole, a questo proposito, il compito svolto dall’ex Duran Duran Andy Taylor alla consolle), arrangiamenti molto ben congegnati e una prestazione vocale di assoluta eccellenza da parte di Danny Bowes, colui che si può considerare come il vero fuoriclasse della band, grazie a un timbro pieno e aggressivo un po’ à la Ronnie James Dio e a una grande capacità interpretativa.
“Everybody Wants Her” e “Low Life In High Places” cambiano le carte in tavola, l’una andando a citare addirittura gli Ac / Dc prima di lasciarsi andare ad un refrain scanzonato e strafottente sui cui s’innestano gli interventi degli ottoni dei “The Big Bad Horns”, l’altra con la sua atmosfera “rurale” e genuina sostenuta da chitarra acustica, basso e voce in attesa della deflagrante entrata in scena delle chitarre elettriche.
La title track riprende pedissequamente le coordinate sonore di “Does It Feels Like Love”, mentre “Empty City” è un mirabile blues notturno in grado di dipingere da principio l’atmosfera di eterea quiete ispirata da una città in letargo, grazie a poche sapienti pennellate. Il successivo crescendo, sottolineato dall’ugola di Bowes e dall’entrata in scena graduale dei vari strumenti fino alla tempesta elettrica sul finale, è di un’intensità assolutamente straordinaria.
In effetti è proprio su questo terreno che i Thunder danno il meglio di loro stessi: Danny Bowes si ritrova perfettamente a proprio agio sia quando si tratta di sussurrare con dolcezza versi malinconici e struggenti, sia quando si tratta di graffiare a dovere e la sezione strumentale è versatile al punto da riuscire a mutare completamente il mood del pezzo in un battito di ciglia, passando con estrema disinvoltura da pochi accenni di acustica a taglienti svisate di elettrica distorta.

Questo schema verrà riproposto anche in altre songs, quali l’emozionante “Today The World Stops Turning” e “Long Way From Home” mentre le successive “Fire To Ice” e “Feeding The Flame” virano in maniera più decisa su tonalità hard rock oriented.
La scaletta è lunghissima, quasi interminabile, “A Better Man” è una deliziosa canzone d’amore dall’atmosfera bucolica, giocata su strumenti semplici come chitarre acustiche e armoniche a bocca. “The Moment Of Truth” è tosta e vagamente funky nelle strofe, ma perde forse qualcosa in un refrain carente d’impatto mentre “Flawed To Perfection” è l’unica concessione all’hair metal con i suoi ritmi sostenuti e i cori in stile Poison.
Con “Like A Satellite” e l’ottima “Babe I’ll Be Gone” si conclude in pompa magna questo secondo capitolo della ventennale carriera dei Thunder, probabilmente il lavoro complessivamente più riuscito a firma dei rocker inglesi, non un capolavoro in quanto a originalità e innovazione, quanto
piuttosto un grande album di hard blues composto, suonato e arrangiato in maniera superba, assolutamente da recuperare per gli appassionati del genere.

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Line Up:

Danny Bowes – Voce
Luke Morley – Chitarra
Ben Matthews – Chitarra, tastiere
Mark Luckhurst – Basso
Gary James – Batteria

Tracklist:

01. Does It Feels Like Love
02. Everybody Wants Her
03. Low Life In High Places
04. Laughing On Judgement Day
05. Empty City
06. Today The World Stops Turning
07. Long Way From Home
08. Fire To Ice
09. Feeding The Flame
10. A Better Man
11. The Moment Of Truth
12. Flawed To Perfection
13. Like A Satellite
14. Babe I’ll Be Gone

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