Recensione: L’Enfant Sauvage

Di Stefano Burini - 3 Luglio 2012 - 0:00
L’Enfant Sauvage
Band: Gojira
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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85

Quando si parla di band come Meshuggah, Periphery e Gojira ci si sta riferendo all’avanguardia, alle vere e proprie punte di diamante del metal di inizio millennio e il 2012 pare essere l’anno della definitiva consacrazione per queste tre incredibili band. Dopo aver apprezzato il ritorno degli svedesi con il superbo “Koloss” e nell’attesa di poter ascoltare a breve “Periphery II: This Time It’s Personal”, non resta altro da fare che coccolare amorevolmente il nuovo nato di casa Gojira.

“L’Enfant Sauvage”, enigmatico titolo preso in prestito da una delle più note opere del grande cineasta francese François Truffaut, non presenta particolari sconvolgimenti nel sound dei mostri di Bayonne. La base di partenza è sempre costituita da un solidissimo post thrash sul quale si innestano di volta in volta mille e più idee e influenze, così come si conviene ad una band giovane e in continuo fermento, anche a seguito del rilascio di lavori apprezzatissimi come “The Link”, “From Mars To Sirius” e soprattutto “The Way Of All Flesh”. Rimangono, inoltre, punti fissi il vocalismo talora aggressivo e talora mestamente declamatorio di Joe Duplantier, l’attenzione per i temi eco/antropologisti  e l’incredibile varietà ritmica imposta dal fenomenale drumming del fratello Mario, a dettare legge in cabina di regia. Nonostante tutto questo, il “Ragazzo Selvaggio” si differenzia notevolmente dagli album che lo hanno immediatamente preceduto.

Certo, il Gojira-style, così personale e caratterizzante, non viene meno in alcuna delle nuove composizioni e viene, anzi, ulteriormente arricchito da influenze finora inedite o non del tutto sfruttate all’interno della loro già variegata proposta, eppure siamo molto lontani sia dall’affascinante monoliticità di “From Mars To Sirius” (e, tutto sommato, anche dalle derive spazial/lisergiche di brani come “Flying Whales”), sia dalle strutture “anulari” su cui si reggeva buona parte di “The Way Of All Flesh”.

“L’Enfant Sauvage” è innanzitutto un album più “leggero” nelle sonorità e, nel contempo, più oscuro nell’atmosfera, nel quale è immediatamente riscontrabile l’effetto di una produzione di gran pregio, come mai i transalpini avevano potuto permettersi fino ad ora: potente, pulita ma non asettica, perfetta per la musica in esso contenuta. La forma canzone è meno ostica e più dilatata, in grado di restituire una sensazione di continuo fluire, di dinamismo assoluto e inarrestabile, fatto di continue variazioni, di riff similari ma cangianti di istante in istante e di sezioni ritmiche di livello altissimo. Un ulteriore passo in avanti all’interno di un percorso coerente e per ora privo di escursioni off road, seguendo il quale i Gojira, lungi dal fermarsi a bivaccare a bordo strada, sono già giunti piuttosto lontano rispetto a dove li avevamo lasciati quattro anni or sono.

L’opener “Explosia” stupisce sin dal primo ascolto grazie ad una ritmica mitragliante old style thrash metal e ad una chitarra malinconica in grado di dipingere in maniera impareggiabile atmosfere desolate degne di un western postmoderno musicato da un cyborg con le sembianze di Ry Cooder e nel cui petto batte il cuore di Ennio Morricone. La title track estrae, invece, dal cilindro un rifferama che si configura come un evoluzione di quanto ascoltato su vari brani di “From Mars To Sirius”, tuttavia i vertiginosi ricami di chitarra e i nuovi suoni, nitidi e potentissimi, gli conferiscono un sapore completamente differente e davvero originale.

Il flavour industriale e, nel contempo, crepuscolare di “The Axe” è un qualcosa di ancora inedito nel già ardito puzzle sonoro dei transalpini e i mesti cori, retti da enfatici pattern ritmici, altra novità recente di casa Gojira, contribuiscono a creare un atmosfera disperata ed alienante che viene altresì riproposta nella successiva “Liquid Fire”, dominata anch’essa da un riffing a dir poco ossessivo e nella quale rallentamenti di grande effetto si alternano a momenti a tutta forza, con la batteria di Mario Duplantier lanciata in un viaggio apparentemente senza ritorno oltre i confini del cosmo e gli effetti a dare una resa robotica alla voce di Joe.

