Recensione: Leverage

Di Ottavio Pariante - 11 Ottobre 2012 - 0:00
Leverage
Band: Lyriel
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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65

A soli due anni da “Paranoid Circus”, tornano in pista e sulla lunga distanza i tedeschi Lyriel con il loro nuovissimo album intitolato “Leverage “. Da sempre fautori di un folk metal elegante ed introspettivo, con il loro ultimo lavoro i musicisti sembrano aver spostato la loro attenzione verso un più quadrato e comune “symphonic metal da classifica”, saltuariamente impreziosito da rimembranze di quelle sonorità affascinanti e misteriose che precedentemente caratterizzavano il songwriting del combo tedesco. Attiva da quasi un decennio, la band di Gummersbach ha sempre sfornato album di ottima fattura, vediamo se, nonostante qualche cambiamento stilistico in corsa, anche quest’ultimo fa parte di questa categoria.

“Leverage” si presenta più variegato e maturo rispetto ai precedenti dischi e, di conseguenza, meno immediato. Per essere assimilato a pieno necessita più di un ascolto per poterne constatare tutto il potenziale, ma, a scanso di equivoci, grazie a melodie sempre all’altezza, sublimi arrangiamenti e ad una sessione ritmica poderosa, ha tutte le carte in regola per stupire l’ascoltatore e rimanere per lungo tempo nel suo lettore CD.
Nella breve appendice di questa recensione abbiamo parlato di differenze stilistiche, accennandone qualcuna, senza entrare però nei particolari. In sintesi il “nuovo corso dei Lyriel” non prevede il parziale o totale abbandono del folk degli esordi, ma una versione “aggiornata” di quest’ultimo.
Mi spiego meglio: come vedrete nel track by track che tra poco espleteremo, le differenze sostanziali risiedono nell’intenzione della band di spostare il baricentro compositivo verso una ricerca spasmodica di sempre maggiore profondità stilistica, elemento che era da sempre il loro ”tallone d’Achille”. Un obiettivo nobile e quasi sempre raggiunto nel corso delle dieci tracce, più due bonus track, presenti in questo loro ultimo lavoro.

Un album rischioso, vista l’infinità di band che si occupano di queste sonorità.
Un lavoro intimo ed armonioso, che spesso scarta verso lidi più adrenalinici.
Un disco dal carattere sfuggente e struggente, in alcuni casi misterioso ed ipnotico, che punta tutto sull’emotività di ogni sua singola nota.