Il loop di chitarra su cui si regge “The Wild Healer” ha una consistenza fluida, difficile da spiegare a parole e riesce nel compito di rasserenare l’atmosfera complessiva, un po’ come accadeva con “Unicorn” su “From Mars To Sirius”, e di spianare la strada alla ritrovata aggressività di “Planned Obsolescence”, vigoroso pezzo di denuncia nei confronti dell’anti-etica consumismistica del nostro tempo. “Mouth Of Kala”, con le affascinanti architetture sonore non può che lasciare interdetto l’ascoltatore e l’inumano latrato di Joe Duplantier, per l’occasione sfumato con spettacolari riverberi, nonché l’eccellente lavoro ritmico di chitarre e basso in un finale dai toni epici e crepuscolari, fanno il resto per un altra top track de “L’Enfant Sauvage”.

La partenza di “The Gift OF Guilt”, lascia pochi dubbi, il guitar work è da subito stupendamente azzeccato e la maggiore pacatezza (o la furia leggermente più controllata a seconda dei punti di vista) rispetto ad un passato non ancora troppo lontano, non devono trarre in inganno gli ascoltatori a caccia di emozioni forti. I Gojira nel 2012 lavorano forse più “di fino”, tuttavia pochi al mondo hanno la capacità di cesellare in maniera così certosina riff e ritmiche, creando un insieme davvero sopraffino, di grandissima tensione emotiva, fatto di pieni e vuoti, di sciami di note che si infrangono contro l’arzigogolato tappeto ritmico come onde contro gli scogli, per poi ricomporsi in maniera assolutamente fenomenale e originalissima.

In “Pain Is Master” Christian Andreu e Joe Duplantier si dilettano con giri di chitarra dal sapore apocalittico, degni di figurare nella colonna sonora di un qualche masterpiece di fantascienza degli anni ’80, prima di un finale che rimescola le carte in tavola, all’insegna dell’ormai consueto lavoro ritmico e di un vocalismo corale e più che mai “sintetico”. “Born In Winter” si apre con un efficace giro di basso e un cantato sommesso, addirittura sussurato mentre il prosieguo si regge su un guitar work complesso e “avvitato”, tipico di molte delle canzoni di “The Way Of All Flesh ”, e su un atmosfera cupa, come forse mai prima d’ora, quasi a testimoniare che in certi frangenti la rassegnazione ha preso il sopravvento sulla rabbia.  Chiude “The Fall”, un altro pezzo da novanta, in cui l’avantgarde thrash dei transalpini sfuma in maniera decisa verso il progressive metal, un anelito costante lungo tutto l’album che trova effettiva compimento in questo azzeccato finale.

L’edizione speciale contiene due bonus track, “This “Emptiness” e “My Last Creation”, la prima, più che mai cadenzata e brutalmente ragionata, all’insegna di un recupero di alcuni stilemi del thrash old school, la seconda in linea, sia per contenuti che per valore, con il livello medio delle tracce che compongono “L’Enfant Sauvage”.

Come avrete probabilmente intuito, sui Gojira si possono scrivere fiumi di parole, tali e tanti gli spunti, le influenze e le idee contenute in ogni canzone e occorreranno, probabilmente, anni per comprendere realmente il valore di questo lavoro e la sua capacità di creare proseliti e ulteriori ramificazioni all’interno della scena metal mondiale. Ciò che invece risulta preventivabile sin da ora è la scissione che questo album provocherà nell’ormai nutrita schiera di fan del gruppo francese, alla maniera, pronostichiamo, di quanto accadde per “Crack The Skye” dei Mastodon. Per molti la loro opera (finora) più completa, in grado di unire la proverbiale ricercatezza delle loro trame sonore con un sound più pulito e complessivamente più accessibile e decodificabile; per altri una (leggera) svolta su lidi meno frastagliati che, di certo, non mancherà di essere bollata di alto tradimento.

Stefano Burini

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Tracklist

01. Explosia   06:39

02. L’Enfant Sauvage   04:18

03. The Axe   04:35

04. Liquid Fire   04:18

05. The Wild Healer   01:48

06. Planned Obsolescence   04:40

07. Mouth Of Kala   05:51

08. The Gift Of Guilt   05:57

09. Pain Is A Master   05:08

10. Born In Winter   03:51

11. The Fall   05:25

12. This Emptiness (Special Edition Bonus Track)   04:09

13. My Last Creation (Special Edition Bonus Track)   03:59

 

Line Up 

Joe Duplantier:    Voce e chitarra

Christian Andreu:    Chitarra

Jean-Michel Labadie:    Basso

Mario Duplantier:    Batteria

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