Proprio per non farsi mancare nulla, la band annuncia il proprio “anno zero” artistico con un vero e proprio “countdown” posto nell’intro iniziale, dove un orologio e la penetrante voce della singer Jessica Thierjung scandiscono i secondi che passano, esaltando l’attesa di un evento che a breve verrà ad allietarci con tutta la sua esplosività. Un’idea geniale ed alquanto sinistra, anticamera della title track seguente che entra in scena in tutto il suo clamore. “Leverage” non ci mette molto a mettere in chiaro le cose e a confermare tutto quello che di buono è stato detto fin’ora in questa recensione. Anche se non si tratta di un capolavoro, il pezzo piace per la sua versatilità e per la sua praticità. Le dinamiche sono esplosive grazie ad un mid tempo inossidabile e preciso. Il lavoro effettuato per renderlo più completo e variegato risulta pregevole e pregno d’interessanti spunti sinfonici, complice anche un refrain molto melodico ed orecchiabile.
Con la seconda traccia, intitolata “Parting”, la band effettua un passo indietro dal punto di vista stilistico ripresentando quasi totalmente quelle che sono le atmosfere e le sonorità tanto care al combo tedesco. Pertanto: folk metal raffinato e vivace che raggiunge il massimo livello esecutivo nel refrain, dove un’ispirata Jessica Thierjung ne esalta tutte le potenzialità. Bello e veramente intrigante, peccato si tratti di un episodio sporadico di puro folk tradizionale in quanto già nella successiva traccia, “Voices in My Head”, ritorna a far capolino il ”symphonic metal da classifica” e dal retrogusto gothic che sembra ormai essere divenuto il marchio di fabbrica dei Lyriel. Melodie al potere, quindi, anche in quest’ennesima traccia. Non dobbiamo sottovalutare, però, il grande lavoro effettuato dalla sessione ritmica, sempre al centro del progetto e intenta a creare un contrasto tra le vari parti che compongono il songwriting trascinando l’ascoltatore in un universo di emozioni sempre nuove e contraddittorie tra loro.
In questo nuovo capitolo discografico della carriera dei Lyriel non può mancare il classico “lento” intitolato “The Road Not Taken”. Un brano dalla struttura semplice e dalla melodia dolce e delicata, cantato in maniera superba dalla singer tedesca, che esalta la componente emotiva del brano. Un momento di magia e di quiete, dopo la tempesta di riff dei pezzi precedenti, che si spegne istantaneamente, senza preavviso, per dare spazio al pezzo successivo.
Siamo giunti, così, a metà del nostro viaggio.
Per coloro i quali ascoltano questo disco in contemporanea con le mie parole, posso solo augurarvi un buon proseguo di ascolto, perché il meglio della produzione Lyriel deve ancora venire. Il potenziale a loro disposizione, infatti, non si è ancora del tutto espresso.
Abbiamo di fronte un gran bell’album insomma, ma non privo di qualche zona d’ombra. Per esempio il prossimo brano che andremo a trattare, ovvero “White Lilly“, che eccede in questa rinomata voglia di novità che la band vuole fortemente per questo nuovo capitolo discografico. La traccia si accende e si spegne subito, perdendosi in una struttura fin troppo abusata: assolutamente uguale alle altre, sia per costruzione che per melodia, un po’ troppo fine a stessa. Un passo falso che sembrerebbe subito cancellato dalla successiva “Aus der Tiefe” che ripropone, a distanza di tre brani, i Lyriel più festaioli e caserecci. Tutta cantata in tedesco e sostenuta dalla furia di violini indiavolati, la simpatica filastrocca piace per dinamismo e profondità. Notevole dal punto di vista dell’intensità, è un continuo crescendo che scatenerà di sicuro l’inferno in sede live.
Punto fermo, e non è una scoperta nelle produzioni dei Lyriel, sono le collaborazioni con grandi ospiti. In questo caso si tratta di Thomas Lindner degli Schandmaul, che duetta amorevolmente con la singer di casa in una dolce e commovente ballad. Mancano solo due brani al termine di questo affascinante viaggio nel nuovo corso artistico della band di Gummersbach: “Side by Side” e “Repentance”. A dir la verità entrambe non aggiungono nulla a quello che fino ad ora è stato ampiamente detto della band. La prima risulta, forse, la più convincente delle due per il pathos e l’emotività filtrate attraverso un groove selvaggio, che rende l’elaborato più appetibile anche in sede live.
Riguardo, invece, alle bonus track, consigliamo ai lettori l’ascolto attento dell’ultima della due presenti, cioè “Star of County Down”. Un esilarante e goliardico episodio di folk metal semplice ed esplosivo, che saprà conquistare l’ascoltatore con la sua genuinità ed immediatezza.

Per concludere possiamo dire senza dubbio che “Leverage” è un bell’album da cui emerge il coraggio di cambiare di una band che ha ancora fame e vuole ancora migliorare, senza la preoccupazione di sbagliare. Una bella scoperta, da ascoltare con attenzione e nessun tipo di pregiudizio.

Line up:
Jessica Thierjung: Vocals
Oliver Claymore: Guitar
Linda Laukamp: Cello
Marcus Fidorra: Drums
Martin Ahmann: Keyboard
Johannes Anand: Violins
Matthias Kircher: Bass

Tracklist:
01 Intro
02 Leverage
03 Parting
04 Voices in My Head
05 The Road Not Taken
06 White Lilly
07 Aus der Tiefe
08 Wenn Die Engel Fallen
09 Side by Side
10 Repentance
11 Everything is Coming Up Roses (bonus track)
12 Star of County Down (bonus track)

Ottavio ”Octicus” Pariante

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